L’11 agosto 1253 muore nel convento di san Damiano, vicino Assisi, Chiara d’Assisi. Poche notizie sicure si hanno della vita di Chiara. La famiglia era tra le maggiori della piccola città e partecipava alla terribile lotta tra le fazioni cittadine. Nel 1212, a diciotto anni, alla fine di marzo, forse nella notte della Domenica delle Palme, Chiara lascia nascostamente la casa paterna si reca nella piana, alla Porziuncola e alla presenza di Francesco si fa tagliare i capelli: è il segno di una nuova vita la sua consacrazione a Dio. (cfr. C. Leonardi, La letteratura francescana, Lorenzo Valla, pagg. CXXXVII e sgg.). Nel 1253, dopo quarant’anni passati in silenzio, ma non solo, muore nel convento di San Damiano. Non solo in silenzio – è lo ribadiscono i vari studi della Frugoni e di altre/i studiose/i – Chiara parla in maniera paritetica alle monache intra ed extra moenia, cioè a quelle che non uscivano mai dal convento e quelle che invece uscivano per soccorrere i malati o compiere altre opere caritative, precorre i secoli. Chiara rivendica un ruolo attivo per le donne nella società e nella chiesa. La lingua di Francesco e Chiara è quella del Vangelo sine glossa (alla lettera). «La scelta della povertà, della povertà storica è il «segno della povertà spirituale, non viceversa. Francesco e Chiara scelgono la povertà perché testimoni di affidarsi solo a Dio, di credere e mostrare che solo Dio basta a chi lo cerca». (C. Leonardi). La «solitudine» di Chiara d’Assisi – osserva magistralmente la studiosa Chiara Frugoni – fu abitata da molti affetti e da una fortissima tensione spirituale.
Nella letteratura religiosa del XIII secolo Chiara è la prima donna a scrivere una Regola di vita («molto bella e discorsiva, quasi un insieme di suggerimenti più che un regolamento» osserva C. Frugoni) e poi anche quattro Lettere, Preghiere. Un’autrice, santa Chiara d’Assisi, che si fa carico delle ingiustizie della società. Scrive, ancora, la raffinata medievalista Chiara Frugoni, allieva di Jacques Le Goff, «è Chiara a portare avanti più tenacemente l’idea originaria del progetto francescano, che, non è religioso ma sociale». «Chiara è una donna forte e dolcissima. È forte perché si è data totalmente a Dio: e questa è la sua forza. Chiara è forte anche umanamente, una forza come un sovrappiù che si riceve in dono. Scappa da casa, consacra la sua verginità contro la propria famiglia, chiede il rispetto della povertà per sé e per il suo monastero, si mette a scrivere per prima nella storia cristiana una regola di vita per le sue suore, difende Assisi dai musulmani e dai soldati di Federico II facendosi scudo con la preghiera e con l’eucaristia» (C. Leonardi).
La Regola che Chiara scrive riprende largamente, spesso alla lettera, la Regola di Francesco. Si richiama direttamente a Francesco come fondatore, riconoscendo di essere, lei Chiara, una sua plantula e ponendo nel VI capitolo i due scritti di lui, quella Forma vivendi iniziale scritta per Chiara e l’Ultima voluntas per le sorelle di San Damiano (negli ultimi decenni si è fatta più accesa la discussione sulla autenticità dei due testi). Il rapporto tra Chiara e Francesco è senza dubbio un rapporto d’amore, un «amore di amicizia» come lo definiscono molti studiosi (D. Covi, A. Rotzetter) Non essendosi verificato tra i due alcun rapporto carnale. L’«amore di amicizia» nasce dal desiderio che si va compiendo in quella volontà-desiderio di unirsi a Dio, non di unirsi all’altro» (Leonardi). Va ricordato che Chiara è una donna nobile, quindi con un’istruzione ben più che elementare. Una donna colta, una donna che ha un’intelligenza molto acuta ma soprattutto in quanto donna ha combattuto più di Francesco contro il potere papale, per il rispetto della povertà assoluta per sé stessa, per le sue suore, per i monasteri.
«Il Cristianesimo costituisce nel secolo XIII – docet il critico letterario Giulio Ferroni – un punto di riferimento essenziale per esperienze che hanno luogo in tutti gli strati della società. Esso si pone come ragione totale di vita e speranza, suscita scelte radicali e assolute, nuove aggregazioni, nuovi rapporti sociali, nuovi conflitti, nuovi atti di amore e violenza; genera nuove forme dell’immaginario, nuove elaborazioni filosofiche e dottrinali, nuove leggende, nuove scritture».
La figura di Chiara d’Assisi è dotata di una profondità, di una humanitas, di una fortezza piene e stupefacenti. Queste qualità affiorano e tessono la Regola: uno scritto stupefacente, pieno di dolcezza, teso a comprendere più che a giudicare e punire. Di Chiara d’Assisi scrissero soprattutto uomini (il biografo, il papa) ma anche la dipinsero artisti come Simone Martini (cfr. gli affreschi nella Basilica inferiore di san Francesco in Assisi) uno tra i maggiori e più influenti artisti del Trecento italiano, l’unico in grado di «contendere» lo scettro al «maestro e padre della pittura» Giotto.
Una donna, Chiara d’Assisi, di «perfetta vita e alto merto» (Paradiso III, v. 97) che rifulge nel dialogo con Piccarda Donati in uno dei canti più belli, poetici (linee, colori e suoni sono stilnovistici) di «grande memoria ed elegia poetica» (M. Marti).
La figura di Chiara illumina la vita sociale e culturale del Duecento italiano. Ma la sua esperienza rivoluzionaria di vita è – oggi più che mai – motivo di riflessione e di edificazione.