Quando nel 1982 Massaccesi si cimenta con la prima pellicola di Ator ancora non aveva sperimentato il genere fantasy. Ma era il tempo in cui Conan il barbaro riempiva le sale e il nostro grande artigiano doveva tentare questa nuova esperienza.
Ator l’invincibile (1982) è firmato con lo pseudonimo di David Hills che comprende la collaborazione del giovane Michele Soavi (regista che Massaccesi produttore lancerà con Deliria, nel 1987). La sceneggiatura è di un inesistente Sherry Russel che nasconde: Aristide Massaccesi, Michele Soavi, José Maria Sanchez e Marco Modugno. Logicamente Massaccesi cura anche la fotografia, ma nei titoli risulta accreditato un certo Frederick Slonisco. Musiche di Carlo Maria Cordio (Simona Perone canta la canzone Runa), montaggio di David Framer, scenografie di John Gregory. Produttore Patrick Murphy per Metaxa/Filmirage. Distribuzione IIF e DLF. I falsi nomi anglofoni servivano per attirare il pubblico più sprovveduto che era convinto di andare a vedere un kolossal americano alla Conan. Interpreti: Miles O’Keefe (Ator), Sabrina Siani (Runa), Ritza Brown (Sanda), Edmond Purdom (Griba), Laura Gemser (Idom), Sandra Vazzoler, Nat Williams, Olivia Goods, Jean Lopez, Warren Hillman, Brooke Hart, Ron Carter e Small Bear.
Il film è scritto da Soavi e Modugno e prende a prestito un sacco di cose da Conan, sia il film di John Milius, sia il fumetto di Barry Smith pubblicato dalla Marvel. Massaccesi si è limitato a rivedere la sceneggiatura, fotografarlo e girarlo.
La trama è identica mille altre pellicole fantasy che vivono soprattutto su suggestioni magico – evocative. Il film è ambientato in un Medioevo preistorico soprannaturale. In un villaggio nasce Ator (figlio di Thor e di una donna, quindi un semidio) che ha il destino segnato: annienterà il Regno dell’Antico e la crudele stirpe del Ragno. Da piccolo i cavalieri neri tenteranno di ucciderlo per conto del Grande Sacerdote ma falliranno nell’impresa. Sarà il saggio Griba (Edmond Purdom) a salvarlo. Molti anni dopo i cavalieri neri compiono un massacro al villaggio di Ator e rapiscono Sanda (Ritza Brown), sua promessa sposa. Ator viene addestrato da Griba che lo fa diventare un essere fortissimo e un guerriero invincibile. A questo punto Ator, l’amazzone Runa (Sabrina Siani) e Griba partono verso il Regno dell’Antico alla ricerca di Sanda, in una sorta di viaggio iniziatico che li conduce in dimensioni incredibili e fuori dalla realtà. La ricerca di Sanda sarà lunga e faticosa e sul loro percorso i nostri eroi troveranno di tutto a ostacolare il cammino. Tra i pericoli più terribili: zombi, ombre malefiche, guerrieri ciechi, un ragno gigante simbolo del male e una strega incantatrice (Laura Gemser). Nel combattimento finale contro i cavalieri neri del Tempio soccombono Runa e Griba, però Ator distrugge il Grande Sacerdote per mezzo di uno scudo magico. Infine libera Sanda e uccide il terribile Ragno al quale la donna doveva essere sacrificata.
La critica del tempo stroncò il film definendolo “una bassa imitazione di Conan mal recitata da attori inespressivi e con una sceneggiatura molto elementare”. (Si veda Michael Zagrow).
