La lotta tra l’uso del contante e il pagamento mediante moneta digitale, vale a dire carte di credito, prepagate, bancomat e altro, è uno scontro impari. A spostare l’ago della bilancia verso la moneta digitale si sono aggiunte alcune leggi emanate sotto la costante pressione di una delle più grandi potenze mondiali: le banche. Norme che in molti casi (si pensi a quelle introdotte in Italia nel 2012, durante il governo Monti) si sono rivelate inutili e sono state modificate.
C’è, però, un quesito che non ha ancora ricevuto una risposta e che, secondo alcuni, potrebbe fare la differenza tra moneta reale e moneta virtuale: l’impatto sull’ambiente. Secondo lo studio condotto da The European House – Ambrosettinell’ambito della survey agli esercenti condotta dalla Community Cashless Society anche i pagamenti cashlessavrebbero un’impronta di carbonio inferiore rispetto al contante. E non di poco. È il risultato del rapporto 2024 della Community Cashless Society curato da The European House – Ambrosetti (TEHA), i ricercatori evidenziano come, in termini ambientali, l’uso del contante inquini il 21 per cento in più rispetto ai pagamenti digitali. Limitatamente all’Italia, l’uso del contante coincide con 2,7 chilogrammi annui di emissioni, in totale 160mila tonnellate di CO2.
A sostenere che pagare con carta è più sostenibile sotto il profilo ambientale anche due report olandesi commissionati dalla banca nazionale De Nederlandsche Bank. Gli studi, visionati dall’ente senza scopo di lucro Rete Clima, dimostrerebbero che utilizzare le “carte” sarebbe più green: producono appena 3,78 grammi di CO2 rispetto ai 4,6 grammi prodotti dai contanti. A generare il maggior impatto ambientale la produzione della moneta, il prelievo e il versamento oltre al trasporto, sia in moneta che in banconota. L’impatto sull’ambiente delle carte sarebbe molto inferiore essendo legato principalmente al consumo di energia da parte dei terminali che restano accesi molte ore al giorno ma spesso in modalità standby. A questi consumi si dovrebbe aggiungere la stampa dello scontrino.
Anche una ricerca della Banca Centrale Europea, realizzata usando l’euro come riferimento, è giunta a risultati analoghi: ogni anno l’uso di contante da parte di un singolo individuo produce tanto inquinamento quanto un viaggio in automobile di otto chilometri. In termini di CO2 può apparire poca cosa, siamo nell’ordine dei micropunti (μPt, una metrica che combina diversi indicatori di impatto ambientale) ma resta pur sempre più del costo dell’utilizzo delle carte di credito. Il report della Banca centrale europea pubblicato alla fine del 2023 ma basato sui dati del 2019, confermerebbe quindi che la salute del pianeta dipende da come paghiamo. Purtroppo, la carta delle banconote va prodotta, così come vanno estratte e lavorate le materie prime da cui si ottengono le monete. La massa monetaria va poi spostata e distribuita usando appositi mezzi di trasporto. Ma mentre questi costi pesano sull’ambiente una volta sola, i costi delle carte di credito e dei bancomat si sommano ogni vola che li si utilizza. Ma anche i prelevamenti fatti ai bancomat hanno un costo in termini ambientali. E anche le carte di credito vanno prodotte e sostituite dopo un certo lasso di tempo (senza contare i casi di perdite o danneggiamenti). E così i controlli dell’autenticità delle banconote che vengono svolti in alcuni punti vendita o negli istituti finanziari.
Il collo di bottiglia è costituito dai commercianti che, nonostante l’obbligo introdotto nel 2022, guardano ancora con diffidenza ai pagamenti digitali. Non di meno, circa la metà dei commercianti si sono adeguati alla normativa, non a causa dell’obbligo ad accettare bancomat e carte di credito, ma per adeguarsi alle richieste dei clienti.
Perché allora non abolire completamente la moneta contate e utilizzare solo carte di credito e bancomat? Il motivo è semplice. Innanzitutto, una corretta analisi dovrebbe tenere conto dell’impatto sull’ecosistema di tutta la macchina informatica necessaria per la gestione dei pagamenti virtuali e non solo dei pezzi di carta o di plastica. La scelta, inoltre, non può essere legata solo a fattori ambientali. Ogni volta che si utilizza il denaro contante circola sempre la stessa quantità di denaro. Invece, ogni volta che vengono utilizzate carte di credito e bancomat una percentuale dell’operazione (di solito il tre per cento) finisce nelle casse all’azienda che li ha emessi. In alte parole si riduce il capitale totale.
Questo significa che nonostante i costi ambientali una banconota può essere utilizzata per migliaia di transazioni e il suo valore sarà sempre lo stesso. Al contrario una prepagata, una carta di credito dopo un certo numero di operazioni sarà come un contenitore vuoto. E allora non avrà importanza se il suo impatto ambientale era minore di quello di una banconota. Ma non basta. Una banconota è un titolo al portatore. Questo significa che è e sarà sempre valida (ovviamente fino a che quella valuta è corrente). Al contrario l’accesso ai propri risparmi mediante bancomat o carta di credito sarà sempre soggetto alla disponibilità di una rete informatica. E non sono stati pochi i casi, anche nel recente passato, in cui si sono verificati “guasti” (sia reali che causati da hacker che voluti dalle banche – si pensi al caso della Grecia qualche anno fa – per limitare il prelievo di massa dei risparmi dei correntisti) a queste reti informatiche. Ultimo ma non ultimo: ogni volta che si esegue una transazione con la carta di credito o il bancomat, questa informazione finisce in un database. Dal quale, in teoria (o forse no) potrebbe essere prelevata per vari motivi (ad esempio di marketing). Quando si usa il contante invece la privacy è tutelata, soprattutto quella di chi compra (nel bene e nel male).