Un bel sole era sorto anche quella mattina, un sole che riscaldava sin dalle prime ore del giorno.
Era estate e la bella stagione portava i bambini a giocare fuori dalle case di calce e latta.
Erano case bianche con un tetto di eternit che l’occidente aveva ripudiato ma che qui era oro e veniva impiegato per fare i tetti delle case, appunto di latta.
Erano case messe lì a proteggere una terra straniera e pretesa, erano lì a fare da scudo alla furia degli uomini che la pensano diversamente.
Case bianche e bambini fuori con un pallone di stoffa.
Voci e grida risuonavano nella piazza del nulla ed amici si trovavano per una partita di pallone.
Le squadre si formano in fretta, quasi in modo spontaneo.
Si gioca e si suda.
Si gioca, si grida e ci si diverte in modo spavaldo e sfrontato come fanno i bambini.
Nessun colore della pelle divide, nessuna religione divide, nessuna bandiera ed appartenenza divide.
Niente divide il gioco del pallone dei bambini nella piazza.
Si gioca e si grida, si litiga e ci si accapiglia, si fa poi pace attorno ad un pallone polveroso.
Ad un certo momento il cielo si tinse di brace e un boato investì la piazzetta.
Due bambini tra le nuvole guardano la terra.
Il primo guarda in basso e vede una voragine fumante dove prima era la piazzetta.
Jahid dice ad Hassan: “Oggi non si gioca più nella piazzetta. Al posto dello slargo c’è un cratere e uccelli neri che svolazzano”.
Hassan si volta e risponde all’amico: “Vieni che la partita la terminiamo qui, ci sono anche gli altri vedi? Tanto la sotto non c’è pace”
A tutti i bambini del mondo regaliamogli la pace.