Chiedimi chi erano gli Squallor

Articolo di Franco Lannino

Erano i tempi che si andava a studiare dai compagni di scuola più stretti nei pomeriggi. Quando dovevi preparare un’interrogazione o un compito in classe. Quando consultavi le enciclopedie a casa del compagno di scuola più ricco. Quando noleggiavi lo “Ciao” o la vespa ‘Special 50’ a Ballarò per fare colpo sulla tua amica e sperare che si fidanzasse con te. Quando già arrivare a pomiciare era una grande conquista. Tempi in cui marinavi scuola e la mattina andavi all'”Astra” Cine e con un biglietto (70 lire) vedevi due film: uno western e uno in costume. Uscivi che era già ora di tornare a casa. All’una, così i tuoi genitori non si accorgevano di nulla.

Sì andava con il Gilera a Villagrazia di Carini o a Mongerbino a pescare i ricci di mare in apnea. E si andava anche d’inverno. Si facevano cortei studenteschi di diecimila partecipanti solo perché il biglietto dell’autobus aumentò in un colpo del 100% (da 50 a 100 lire) “Un biglietto 100 Liri, unni Jemu a finiri’ e “Marchello boia, figlio di troia!”. Si fumava (solo tabacco) per darsi un tono e quando non ne avevi, andava pure bene la carta del pane arrotolata con dentro il the rubato dalla dispensa di tua madre.

Le canzoni degli Squallor facevano da cornice a queste follie. Un alone di mistero li avvolgeva. La leggenda diceva che le voci fossero di cantanti sempre diversi e a a volte molto famosi e seri. Ma rigorosamente senza nome. Gli Squallor erano l’essenza degli anni settanta. Il paradosso. Proprio come quel decennio. Geniale ma allo stesso tempo ingenuo e spensierato. Certo, però non le mettevi nello stereo (il canguro della Voxon possibilmente) nella macchina di papà quando ci portavi la tua ragazza. Non era quella l’atmosfera che serviva per appartarsi nelle gallerie della salita per Montepellegrino lato Mondello…

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