Mario Costa (Roma, 1904 – 1995), regista dal 1945 al 1970, fin dagli anni Venti lavora nel cinema al montaggio e come sceneggiatore, oltre a fare il documentarista e il doppiatore. Si ricorda per film operistici, commedie musicali e melodrammi, in alcuni casi anche per il neorealismo rosa, ben rappresentato da Arrivano i dollari!, esempio di comicità pura, senza implicazioni politiche, sorretta dall’estro di attori interessanti, caratterizzato dal tono farsesco e scanzonato. Alberto Sordi, già passato sotto le mani di Fellini con Lo sceicco bianco e I vitelloni, rientra nel gioco della comicità pura con una commedia convenzionale, vero e proprio cinema tranquillizzante, anche se la sua caratterizzazione di un giovane megalomane ad alcuni critici piace più di certe interpretazioni impostate e controllate (Il seduttore). Certo, nel film di Costa, il noto attore romano porta una ventata di originalità, di spontaneità farsesca, lasciando libertà piena a un personaggio fannullone e millantatore, che si spaccia per conte, vuol vivere di rendita, senza impegnarsi, soprattutto senza lavorare. La pellicola racconta la lotta personale di Sordi contro quattro fratelli – ognuno non immune da difetti – per aggiudicarsi una cospicua eredità lasciata da uno zio sudafricano, non è scevra da manierismi, ma diverte e conduce con ritmo verso il colpo di scena finale. La trama vede l’arrivo in paese della vedova dello zio Arduino che deve consegnare centocinquanta milioni di dollari ai cinque fratelli, se questi daranno prova di essersi ravveduti dai loro difetti. Per far questo la zia Caterina (Miranda) si fa passare per la notaia Hélène (Giannuzzi) e indaga sul modo di vivere dei componenti della famiglia Pasti. Alberto Sordi è il presunto conte Alfonso, con Turi Pandolfini nelle vesti di un ottimo maggiordomo; Nino Taranto è l’avarissimo Giuseppe, che tratta i contadini del suo podere come se fossero schiavi e non è disposto a donare niente al prossimo; Riccardo Billi è il gelosissimo Michelino, che non fa mai uscire di casa la moglie e sospetta di ogni suo colloquio con un membro del genere maschile; Mario Riva è Cesaretto, scansafatiche per natura e non portato a prendere alcun tipo di impegno, molto amico della moglie di Michelino; Sergio Raimondi è Piero, il dongiovanni di casa Pasti, che corre dietro a ogni gonnella. I difetti dei fratelli non cambiano di una virgola, ma la zia ci passa sopra, anzi finisce per innamorarsi e decide di sposare il peggiore, il presunto conte Alfonso, anche se tutto fa pensare che il patologico millantatore cambierà carattere e abitudini.
Mario Costa utilizza la voce fuori campo per entrare in tema e presentare la famiglia Pasti, poi lascia piena libertà agli attori – molto bravi – di esprimere le loro caratteristiche comiche, all’interno di un soggetto di Pazziloro ben sceneggiato da Maccari e Grimaldi. Fotografia in bianco e nero luminosa e chiara, montaggio rapido, colonna sonora a base di ritmi alla moda, specie nella sala da ballo, dove si danza a tempo di tango e cha cha cha. Un film invecchiato benissimo.
Regia: Mario Costa. Soggetto: Fulvio Pazziloro. Sceneggiatura: Ruggero Maccari, Giovanni Grimaldi, Gigliola Falluto, Giuseppe Mangione. Fotografia: Tino Santoni. Montaggio: Mario Serandrei. Musiche: Carlo Innocenzi. Scenografia: Peppino Piccolo. Costumi: Vera Cozzolino. Produttore: Felice Zappulla. Casa di Produzione: Fortunia Film. Distribuzione (Italia): RKO. Durata: 82’. Dati tecnici: B/N. Genere: Commedia. Interpreti: Alberto Sordi (conte Alfonso Pasti), Nino Taranto (Giuseppe Pasti), Isa Miranza (zia Caterina), Riccardo Billi (Michelino Pasti), Mario Riva (Cesaretto Pasti), Sergio Raimondi (Piero Pasti), Rita Giannuzzi (notaio Hélène), Turi Pandolfini (maggiordomo di Alfonso), Rosita Pisano (Rosina, la governante), Natale Cirino (Vincenzo), Piera Arico (Lola), Diana Dei (Clara Pasti), Ignazio Balsamo (Ernesto), Renato Montalbano (amico di Ernesto), Loris Bazzocchi (tecnico della televisione), Liuba Rosa (suora).