Bianco rosso e Verdone rappresenta la conferma di un successo, dopo Un sacco bello (1980) – fortunato esordio di Verdone al cinema – ma non è certo frutto d’improvvisazione, vista la presenza di nomi prestigiosi nel cast tecnico. Sceneggiatori Benvenuti e De Bernardi, fotografia di Tovoli, montaggio di Baragli, produzione di Sergio Leone e colonna sonora niente meno che di Morricone. A questo si aggiunga la grande bravura di Verdone alle prese con i suoi personaggi televisivi, per l’occasione modificati in senso cinematografico e rivitalizzati in maniera geniale. Bianco rosso e Verdone è un road movie grottesco, una commedia in tre episodi con alcuni flebili punti di contatto, unificata dal tema elettorale che coinvolge i protagonisti.
Verdone riveste tre ruoli indimenticabili: l’imbranato Mimmo che deve andare a votare con la nonna (Fabrizi) a Roma, il pedante e logorroico Furio che parte da Torino per recarsi a compiere il suo dovere a Roma con la famiglia, infine l’emigrante Pasquale che non parla mai – a parte nell’assurdo finale – ma parte da Monaco per tornare a votare nella sua Matera. Tre storie diverse ma ben concatenate, che rispettano la tradizione della commedia all’italiana, mai del tutto comiche ma collegate alla vita, mai farsesche ma dotate di un pizzico di umana verità.
Mimmo, per esempio, vede morire la nonna d’infarto nella cabina elettorale e termina quasi in dramma la sua breve storia fatta di litigi e incontri casuali, ma anche di scoperta del sesso grazie a una notte passata in albergo. Milena Vukotic appare nuda in una sequenza comica nei panni di una prostituta che tenta di portarsi a letto Mimmo, ma lui fugge terrorizzato dalla nonna dopo aver visto il sesso femminile che scambia per mutandine. Sequenza epocale durante la quale si vede il nudo triangolo nero attraverso una boccia di vetro con i pesci rossi, interpretata (pare) da una vera prostituta. Elena Fabrizi – la sora Lella – è straordinaria nel suo esordio d’attrice, spontanea e naturale come poche, al punto che verrà utilizzata ancora al cinema per identici ruoli da nonna. Mario Brega è un camionista naturale, volgare e romanissimo: “Questa mano po’ esse’ piuma e po’ esse’ fero. Oggi è stata piuma”, dice dopo aver fatto l’iniezione alla nonna di Mimmo.
Il carattere di Mimmo tornerà spesso nella comicità di Verdone, tra l’altro rappresenta un’evoluzione del tipo già caratterizzato in Un sacco bello. Il personaggio che più si ricorda è il logorroico Furio che stressa a morte la moglie Magda (la russa Sanpiter doppiata in torinese da D’Assunta) fino a convincerla a scappare con il bel tenebroso Raoul (Infanti) che la circuisce e la conquista. Notevoli certe sequenze. “Magda, tu mi adori?”, dice Furio. La donna risponde un flebile “Sì”. “E allora? Non vedi che la cosa è reciproca?”. Ma anche i “Non ce la faccio più!” in torinese sono indimenticabili. Verdone dà vita a uno dei suoi migliori personaggi, al punto che il tipo del noioso e pedante logorroico tornerà modificato in alcuni film successivi.
Basti pensare a Viaggi di nozze e Grande grosso e… Verdone. Pasquale l’emigrante, invece, è un personaggio insolito, completamente muto, ispirato alle comiche e al cinema di Tatì, basato sulla mimica e sulle situazioni paradossali in cui si va a cacciare. Per esempio si vede rubare la macchina pezzo dopo pezzo, finisce in autostrada a recuperare un pallone e non sa più come attraversare, compra di tutto in Autogrill, persino un lecca lecca da bambini. Finale imprevedibile con l’esplosione di logorrea dialettale al seggio elettorale, quando manda tutti a quel paese.
Nessuno era convinto sulle possibilità di successo del film, neppure Verdone che temeva di replicare cose già viste nel lavoro di esordio. Il produttore Sergio Leone credeva che il personaggio di Arturo fosse debole, perché troppo odioso, ma si sbagliava di grosso, visto che tutti ricordano il film proprio per quel segmento. Una curiosità storica è la proiezione privata del film in casa Leone alla presenza di Verdone, Sordi, Vitti e persino del calciatore Falcao. Tutti gradirono il personaggio di Furio. Alberto Sordi ne fu così entusiasta che alla fine del film corse ad abbracciare Verdone. Un film che non ci si stanca mai di rivedere, ormai un classico, che fa pensare con tristezza a quanto sia decaduta la classe di Verdone e a come sia andata diluendosi nel tempo la forza comica dei suoi personaggi. Peccato.
Regia: Carlo Verdone. Soggetto e Sceneggiatura: Leo Benvenuti, Piero De Bernardi, Carlo Verdone. Montaggio: Nino Baragli. Fotografia: Luciano Tovoli. Scenografia: Carlo Simi. Arredamento: Carlo Gervasi. Direttore di Produzione: Roberto Mannoni. Produttore: Sergio Leone. Casa di Produzione: Medusa Distribuzione. Aiuto Regista: Albino Cocco. Assistente alla Regia: Luca Verdone. Luca Morsella. Musiche: Ennio Morricone (dirette dall’autore). Edizioni Musicali: Bixio, Cemsa. Durata: 109’. Genere: Commedia Grottesca. Interpreti: Carlo Verdone (Pasquale Amitrano, Furio Zoccano, Mimmo), Irina Sanpiter (Magda), Elena Fabrizi (Teresa), Angelo Infanti (Raoul), Milena Vukotic (prostituta), Mario Brega (er Principe), Andrea Aureli (zio di Mimmo), Elisabeth Weiner (moglie di Pasquale), Ana Alessandra Arlorio (zia di Mimmo), Vittorio Zarfati (portiere albergo), Giovanni Brusatori (medico), i bambini Giulio Monti e Giuseppe Pezzulli (Anton Luca e Anton Giulio, figli di Furio Zoccano).