“Assist rovesciate e autogol – La letteratura presa a calci”, un buon libro di Andrea Temporelli

Articolo di Gordiano Lupi

Andrea Temporelli con azzeccata terminologia calcistica ci introduce a quel che è diventata la letteratura italiana contemporanea, di fatto inesistente, confinata nei meandri delle pubblicazioni che soltanto una nicchia di lettori conosce. Leggo le sue pagine come se fossero state scritte da un fantasma di me stesso, da una sorta di fratello spirituale, anche Temporelli mandava avanti una rivista letteraria cartacea (Atelier) nella speranza di unire una comunità di scrittori e di lettori, stessa ambizione del mio Foglio Letterario, ormai rivista digitale. Non solo, le cose che dice in questo testo colto e forbito, dal metaforico titolo calcistico, mi sembrano una logica continuazione – più seria e documentata, meno sarcastica e scanzonata – di tre miei vecchi libri degli anni Duemila che in pochi avrete letto (Quasi quasi faccio anch’io un corso di scrittura, Nemici miei, Velina o calciatore altro che scrittore!). La raccolta di saggi organizzata da Temporelli per Fara, edita in un originale formato verticale, dice cose molto simili e condivisibili in tema di massificazione letteraria e di uniformità stilistica, frutto di inutili scuole di scrittura che servono a insegnare a scrivere come vuole il mercato. Le case editrice sono in mano ai manager, le scelte editoriali non le fanno autori del calibro di Calvino e Pavese, quando va bene le fa Chiara Valerio (con tutto il rispetto), di solito le compiono gli amministratori delegati e i funzionari. Lo scrittore deve sfornare un romanzo all’anno, la qualità non importa, tanto sarà dedicato al pubblico che si è conquistato grazie a furbette presentazioni e critici compiacenti, facendosi notare per modi garbati e classe affabulatoria. Quel che lo scrittore degli anni Duemila scrive è la cosa meno importante, proprio non ci interessa, s’inventi pure una sorta di noir o un giallo di provincia risolto da un commissario panzone che mangia pasta con i broccoli. Gli scrittori veri ci sono ancora – dice Temporelli – solo che vivono in una nicchia, pubblicano in tirature limitate e con editori sconosciuti, vivono ai margini, mentre gli scrittori di successo pubblicano una quantità indescrivibile di monnezza, libri inutili e senza nerbo, pubblicizzati da velinari compiacenti. Perfettamente compiuto il paradosso consumistico di Marx, previsto in tempi non sospetti da Pasolini, anche la letteratura è diventata merce, gestita dagli amministratori delegati e dagli economisti, che non hanno mai letto un libro ma decidono cosa si deve pubblicare, perché sanno quali prodotti incontreranno il favore del pubblico, di solito roba facile e senza qualità letterarie, quella che comprendono pure loro, incolti economisti. Siamo nella società della globalizzazione, della tecnologia, della confusione post moderna, di internet, epoca non adatta alla nascita di capolavori. Temporelli ci fa riflettere una volta di più sui motivi per cui si scrive e dedica una parte del suo lavoro anche al per chi si scrive, approfondendo il divario tra quello che Mondazzoli pubblica e la vera letteratura. Pure io, come lui, mi sono ritirato nella mia provincia, fuori da ogni corrente e da ogni conventicola, solo, con il mio Foglio Lettterario che compie 25 anni portati con fatica, tra acciacchi e dolori, ché per una rivista – casa editrice sono tanti, persino troppi. Mi occupo dei miei piccoli tentativi letterari fuori dalle mode, della vita quotidiana e della storia della mia terra, solo questo mi resta, oltre alla totale indifferenza (se non disprezzo) che provo per gli autori promossi dalla grande industria editoriale. Di tanto in tanto m’incazzo perché questi tentativi di scrittori involuti vengono a occuparsi della mia terra e vorrebbero insegnarmi cose che loro non hanno mai capito. Non resta che leggere scrittori veri. E si trovano ancora, in fondo, basta cercarli, come dice bene Andrea Temporelli.

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