Gesualdo Bufalino, grande scrittore siciliano, sosteneva che in Sicilia tutto è dispari, mischiato, cangiante, come nel più ibrido dei continenti. Le Sicilie sono tante, varie, diverse: vi è la Sicilia verde del carrubo, quella bianca delle saline, quella gialla dello zolfo, quella bionda del miele, quella purpurea della lava. Vi è la Sicilia “babba”, cioè mite, fino a sembrare stupida; una Sicilia “sperta”, cioè furba, dedita alle più utilitarie pratiche della violenza e della frode. Una Sicilia pigra e una lavoratrice. Tutto, qui, può essere “fiamma e fumo nero”. Tutto permane e tutto diviene. Che Sicilia sarà dopo il Covid tutti ce lo siamo chiesti.
La Sicilia è un’isola. Lo dice la geografia. La Sicilia è un’isola anche dal punto di vista sociale, culturale e antropologico. Una terra sempre considerata povera, arretrata, di vita grama, dove la mafia ha preso il posto dello Stato, anzi essa stessa ha svolto il ruolo di Stato/Antistato. Una Sicilia schiava delle visioni di scrittori e registi che ne “esaltavano” l’arcana sicilianità, fatta di senso dell’onore, omertà, diffidenza nei confronti dello “straniero”, dove lo stesso paesaggio descrive il carattere fondante del siciliano tipo. Una terra dove il gelsomino d’Arabia fiorisce insieme ai fichi d’India, dove le lupare cantano spesso una musica mortale.
Basti pensare a film come “Divorzio all’italiana”, “In nome della legge” e “Sedotta e abbandonata” del piemontese Pietro Germi, al capolavoro di Luchino Visconti “Il gattopardo”, tratto dall’omonimo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, dove la filosofia-principe è quella del “bisogna che tutto cambi, perché tutto resti com’è”. Una sorta di metafisica dell’essere siciliano. Tutto è immutabile, irredimibile, senza possibilità di cambiamento. In questi giorni mi sono chiesto come saranno le siciliane e i siciliani dopo l’emergenza Covid 19.
Dopo la pandemia. Il quadro nazionale non è confortante. L’ultima indagine CAWI-SWG, su un campione di 818 rispondenti, rappresentativo nazionale di maggiorenni, rilevato dal 9 al 12 giugno ci racconta un’Italia trasformata nelle relazioni affettive, con una coppia stabile su 10 che non ha superato la coabitazione forzata. Riprendendo le esperienze già fatte per esempio dai cinesi che il giorno dopo il libera tutti sono andati ad affollare lo sportello delle separazioni. Ma torniamo in Italia. Le narrazioni delle pubblicità del periodo di quarantena o i video sui social ci raccontavano un’Italia mielosa e innamorata.
I risultati della ricerca CAWI-SWG ci presentano un altro BelPaese. Le coppie che hanno dichiarato di aver problemi, magari parzialmente o totalmente risolti, sono il 33{4b17928d5b020eda99092df6404d8c5fed75328874c76bb9411b476d5f081a38} della popolazione, mentre il 43{4b17928d5b020eda99092df6404d8c5fed75328874c76bb9411b476d5f081a38} ha visto traballare un rapporto stabile. Ma se le coppie che abitavano sotto lo stesso tetto hanno avuto i problemi (il 3{4b17928d5b020eda99092df6404d8c5fed75328874c76bb9411b476d5f081a38}) durante il lockdown il distanziamento e quindi la lontananza ha fatto separare un po’ di innamorati che vivevano separati. Il 25{4b17928d5b020eda99092df6404d8c5fed75328874c76bb9411b476d5f081a38} non è sicuro di continuare la relazione, e il 6{4b17928d5b020eda99092df6404d8c5fed75328874c76bb9411b476d5f081a38} invece dichiara non aver superato le difficoltà e ha chiuso. In totale il 31{4b17928d5b020eda99092df6404d8c5fed75328874c76bb9411b476d5f081a38} degli innamorati non conviventi hanno avuto molti problemi per la lontananza, che ormai parafrasando una vecchia canzone, non è più come il “vento” ma come il “virus”. Ma c’è un piccolo dato incoraggiante.
Il 14{4b17928d5b020eda99092df6404d8c5fed75328874c76bb9411b476d5f081a38} del campione intervistato ha giurato di aver iniziato una storia a distanza durante il lockdown. Galeotte le nuove tecnologie. Il 58{4b17928d5b020eda99092df6404d8c5fed75328874c76bb9411b476d5f081a38} con una persona conosciuta di recente, anzi durante la pandemia e il 42{4b17928d5b020eda99092df6404d8c5fed75328874c76bb9411b476d5f081a38} con persone conosciute da tempo. Questo certifica che ormai gli amori nascono e crescono in rete. Videochat, messaggini, smile, sono diventati i nuovi mezzi per conoscere e coltivare relazioni e sentimenti. I social network sono diventati il mezzo più usato. Con nuovi codici e nuovi linguaggi, è vero.
Ma ormai le relazioni in presenza sono davvero relative. E se la prima speranza era quella che saremo migliori dopo Covid 19, al momento il dato certo è che di coppie il virus ne ha messo in difficoltà tantissime. Magari sono venute fuori per la coabitazione vecchi e incresciosi problemi che nella quotidianità, incontrandosi poco e frequentandosi meno, erano finiti in soffitta.
Un grande sociologo, di cui ho letto e studiato tutto, Zygmunt Bauman, ci ha lasciato in eredita questa massima: ‘Il vero problema dell’attuale stato della nostra civiltà è che abbiamo smesso di farci delle domande’. Non possiamo smettere di farci delle domande. Ma dobbiamo anche cercare le risposte, non sempre dagli altri, anche dentro di noi. Forse dobbiamo ripartire da qui dopo la pandemia, in Sicilia e nel mondo, per combattere l’amore liquido. Certo magari non riusciremo ad essere focosi come i personaggi di “Paolo il Caldo” di Vitaliano Brancati, ma nemmeno distanziati…