Noi non la pensiamo così. Il successo di Conan il barbaro di John Milius (1981) e dei successivi film sulle avventure del barbaro più famoso del cinema e del fumetto produsse decine di prodotti di imitazione e di pseudo-fantasy. In mezzo a questa folla di imitatori Ator non sfigura e si ritaglia un suo ruolo. Massaccesi si documenta bene ispirandosi più al fumetto che al film di Milius, fa scrivere una buona storia a buoni sceneggiatori e gira una pellicola dignitosa che ancora oggi si guarda con piacere. Per fare un esempio di prodotto scadente basta vedere Gunan, il guerriero di Franco Prosperi (1982), un film debole privo di ogni elemento visionario e orrorifico. Ma ce ne sarebbero altri: Sangraal, la spada di fuoco di Michele Massimo Tarantini (1982), Il trono di fuoco di Franco Prosperi (1983), Thor il conquistatore di Tonino Ricci (1982). Una loro dignità si ritagliano Conquest (1983), un bel fantasy di Lucio Fulci e le tre pellicole del ciclo di Ercole (Hercules, Le avventure dell’incredibile Ercole e I sette magnifici gladiatori) girate dal 1983 al 1985 da Luigi Cozzi e Bruno Mattei (I sette magnifici gladiatori è di Mattei, conferma Cozzi, anche se qualche scena è girata da lui).
Ma torniamo ad Ator. Anche la scelta dell’attore fu positiva. Miles O’ Keefe aveva già fatto Tarzan con Bo Derek (1981), dove si limitava a fare qualche urlo e a mettere in mostra una muscolatura invidiabile. Era un cane, lo diceva pure Massaccesi, però aveva il fisico giusto. Il film venne girato a Manziana, vicino Roma, in tre settimane (per Massaccesi erano tempi lunghi…), anche per far quadrare un budget ridotto. Il film ha un buon ritmo e le varie avventure fantastiche contaminano i generi preferiti dal regista. In Ator troviamo avventura, orrore (i morti viventi, il Ragno gigantesco, le ombre, i guerrieri ciechi…) ed erotismo. Proprio come piaceva a Massaccesi.
Il film in ogni caso ha avuto due sequel.
La vendetta di Ator (1982) è il primo. Molte filmografie titolano Ator 2, l’invincibile Orion, creando un po’ di confusione tra il primo e il secondo capitolo della saga. Tanto più che nel mercato Home Video è reperibile solo Ator 2 e non il primo film, uscito soltanto nelle sale (circola tra i collezionisti una versione in lingua inglese). Nella pellicola c’è una sorta di prologo ambientato nella preistoria e anche qui troviamo contaminazioni tipiche da film horror. C’è anche una specie di rapido riassunto del primo Ator per facilitare chi avesse perso quella pellicola. La storia si sviluppa attorno al malvagio Zoltan che ha occupato il castello del saggio mago Akronos e tiene prigioniero l’uomo che ha insegnato la sapienza ad Ator. Akronos possiede il nucleo geometrico, una pietra che dà il potere. “È tutto ciò che esiste. Tutto o niente. La morte e la vita. Dipende dall’uso che l’uomo ne potrà fare …” dice Akronos. Zoltan vuole la pietra fondamentale, ma rispetta Akronos come un vecchio saggio e non gli farebbe mai del male. Dopo la sua occupazione del castello soltanto Mina, la figlia di Akronos, riesce a scappare e a raggiungere Ator. Ator vive con Tong, un servo cinese di poche parole ma abile nel combattimento. Quando i due si imbattono in Mina e la curano da una ferita di freccia, le chiedono di provare che è la figlia del saggio Akronos. Basta il suo coraggio per dimostrarlo. A questo punto i tre si uniscono e cercano di tornare al castello per salvare il padre di Mina. Durante il tragitto incontrano: uomini invisibili, primitivi dediti al cannibalismo e un gigantesco serpente che è una divinità sanguinaria davvero orrorifica. Devono evitare incantesimi e tradimenti (un villaggio vende Ator ai servi del dio serpente), lottare in combattimenti cruenti e difendersi da tribù dedite a sacrifici umani. Lo scontro finale vede Ator sconfiggere il malvagio Zoltan e ucciderlo, salvare Akronos e recuperare il prezioso nucleo geometrico, fonte di sapienza e potere ma anche arma micidiale di distruzione. Quando Ator abbandona il castello si vede all’orizzonte un’esplosione a forma di fungo atomico.
