Un amico mi ha chiesto un’opinione sulla guerra, su questa guerra quasi incestuosa, una violenza carnale tra cugini.
Ecco, alla prima riga ho già mostrato più me stesso che un’opinione sulla guerra. Sono abituato a navigare negli argomenti da giornalista, fingendo di essere obiettivo e lasciando aperte diverse chiavi interpretative. Il più delle volte si tratta di un’operazione bastarda per arrivare da qualche parte senza darlo a vedere, ma in questo caso l’amico mi chiedeva davvero un’opinione, voleva conoscere il mio giudizio. Sinceramente. Non come al bar o in tivù, dove appena cominci a dire la tua ti saltano addosso per vomitare la loro.
E così vado avanti. C’era una volta l’URSS e la rivoluzione, c’erano i cosacchi del Don, c’era la grande Caterina e i servi della gleba, c’erano i popoli delle steppe. Presa così la storia è più una minestra acida che una maestra di vita e insegna solo a non volersi bene.
Per me invece la storia siamo noi. Rubo la battuta, anzi un titolo, a Giovanni Minoli, quello di Mixer e di Faccia a faccia, un uomo con un caratteraccio, ma non credo che possa venirlo a sapere. La storia siamo ciascuno di noi e te ne accorgi quando racconti qualcosa a tuo nipote e lui guarda il telefono perché crede più a Google che a te e ha ragione, per gli stessi motivi di cui sopra: io racconto la mia storia mentre a lui, a scuola, gli hanno servito la solita minestra, talvolta neppure riscaldata.
E la guerra che c’entra? Centra perché la minestra è fatta quasi solo di guerre, piccole e grandi, fatte di date difficili da ricordare che non sanno di niente, guerre una dietro l’altra, con l’aggiunta occasionale di scoperte e invenzioni come sale e pepe, con le rivoluzioni al posto del formaggio.
D’altronde però come faresti la storia mescolando le storie di tutti? Provo a rispondere. Basterebbe cambiare punto di vista, suscitando interesse verso la storia come continua scoperta e riscoperta personale, come interpretazione, come discussione e approfondimento. A forza di tentare in cucina, non è detto che si diventi chef internazionale o dietologi, ma è certo che si scopre come mangiare sano e con gusto, imparare a fare la spesa, capire e dare il giusto valore all’alimentazione.
Vedendo la storia così, questa guerra fa ancora più schifo e, secondo me, per bene che vada, servirà a ricostruire una specie di cortina di ferro. La guerra è machismo, se la prende con i più deboli e chiama in causa quel senso dell’onore che fino a poco tempo fa giustificava l’omicidio delle mogli infedeli, è un gorgo che ci trascina verso i nostri demoni. In questo caso ha perduto perfino la sua ambigua morale perché è una guerra di conquista, una guerra preventiva contro un popolo amico e quasi fraterno, contro la gente come noi, che si difende come può o scappa con i bambini e i loro orsacchiotti, con il cane, il gatto, il canarino.
Questa, in particolare, è anche una guerra che fa male all’Unione europea perché solletica nazionalismi che ci allontanano da una federazione di stati e soprattutto dall’idea affascinante di nazione europea, con una storia e un destino comune, gli Stati Uniti d’Europa.