Questo libro affronta temi cruciali, i più cruciali in questo passaggio d’era e, forse, di specie, e lo fa rifiutando le comode scappatoie e contrapposizioni manichee, scandagliando in modo articolato e senza paraocchi la situazione che abbiamo di fronte, indagando le sue cause e le possibili vie d’uscita: complessità, capitalismo, mercato, globalizzazione, virtualità, rete, emergenza climatica… E andando anche a snidare le semplificazioni della parte “progressista”, spesso arroccata su astrazioni che impediscono uno sguardo drammatico, dinamico e libero.
Antonio Moresco
La rete può diventare il campo di battaglia, il non-luogo universale dove nuovi soggetti politici trovano spazio per indurre pratiche di cambiamento?
Un fisico teorico ridisegna una mappa del nostro mondo per identificare nuove pratiche e spazi di libertà. Utilizzando le teorie della complessità e della computazione, suggerisce una rilettura sistemica di mente, cultura, lavoro, comunicazione e tecnologia, mostrando che esiste una via di fuga dai destini algoritmici, possibilità che passa da un riappropriarsi della virtualità come strumento politico di liberazione, unico e forse ultimo modo di evitare l’imminente rotta di collisione tra epistemologia, economia ed ecologia.
L’avvento dell’alta virtualizzazione ha modificato radicalmente tutti gli aspetti della vita umana. Le mappe dei comportamenti collettivi sono disegnate su un territorio ibrido e delocalizzato sul quale si svolgono le vicende del lavoro, della comunicazione, della cultura. Il nuovo panorama è una geografia delle conoscenze e delle identità plurali, un arcipelago sospeso tra materia e virtualità.
Abitiamo in modo strettamente correlato le diverse isole e ci localizziamo nell’una o nell’altra con tempi di transizione brevissimi. Si è passati dall’entusiasmo delle comunità hacker degli anni ‘80 e degli studiosi che hanno modellato il digitale e le reti su un progetto di comunicazione e libertà allo spettro del controllo totale, dove ogni partecipazione è illusoria, ogni resistenza una forma residuale radicata sul territorio materiale della storia passata.
Questa migrazione verso il virtuale sta avvenendo proprio nel momento in cui assistiamo al logoramento e al crollo manifesto della rappresentanza politica e di ogni forma residua di sostenibilità.
E’ possibile invertire il percorso? Il virtuale è davvero una fuga verso un destino algoritmico da grande fratello o può essere altro? E’ possibile definire una mappa che ci restituisca la complessità di una intelligenza collettiva in grado di far emergere nuovi soggetti politici e spazi di enunciazione comune?
Gli strumenti della complessità vengono usati come metodo per offrire una visione sistemica dei fatti culturali e politici, ma l’immaginario del testo è nutrito di riferimenti letterari e cinematografici, proponendo prospettive diverse su autori come Primo Levi ( testimone e profeta) ,Michel Houllebecq (qui letto come ontologia dell’economia), Bruno de Finetti (l’importanza della scommessa sulla probabilità), Federico Caffè (la radicalità del riformismo), Daniele del Giudice ( “le cose che chiedono intelligenza”, Agnes Heller (oltre il feticismo dei “dati”).
Ignazio Licata è fisico teorico ed epistemologo, attivo su fondamenti della fisica quantistica, cosmologia e teorie della complessità. Si occupa dei rapporti tra scienza e società, in particolare dei rischi della proiezione mediatica. Tra i suoi libri: La logica aperta della mente (Codice,2008), I gatti di Wiener. Riflessioni sistemiche sulla complessità (Bonanno editore, 2015), Piccole variazioni sulla scienza (Dedalo, 2016), Complessità. Un’introduzione semplice (Di Renzo Editore, 2018), La resistenza del mondo. Connessioni (in)attese tra scienza e arte (Divergenze, 2022). Per la sua attività di seeding culturale ha ricevuto nel 2008 il Premio Veneri per la Scienza (Parabita).