C’era una volta un paese sul mare, un tempo industrioso e popolato, un paese di operai e contadini, di commercianti e artigiani. In quel paese c’erano tante società sportive ma mancavano gli impianti, quindi ci si arrangiava come si poteva, c’era poco da fare. Per esempio c’erano diverse società di calcio, ma esistevano solo due campi regolamentari, entrambi non molto curati, e un altro proprio amatoriale, localizzato in periferia. E i tanti ragazzini dovevano fare i turni per allenarsi sul manto erboso principale che si spelacchiava presto e perdeva il verde molto rapidamente. Il campo di calcio più grande del paese una volta era stato davvero bello, poteva contenere oltre diecimila persone, ci si tenevano concerti e spettacoli, oltre che partite amichevoli con squadre di serie A. Adesso era ridotto al fantasma di se stesso, con pochi posti a sedere, senza tribuna e tanta erbaccia, molta desolazione. Non andava meglio con i cinema, un tempo confortevoli e numerosi. Adesso restavano solo due sale, entrambe prive di condizionatore, per questo quasi inattive in estate, impossibilitate a operare. Non solo, non si optava neppure per aprire un cinema all’aperto, perché non rientrava negli interessi della maggioranza che deteneva il potere. In quel paese c’era anche una piccola biblioteca situata in un posto depresso, dove prima si facevano le analisi del sangue, un luogo inadeguato, privo di condizionatori, dove studiare e organizzare eventi culturali d’estate era impossibile.
Un tempo c’era anche un vecchio Circolino, il dopolavoro dell’altoforno che dispensava pane e fumo, ma adesso era distrutto e malandato, rifugio per pantegane e insetti, rami frondosi e piante rampicanti. Rimetterlo in sesto sarebbe stato impossibile, fuori dal tempo, inutile, persino dannoso, diceva il sindaco dalla barba espressiva, ché lui voleva essere ricordato come rappresentante del nuovo, mica come restauratore del vecchio. Cinema e libri stavano passando di moda e il paese sul mare si adeguava ai tempi. Chi si ferma è perduto!, diceva un vecchio amico scomparso, un antico collega di chi governava. C’era una volta un paese con una discarica a cielo aperto alle porte della città, bloccata dopo la vittoria delle elezioni da parte del partito di governo, ma rimasta un problema irrisolto, dimenticato. C’era una volta una nave rigassificatrice da ospitare in porto, ma dopo qualche protesta e la speranza di vederla andar via dopo tre anni, anche qui si registrava un nulla di fatto, tra compensazioni sperate e decisioni da prendere. Nonostante tutto il popolo era felice, perché d’inverno sbarcava in paese una pista sul ghiaccio per far divertire i ragazzi, inoltre c’era stata una ruota panoramica in una piazza sul mare (divelta da una libecciata, ma chi poteva prevedere che in una piazza sul mare soffiasse il vento?), quindi in primavera una bella giostra e d’estate il Luna Park (non solo d’inverno, pensate!). Dulcis in fundo il nostro paese di fantasia era diventato il tempio della musica sotto le stelle, ché a colpi di duecentomila euro di budget (alcuni mormoravano che fossero molti di più, vai a sapere dove stava la verità, i conti restavano segreti) ogni estate allestiva un teatro sul mare dove si esibivano – per lo più gratis – gruppi pop e cantanti famosi, per la gioia del popolo in festa. Pareva d’esser tornati ai tempi dei romani: pane e circo.
Nessuno a chiedersi da dove provenissero tutti i soldi che servivano per organizzare eventi senza il minimo rientro economico, né un’opposizione assuefatta e docile, né una stampa asservita e foraggiata da inserzioni pubblicitarie. Erano lontani i tempi in cui grigi comunisti esclamavano: Prima di fare le cose serve la copertura economica! Bilancio creativo! Ecco la giusta soluzione. E qualche colpo di genio invernale, per esempio elargire ventimila euro a un fotografo per fare un bel libro dove tutti venivano ritratti sorridenti (e compiacenti), in bianco e nero perché più pasoliniano, con nessuna voglia di indagare su dove provenissero i soldi, perché si faceva parte del libro, ormai, cosa c’era da indagare? E in quel paese una volta c’era anche un’acciaieria, adesso l’altoforno era stato spento, ma pure su quella cosa erano anni che non si prendevano decisioni, non si bonificavano terreni, anzi, si distruggevano impianti cadenti e si lasciava portare il ferro in India perché i padroni stranieri potessero avere la loro brava fetta di profitto. A ognuno il suo, no? Come dicevano i latini. Il popolo tanto aveva gli spettacoli estivi. Per fortuna che siamo in una fiaba. Tu pensa se esistesse davvero un paese simile … Sarebbe un paese di mecenati ricchissimi che in quattro anni di governo avrebbe speso un milione di euro per gli eventi prendendo i soldi (forse) dai pozzi di petrolio scavati in mare. La fiaba potrebbe continuare con il paese di fantasia verso le elezioni e con il partito candidato alla vittoria che si fa chiamare Forza Eventi – Se ci voti ne faremo più di venti!. Un partito magico che potrebbe fare proprio di tutto, persino far sparire la TARI e abolire le tasse.
Ogni riferimento alla realtà è puramente incidentale, non esistono simili paesi.