Un film tarantiniano senza mezzi termini, debordante citazioni cinematografiche e violenza, una storia costruita su vite malandate, analizzate in un viaggio quotidiano alla disperata ricerca di affermazione personale per non essere dimenticate. Tarantino voleva scrivere un romanzo su questa storia ambientata a Los Angeles nel 1969, ma il soggetto gli è cresciuto in mano prendendo forma cinematografica. Il protagonista è Rick Dalton (Di Caprio), un attore televisivo in fase calante, alcolizzato, in preda a un disturbo bipolare, relegato nel cinema di Hollywood (dove vive in una villa faraonica) a ruoli da cattivo e da perdente. Non meno protagonista è la sua controfigura – Cliff Both (Pitt) – un reduce di guerra sempre pronto a menare le mani che conduce una vita marginale, alloggiato in un camper vicino a un drive-in insieme a un gigantesco cane. Il film racconta un periodo della vita di Dalton, che ha come vicina di villa Sharon Tate (Robbie), moglie di Polanski, ripresa nei giorni antecedenti il folle eccidio che vide protagonista la setta criminale di Charles Manson. Realtà e finzione si fondono, come verosimile è la scelta di Dalton di andare in Italia per interpretare alcuni spaghetti western come protagonista, decisione presa a suo tempo da diversi attori nordamericani in decadenza. Al Pacino è molto bravo nella parte del manager che convince l’attore a fare un passo importante per la sua carriera, inoltre grazie al suo personaggio vediamo alcuni spezzoni di film in bianco e nero che citano il periodo storico. C’era una volta a Hollywood si apprezza per il solito sfoggio di cultura cinefila, visto che non sono molti gli statunitensi capaci di citare registi (per me grandi) come Sergio Corbucci, Giorgio Ferroni e Antonio Margheriti. Tarantino usa gli effetti speciali per inserire Di Caprio in alcune sequenze de La grande fuga, rigirando la scena con il suo attore vestito come Steve McQueen e inserendola al posto dell’originale, grazie al lavoro certosino di John Dykstra. Impossibile riferire nel breve spazio di una recensione il numero incredibile di citazioni di serie televisive statunitensi e di film degli anni Sessanta, oltre a locandine (vere, false, modificate …) inserite come una sorta di omaggio. Sarebbe comunque riduttivo far passare C’era una volta a Hollywood soltanto per un film cinefilo. Non possiamo fare a meno di apprezzare un grande lavoro di ricostruzione storica che va dai luoghi cittadini modellati con fedeltà alle auto d’epoca, passando per l’arredamento, i prodotti di consumo, abbigliamento e programmi televisivi. Tarantino usa la computer grafica solo quando non può farne a meno, optando sempre per la ricostruzione artigianale, servendosi di due grandi collaboratori come Richardson (fotografia) e Dikstra (effetti speciali), senza dimenticare il montaggio rapido ed essenziale di Raskin. Inoltre non mancano l’umorismo eccessivo tipico del regista (la sequenza dove Both ridicolizza Bruce Lee è straordinaria), la violenza e il sangue profusi in abbondanza in un concitato finale, la cura nella costruzione della psicologia dei personaggi, una sceneggiatura a orologeria basata su dialoghi efficaci ed essenziali. Un film che è costato quasi centomila dollari, presentato al Festival di Cannes – accolto da sette minuti di applausi -, uscito negli States a fine luglio, in Italia circola da settembre con buoni riscontri di pubblico e critica. Se proprio dobbiamo trovare un difetto possiamo indicare una durata eccessiva (161’) rispetto alle cose da dire, anche se noi – tarantiniani da sempre – sapevamo bene quel che ci aspettava e non siamo certo rimasti delusi. Un film imperdibile.
Regia, Soggetto, Sceneggiatura: Quentin Tarantino. Fotografia. Robert Richardson. Montaggio: Fred Raskin. Effetti Speciali: John Dikstra. Scenografia: Barbara Ling. Costumi: Arianne Phillips. Durata: 161’. Interpreti: Leonardo Di Caprio (Rick Dalton), Brad Pitt (Cliff Booth), Margot Robbie (Sharon Tate), Dakota Fanning, Luke Perry, Al Pacino, Emile Hirsch, Damian Lewis, Margaret Qualley, Timothy Olyphant, Julia Butters, Austin Butler, Bruce Dern, Mike Moh.