La cosa che attrae del racconto “Berenice” e’ la naturalezza con la quale l’autore, Antonino Schiera, presenta i sentimenti dei protagonisti, Berenice e David, i due personaggi che nello sviluppo della trama si pongono su un percorso diametralmente opposto: quello del rancore perpetuo l’uno e quello dell’amore ristoratore l’altra.
Con semplicità di termini e di strutture sintattiche, l’autore muove la vicenda che consegue da un fatto storico tristemente famoso: la notte dei cristalli del 1938. da quell’evento si dipana un percorso narrativo circolare che, attraversando un ampio arco temporale, chiude la narrazione con un incontro inaspettato.
A parte la profonda conoscenza del mondo ebraico che l’autore utilizza per arricchire il suo testo di interessanti informazioni culturali, la bellezza è nella forza vitale della protagonista, Berenice, un’ebrea vittima della persecuzione nazista che, tuttavia, si rifiuta di allevare odio e rancore per i torti subiti dal suo popolo. Lei sente che la verità della vita sta nella forza dell’amore, l’amore che l’aveva legata a David, il suo uomo che però era animato da un totalizzante sentimento di astio verso coloro che avevano perseguitato la sua famiglia e ucciso la madre in un campo di concentramento.
Un sentimento fortissimo che spinge David a intraprendere una caccia serrata dei gerarchi nazisti sfuggiti al processo di Norimberga, una missione che lo allontanerà sempre più dalla moglie Berenice e dal figlio Amos che pure lui ama tanto. L’odio e il rancore di cui si nutre David finiscono per distruggere l’amore in questa famiglia.
Tuttavia vince la forza della vita, come dice Pascoli ne Il gelsomino notturno, “nasce l’erba sopra le fosse”.
E Berenice trova ancora l’amore.
Ecco il bellissimo messaggio che si può cogliere da questo racconto: guardare avanti, sempre. La rabbia e il risentimento danneggiano anzitutto la persona in cui questi sentimenti albergano.