“E Ator fece esplodere il nucleo geometrico perché gli uomini in futuro non lo utilizzassero” dice la voce fuori campo. Qui c’è una chiara accusa contro la guerra e gli esperimenti nucleari che di questi tempi non può che far pensare. Ator cavalca in compagnia del fido Tong per la prateria e il film termina con questo messaggio pacifista e di speranza.
Il film è stato ideato durante la lavorazione del primo Ator e inizialmente voleva essere una cosa diversa da quel che è diventato. Si spiegano così le scene tra i cavernicoli di tutta la prima parte, che si ispirano a La guerra del fuoco di Jean Jacques Annaud (1981). Infatti l’idea di Massaccesi era quella di girare un Adamo ed Eva ambientato all’età della pietra con Miles O’Keefe nel ruolo di Adamo e Lisa Foster in quello di Eva. Non se ne fece di niente per problemi di produzione e quando partì l’idea del sequel di Ator non si potevano certo sprecare le scene già girate. Uno dei motivi principali per cui Ator 2 risulta farraginoso nella storia e con pochi effetti è proprio questo. Il regista voleva fare un altro film che ha modificato e adattato alle esigenze di una pellicola del tutto diversa.
Nonostante tutto in Ator 2 ci sono alcune ottime scene di taglio horror, come il sacrificio al Dio Serpente nella caverna disseminata di teschi umani, oppure la lotta contro l’uomo invisibile. Non dimentichiamo neppure gli ottimi effetti speciali nella ricostruzione del gigantesco serpente che è abbastanza realistico. Pure la commistione con il genere cannibalico è azzeccata e sono credibili i selvaggi che azzannano il cuore del nemico ucciso. Però ci sono anche parti lente e monotone, quasi interminabili, come il tradimento del villaggio e la cattura di Ator. Lunga e inutile è anche la sequenza di Ator sul deltaplano che attacca il castello di Acron, assistiamo a una panoramica abbastanza noiosa che fa perdere al film ritmo e tensione. Comica è pure la scena delle rudimentali bombe a mano lanciate sugli uomini di Zoltan. Va bene che è un fantasy e che tutto (o quasi) è ammesso: ma come esplodono le bombe? La recitazione è un’altra pecca di non poco conto. Gli attori sono rigidi e impostati, soprattutto Miles O’ Keefe è di un’inespressività unica. Soltanto bello, purtroppo. In ogni caso anche questa seconda pellicola di Ator è ricca di contaminazioni, come nello stile di Massaccesi. Qui non c’è soltanto horror mescolato a fantasy e fantastico, ma pure una spruzzatina di preistorico e di avventuroso. Questa la scheda tecnica deLa vendetta di Ator.
Soggetto e sceneggiatura Sherry Russell (José Maria Sanchez, in realtà), fotografia Aristide Massaccesi (nascosto sotto il nome di Slonisko), musica Carlo Rustichelli. Massaccesi firma David Hills e per la produzione inventa un certo John Newman (Filmirage). Interpreti: Miles O’Keefe, Lisa Foster (Raines è il vero cognome della bella attrice canadese), Charles Borromel, Chen Wong, David Cain Haughton e Salvatore Baccaro.
Ator III – The Hobgoblin(1989), noto anche come Quest forthe Mighty Sword oppure The Lord of Akili è il secondo sequel e risulta addirittura inedito in Italia. In alcune filmografie viene citato pure come Troll III, forse per via della presenza degli gnomi rugosi già protagonisti del fantasy americano Troll di John Buechler (1986). Se ne può reperire tra i collezionisti (con difficoltà) una copia in lingua inglese.
La scheda tecnica. Soggetto, sceneggiatura e fotografia Aristide Massaccesi, montaggio Kathleen Stratton (Rosanna Landi) musica Carlo Maria Cordio, effetti speciali Maurizio Traini. Interpreti: Eric Allen Kramer, Margaret Lenzey, Donald O’Brien, Laura Gemser, Marisa Mell e Chris Murphy.
