“Banel e Adama”, un film che cerca di sviscerare il ruolo della donna in una società tribale di stampo musulmano

Articolo di Gordiano Lupi

Non ci poteva essere esordio migliore per Ramata-Toulaye Sy. Banel e Adama racconta una storia d’amore tra due ragazzi che vivono in un villaggio del Nord Senegal bruciato dal sole e funestato dalla siccità. Un amore ostacolato e poco compreso in un villaggio musulmano nel quale Adama dovrebbe diventare capo (ma rifiuta) e dove Banel compie un gesto inconsulto per avere il suo uomo. Il progetto della coppia sarebbe quello di abbandonare il villaggio e andare a vivere in una casa sepolta dalla sabbia (dopo averla scavata), un luogo considerato maledetto. La superstizione fa il resto, le voci maligne accusano il loro amore di essere responsabile della morte del bestiame e della mancanza di cibo. Un film girato completamente in Senegal tra maggio e giugno 2022, recitato in francese e pulaar (la lingua dei villaggi senegalesi), prodotto da Francia, Senegal e Mali. Due soli attori protagonisti – Mamadou Diallo nei panni di Adama e Khady Mane che interpreta Banel -, molte comparse prese in loco, in ogni caso nessun professionista. La fotografia africana è perfetta, curata da Amine Berrada, ritrae scorci paesaggistici stupendi, tempeste di sabbia e terreni arsi dal sole. Il montaggio di Vincent Tricon segue i tempi compassati del cinema d’autore ma non si lascia andare a meri esercizi di stile e condensa la storia in 87’ minuti, necessari per le cose da dire. La sceneggiatura – curata dalla stessa regista – non ha pecche, presenta due caratteri opposti, ognuno con la propria visione della vita, ma un solo scopo: portare a compimento la storia d’amore. Regia solida, nonostante sia un’opera prima, ottima la direzione degli attori, originali le riprese che dimostrano grande professionalità e un buon uso della macchina da presa, passando da intense soggettive a poetici piani sequenza. Le musiche di Bachar Kalife non sono mai invasive, anzi vengono relegate a un ruolo di contorno, accompagnano lo sviluppo della storia con delicatezza. Banel e Adama si può definire un film drammatico – sentimentale, ma cerca di sviscerare il ruolo della donna in una società tribale di stampo musulmano, affronta la voglia di ribellione al femminile, il desiderio di affermare una personalità capace di superare la tradizione. Il personaggio positivo del racconto resta Adama, riflessivo e concreto, si prende le sue responsabilità anche a costo di andare contro la volontà della sua donna. Un buon film, che abbiamo visto grazie al ciclo Proiezioni d’Autore del Cinema Metropolitan di Piombino, che la città sembra non meritare perché in due giorni proiezione non raggiunge i cinquanta spettatori. Si resta allibiti quando pensiamo che Follonica (non Bologna o Roma!) registra 200 persone nella saletta del Piccolo Cinema Tirreno quando proietta un film d’autore. A Piombino qualcosa non va in tema di cultura.

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