Un film collettivo, strutturato per episodi, con idea di partenza unitaria, girato da Pier Paolo Pasolini, Carlo Lizzani, Marco Bellocchio, Jean-Luc Godard e Bernardo Bertolucci. Amore e rabbia (avrebbe dovuto chiamarsi Vangelo ’70), visto oggi, è un lavoro irrimediabilmente datato, soprattutto i frammenti troppo teatrali e ideologici diretti da Godard e Bertolucci. Tutto proviene da un’idea originale di Piero Badalassi e Puccio Pucci, volta a rileggere il Vangelo in chiave moderna, sulla quale si inseriscono le storie dei singoli registi. Il primo episodio di Lizzani (L’indifferenza), ambientato a New York, mostra per immagini diversi eventi tragici che si svolgono nel disinteresse del prossimo, tra questi una violenza carnale e un incidente con una donna gravemente ferita. Parabola del Buon Samaritano del tutto capovolta, perché il salvatore involontario è persino obbligato dalla polizia, infine si scopre che è un ricercato (Tom Baker). Buon cinema, recitato in inglese, si fa capire con le immagini e realizza il compito prefissato con la consueta bravura di Lizzani nel gestire gli strumenti del genere per dire altro. L’agonia di Bertolucci, interpretato da Julian Beck e dagli attori del Living Theatre, fonde cinema e performance teatrali, è dramma sperimentale allo stato puro sulla parabola del fico sterile, vista al contrario, dove un sacerdote in punto di morte si chiede se abbia fatto davvero tutto il bene possibile. La sequenza del fiore di carta è il terzo episodio, dura circa 10’, girato in un solo giorno, in via Nazionale, a Roma, con Ninetto Davoli nei panni del Riccetto innocente che non si vuole intromettere nei problemi del mondo ma preferisce vivere alla giornata. Il disimpegno è impossibile, sembra dire Pasolini, che inserisce sullo sfondo immagini di violenza, morte, guerra, distruzione, bombardamenti, persino la fine di Che Guevara, alternati alla disincantata superficialità del ragazzo. La voce di Dio – che cambia tono ed è interpretata da Bertolucci, Pasolini, Graziella Chiarcossi e Aldo Puglisi – prova ad attirare l’attenzione del giovanotto, senza successo. La decisione finale è di far morire il Riccetto, che sta attraversando via Nazionale con un gigantesco papavero di carta in mano, fulminandolo, perché non vuole seguire la volontà divina. Ignobile il giudizio di Pino Farinotti: Pasolini mostra il solito Ninetto Davoli, mentre il breve frammento poetico è uno dei punti più alti e riusciti del film, il regista raggiunge lo scopo con leggerezza e profondità, oltre a fare cinema in senso pieno. L’amore di Godard è il frammento più datato, interpretato da Nino Castelnuovo e Christine Guého, cita Brecht a piene mani e rilegge politicamente la parabola del figliol prodigo, ma è troppo calato nella temperie culturale sessantottina per essere attuale, inoltre è un film a progetto, poco cinematografico. Trovata geniale: il regista con la compagna che funge da spettatore e guarda la pellicola mentre si sta svolgendo. Il finale vede morire un amore che non trova punti in comune tra Rivoluzione e borghesia. Frammento recitato in francese dalle voci femminili e non tradotto, usa l’espediente di spiegare da parte dell’attore quel che ha detto la partner. Discutiamo, discutiamo di Marco Bellocchio (attore nei panni del professore contestato) ha il merito del realismo, ci porta nel pieno di un dibattito studentesco tra destra e sinistra, dove le frange estreme rivoluzionarie rifiutano il Partito Comunista Italiano, definito borghese. Grottesco nei toni, teatrale nella messa in scena, riproduce un’assemblea universitaria, con gli slogan del periodo e tutto il fervore politico che caratterizzava il movimento studentesco. Tra l’altro il solo attore professionista è il regista, perché gli studenti interpretano loro stessi, vere matricole dell’Università di Roma. Il film vorrebbe rileggere il Vangelo da un punto di vista laico, se non rivoluzionario, ma soltanto Lizzani e Pasolini colgono nel segno e restano ancora attuali. Da notare che i primi tre episodi costituivano, insieme a Seduto alla sua destra di Valerio Zurlini, il corpus originale di Vangelo ’70. Il corto di Zurlini è stato distribuito come pellicola a sé stante, sostituito da L’amore e Discutiamo, discutiamo. Presentato al Festival di Berlino del 1969, proprio con il titolo di Vangelo ’70.
Titolo inglese: Love and Anger. Titolo in lavorazione: Vangelo 70. Paese di Origine: Italia/Francia, 1969. Durata: 102’, colore. Lingua: italiano, inglese, francese. Genere: drammatico, grottesco. Regia: Carlo Lizzani, Bernardo Bertolucci, Pier Paolo Pasolini, Jean-Luc Godard, Marco Bellocchio. Idea: Piero Badalassi, Puccio Pucci (idea originale). Soggetto e Sceneggiatura: Marco Bellocchio, Pier Paolo Pasolini, Bernardo Bertolucci, Jean-Luc Godard, Carlo Lizzani (adattamento idea). Cae di Produzione: Castoro Film, Anouchka Film. Fotografia: Alain Levent, Sandro Marcori, Guiusepe Ruzzolini, Ugo Piccone. Montaggio: Nino Baragli, Franco Fraticelli, Agnès Guillemot, Roberto Perpignani. Musiche: Giovanni Fusco. Scenografia: Mimmo Scavia. Episodi: L’indifferenza (Tom Backer). L’agonia (Julian Beck, gli attori del Living Theatre, Jim Anderson, Judith Malina, Giulio Cesare Castello, Adriano Aprà, Fernaldo Di Giammatteo, Petra Vogt, Romano Costa, Milena Vukotic) – La sequenza del fiore di carta (Ninetto Davoli, Rochelle Barbini; voce di Dio: Pasolini, Bertolucci, Chiarcossi, Puglisi). L’amore (Nino Castelnuovo, Christine Guého, Catherine Jourdan, Paolo Pozzesi). Discutiamo discutiamo (Marco Bellocchio e un gruppo di studenti dell’Università di Roma).