La trama si racconta in poche righe. Ator all’età di diciotto anni si libera della schiavitù di uno gnomo che l’ha allevato e parte alla riconquista del suo regno. Ator stringe in pugno la spada del Santo Graal ed è un semidio figlio del re di Akili, ucciso dal malvagio dio Thorn. Questo film non è per niente collegato ai precedenti e la storia si sviluppa in modo del tutto autonomo. Si tratta di un sequel tardivo (sette anni dopo) girato da Massaccesi per un motivo del tutto occasionale. Infatti vennero recuperati negli studi romani De Laurentiis alcuni oggetti scenici appartenuti a Charles Band, che aveva prodotto film fantastici in quei teatri di posa. Massaccesi ebbe l’idea di utilizzare le maschere dei pupazzi che somigliavano a gnomi (i troll) per non perdere tutto quel materiale. In questo film Massaccesi rimpiazza il biondo e statuario Miles O’Keefe e con Eric Allen Kramer, un altro palestrato americano dai bicipiti possenti. La parte femminile va a Margareth Lanzay, un’attrice statunitense poco nota che aveva un costo irrisorio. Due attori scadenti, in ogni caso, dei quali non si è più sentito parlare. Da segnalare la recitazione delle due streghe: Marisa Mell (la buona) e Laura Gemser (la cattiva). Donald O’Brien è bravo e la parte del re cattivo gli calza a pennello. Infine c’è Domenico Semeraro che veste i panni del troll e si trasforma, a seconda dei casi, nel dio malefico Thorn e nel nano Grindel.
Il personaggio di Ator venne sfruttato anche da Alfonso Brescia che nel 1987 girò Iron Warrior con Miles O’Keefe. Molti dicono che il film in realtà lo girò Ovidio Assonitis (Nocturno, ma lo conferma lo stesso Assonitis) e nasce come terzo capitolo della saga di Ator. Il tutto ben nascosto da nomi fasulli e da camuffamenti vari per non incorrere in problemi di copyright.
Su Miles O’Keefe, culturista americano più che attore, Massaccesi in un’intervista rilasciata a Nocturno sostiene che era un vero cane, dotato soltanto di un bel fisico atletico, ma assolutamente incapace di recitare. Poco disinvolto, poco comunicativo, imbranato nelle scene d’azione (lo aiutava il maestro d’armi Franco Ukmar). Era impacciato e camminava come un paralitico. Confermiamo il giudizio negativo. Lasciamo da parte la critica altae analizziamo le pellicole di Ator con l’occhio dello spettatore, quello che Massaccesi prediligeva. Anche qui siamo in presenza di tre film d’imitazione, quasi omaggi alla bravura di John Milius e a quel personaggio così ben caratterizzato che usciva fuori da Conan il barbaro. È soltanto il Conan di Milius il punto di riferimento di Massaccesi, non certo le numerose imitazioni successive. Da notare, come elemento di originalità, l’inserimento nel contesto di una storia fantasy di molti elementi orrorifici. La contaminazione dei generi alla Massaccesi colpisce anche qui. E allora assistiamo a un susseguirsi di visioni spaventose a base di zombi, maghe, negromanti e streghe. Il regista contamina il fantasy con eccessi fantastici, magici e horror. Come al solito il film che ne viene fuori è un ibrido interessante di difficile classificazione. I debiti di ispirazione ci sono e Massaccesi li paga tutti. Il gran sacerdote pare una copia del Tulsa Doom di Conan, così come la lotta contro la sanguinaria divinità e le prove da superare per distruggere l’essenza del male sono cose già viste nella pellicola di Milius. Per finire diciamo che i tre film di Ator sono fantasy per adulti, anche se si prestano a essere visti pure da un pubblico di bambini. Il primo è il migliore ed ha componenti orrorifiche tali da farlo inserire nella produzione rivolta a un pubblico maggiorenne. Il secondo e il terzo film sono più leggeri e sembrano pensati per i piccoli spettatori. Il giudizio globale in ogni caso resta positivo.