Apocalypse domani (1980) è un horror metropolitano ambientato ad Atlanta e girato tra la Georgia e Madrid. Il film è interessante perché è un esempio di contaminazione dei generi: siamo in presenza di un film bellico sulla guerra del Vietnam, che si risolve in una storia a metà strada tra il genere cannibalico e una pellicola di zombi. Al tempo stesso, Margheriti realizza una critica sociale sugli effetti negativi delle guerre, che – come il sonno della ragione – creano mostri. Un esempio di come si possa fare cinema impegnato raccontando una storia di zombi – cannibali. Il titolo ammicca ad Apocalypse Now (1979) di Francis Ford Coppola, ma la storia presenta una ben precisa originalità. Il protagonista è un ottimo John Saxon, che salva due soldati americani catturati dai vietcong, ma non può impedire la loro follia. La guerra e le privazioni li hanno fatti diventare cannibali, provocando una vera e propria mutazione biologica. La parte horror della pellicola è tutta qui: il morbo cannibale si diffonde e colpisce anche il comandante mentre tenta di salvare i suoi uomini. I cannibali sono distrutti a colpi di lanciafiamme, mentre il comandante viene ucciso dalla moglie. Immancabile il doppio finale che sta a significare che il morbo della contaminazione cannibale non si è fermato. Una donna viene divorata dalla nipotina contagiata.
Apocalypse domani è frutto del genio creativo di Dardano Sachetti, lo sceneggiatore più innovativo dei b-movies, sia horror, thriller, che polizieschi, un autore che anticipa generi, crea personaggi e archetipi, l’autore più sfruttato dagli statunitensi, che spesso rifanno con budget stratosferici alcune sue idee realizzate in economia. A tal proposito Sacchetti ci riferisce in esclusiva: “Gli americani mi hanno copiato almeno cinque o sei volte: Venerdì 13, The Running Man (era il film di Fulci sui gladiatori al Colosseo nel 2072), Quarantotto ore (è il plot del trucido e lo sbirro con negro elegante e sboccato al posto del Monnezza romano) Matinée (che copia da Dèmoni) e molti altri. Pensa a quanto mi deve Tarantino, che ha sempre saccheggiato le mie storie e Apocalypse domani è una delle più saccheggiate. La verità è che in Italia si guarda solo al regista – e la maggioranza dei nostri sono abbastanza arroganti – che si adegua a produzioni inadeguate che massacrano i film per lucrare sul budget. Io litigavo con tutti. Ti diranno che ho un pessimo carattere, che erano i registi a salvare i film, perché non capivano: era il Sessantotto, un’epoca nella quale si voleva la fantasia al potere. Ho contaminato i generi per reinventarli, ho preso in parte la tecnica di W. Bourroughs dalla letteratura (ero pazzo della beat generation) del fold in e del cut up e l’ho applicata al cinema usando non solo stilemi diversi, ma mescolando generi, toni, dissacrando tutto… incidendo sulla costruzione cronologica della scaletta degli eventi. Mi sono divertito come un pazzo ma ho sempre litigato con tutti. Pensa che, per assurdo, in fase di ideazione il più conservatore era Dario Argento, mentre Lucio Fulci, dopo le prime risse (preferiva la commedia alla Steno e il giallo alla Agatha Christie) è stato quello che più di tutti ha accettato le mie provocazioni, tanto che, quando non abbiamo più lavorato insieme, negli ultimi anni della sua vita, anche se con un po’ di confusione, ha proseguito sullo sperimentalismo. Cos’altro dire? Per tornare a bomba, gran bel film Apocalypse. Margheriti ne diffidava, non lo capiva ma devo dire che fra tutti i registi che ho incontrato è quello che più di tutti rispettava il copione e lo realizzava nello spirito originale, come fece Fulci per Zombi 2”.