Non c’è casa automobilistica che non abbia in catalogo versioni ibride o elettriche dei modelli principali. Anche case automobilistiche da sempre riluttanti, come la rossa Ferrari e la grigia Porsche (sulla carta, meno interessate all’ambiente visti i consumi delle auto che producono), non hanno potuto fare a meno di assumere un aspetto “verde”. Alcune, come Tesla, ne hanno fatto addirittura uno stile di vita. Tutto sempre presentato come una decisione “green”, per ridurre le emissioni e salvaguardare il pianeta.
Ma davvero le auto elettriche (e ancora di più quelle ibride) sono “green”? Sono anni che questo dubbio circola nei centri di ricerca. Perfino il CNR, qualche tempo fa, pubblicò uno studio nel quale sottolineava che, a conti fatti, tra produzione dell’energia elettrica da fonti fossili e produzione e smaltimento delle batterie, le auto elettriche potevano avere un impatto sull’ambiente addirittura superiore di molti modelli diesel.
Nelle scorse settimane, a mostrare qualche dubbio, è stato anche lo stesso amministratore delegato della più grande casa automobilistica del mondo, la Toyota. Nel corso della riunione annuale delle case automobilistiche, Akio Toyoda ha lanciato un attacco a tutto campo contro le auto elettriche e ha criticato aspramente la corsa in atto, affermando che chi sostiene l’elettrificazione di massa del traffico stradale non ha considerato il carbonio emesso dalla generazione di elettricità né i reali costi (e l’impatto non solo economico) di un passaggio totale ai mezzi cosiddetti “green”. “Una rivoluzione da centinaia di miliardi di Euro che lascerebbe il Giappone senza elettricità” ha detto il boss della Toyota, facendo l’esempio del proprio paese. A conti fatti, secondo Toyoda, le infrastrutture necessarie per supportare una mobilità composta solo da veicoli elettrici costerebbero al Giappone tra i 14 e i 37 trilioni di Yen, tra i 110 miliardi e i 290 miliardi di Euro.
i veicoli elettrici a batteria sono più inquinanti dei veicoli a benzina anche a causa della produzione di elettricità, ancora fortemente legata ai combustibili fossili, che produce emissioni nocive. La corsa sfrenata verso l’elettrico che potrebbe effetti controproducenti: “Più veicoli elettrici produciamo, più salgono le emissioni di anidride carbonica” ha detto Toyoda spiegando che considerando la produzione delle batterie le emissioni totali di CO2 di un’auto elettrica sono quasi il doppio rispetto a quelle generate per la fabbricazione di un’auto termica o ibrida.
Duro anche il giudizio sulle scelte dei politici (anche la Commissione Europa ha varato un piano per mettere al bando le auto non elettriche entro pochi anni): “Quando i politici sono là fuori a dire: ‘Liberiamoci di tutte le auto che usano benzina’, capiscono tutto ciò?” ha proseguito nella conferenza stampa tenuta come presidente della Japan Automobile Manufacturers Association. L’impatto che normative sulle emissioni sempre più stringenti, inoltre, potrebbero avere sui consumatori un effetto che Toyoda ha definito in modo poeticamente nipponico: secondo lui, i regolamenti potrebbero rendere le auto un “fiore in cima a una vetta”, ossia ben al di fuori dalla portata del ceto medio.
La questione riguardante la scelta se limitare o meno l’uso alle auto elettriche non è affatto semplice. Da un lato, potrebbe stravolgere gli attuali equilibri a livello mondiale tra i produttori: la supremazia della Toyota (e in generale delle case giapponesi) ai vertici tra i produttori potrebbe venire meno: proprio lo scorso anno (un caso?) Toyota è stata superata al vertice delle maggiori aziende automobilistiche produttrici di veicoli elettrici dalla Tesla che ha avuto una crescita straordinaria e, per certi versi, inspiegabile e ha festeggiato quota un milione di auto prodotte. A sorprendere il fatto che, del milione di auto prodotte, oltre 650mila sarebbero state prodotte lo scorso anno, in piena pandemia!
Ma non è questo l’unico aspetto interessante della vicenda. Altri “attori” potrebbero ricoprire un ruolo importante. Per il funzionamento delle auto elettriche e ibride servono batterie al litio. Ebbene, anche se questo metallo viene estratto principalmente in Congo, Cina, Sud America e Australia, le aziende maggiori produttrici di batterie quotate in borsa sarebbero tutte cinesi. Si tratta di un settore anche questo in crescita: i ricavi globali previsti da questo settore per il 2025 dovrebbero superare i 70 miliardi di dollari e dovrebbero raggiungere gli 87,54 miliardi di dollari nel 2027 con un CAGR del 13%. Numeri importanti che farebbero della Cina, per la prima volta, un attore importante nel settore automobilistico. Sia che si decida di scegliere per l’alimentazione tradizionale sia che vengano preferite le auto elettriche.
Anche l’aspetto sostenibilità non è secondario. Attualmente, nel mondo, vengono estratte circa 400mila tonnellate di litio all’anno. Una quantità sufficiente ad alimentare da 2 a 3 milioni di veicoli elettrici (anche se al momento solo un terzo di quel numero va ai veicoli elettrici). Una produzione insufficiente a soddisfare la domanda nel prossimo futuro (le stime parlano di una crescita fino a dieci volte per raggiungere l’obiettivo di Tesla e dei fautori di auto elettriche).
Tanti troppi dubbi per un bisogno – quello di mobilità urbana e extra urbana – per il quale nessuno, finora, è riuscito a trovare una soluzione sostenibile e duratura in grado di soddisfare le esigenze della popolazione dei paesi sviluppati e al tempo stesso di non incidere eccessivamente sull’ambiente. Specie considerando che, con la pandemia (e il conseguente aumento dei trasporti di merci e beni di ogni tipo), sono aumentati i trasporti su gomma. Una crescita che ha messo industrie e governi di fronte a scelte importanti. Ed entrambi si sono rivelati, finora, impreparati.