A pochi giorni dall’inizio dei lavori della COP26 a Glasgow in Scozia, le possibilità di ottenere un risultato davvero utile a ridurre le emissioni sembrano ridotte al lumicino (a petrolio).
Tutti i paesi maggiori responsabili delle emissioni di CO2 hanno rilasciato dichiarazioni o adottato politiche che non lasciano spazio a fraintendimenti. Sono poche le speranze di veder eliminati o almeno ridotti i settori maggiormente responsabili delle emissioni di CO2 (dal trasporto delle merci via mare e via aerea, ai finanziamenti ai maggiori produttori di petrolio e gas naturale, dalla produzione di plastica – che, in barba alle promesse fatte – continua ad aumentare, a pratiche di coltivazione e allevamento estremamente invasive). Molti paesi hanno addirittura dichiarato di non voler rinunciare alle centrali a carbone per produrre energia elettrica per molti decenni ancora.
Una situazione disperata richiede misure estreme. Così, l’UNDP ha deciso di ricorrere a sistemi di convincimento estremi: ha invitato a tenere un discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite un… dinosauro… “Non scegliete l’estinzione” sono state queste le parole con le quali ha esordito l’ospite preistorico.
Oggi, nel mondo, si spendono 423 miliardi di dollari all’anno per sovvenzionare i combustibili fossili: il quadruplo della somma che sarebbe sufficiente a risolvere i problemi derivanti dalla crisi climatica in atto (uno dei punti critici in vista della conferenza globale sul clima COP26). Secondo l’UNDP, con questi soldi “si potrebbero pagare le vaccinazioni Covid-19 per ogni persona nel mondo. O pagare tre volte l’importo annuale necessario per eradicare la povertà estrema globale”.
La verità è che a molti dei paesi che siederanno tronfio e boriosi alla COP26, di salvare l’ambiente non importa nulla. Lo dicono i numeri. Quelli del Fondo monetario internazionale (FMI): i costi indiretti, compresi i costi per l’ambiente, costano all’intera umanità quasi 6 trilioni di dollari. Soldi che, secondo l’UNDP, “finiscono per aggravare le disuguaglianze e per ostacolare l’azione sul cambiamento climatico”.
Per il FMI, i sussidi ai combustibili fossili sono sia inefficienti che iniqui. Secondo Achim Steiner, capo dell’UNDP, “La pandemia di Covid-19 ha messo in luce aspetti obsoleti dell’economia globale. Incluso il fatto che il mondo continua a spendere miliardi di dollari in sussidi ai combustibili fossili, mentre centinaia di milioni di persone vivono in povertà e la crisi climatica accelera. Visto questo contesto, dobbiamo chiederci: sovvenzionare i combustibili fossili è un uso razionale del denaro pubblico?”. Nei paesi in via di sviluppo circa la metà delle risorse pubbliche spese per sostenere il consumo di combustibili fossili va a beneficio del 20% più ricco della popolazione. Anche George Gray Molina, economista capo del Bureau for policy and program support dell’UNDP, ha usato parole pesanti: “Affrontare il problema dei sussidi ai combustibili fossili è una questione politicamente pesante, ma i fatti dimostrano che le riforme sono necessarie e, se fatte correttamente, supportano i poveri, creano posti di lavoro e proteggono il pianeta. Speriamo che questa ricerca catalizzi la discussione sul ruolo fondamentale che la riforma può avere nel portare a transizioni verdi ed eque in tutti i Paesi”. Per ottenere qualche risultato servirebbe una riforma dei sussidi ai combustibili fossili da parte dei governi, dell’FMI e della Banca mondiale. Anche il segretario generale dell’Onu, António Guterres, nel suo discorso, ha lanciato un appello ad una riforma del sistema.
In attesa di vedere se i loro appelli saranno ascoltati, non c’è altro da fare che ascoltare il discorso tenuto dal dinosauro dell’UNDP all’Assemblea Generale dell’Onu nel quale ha esortato i leader mondiali ad abbandonare i sussidi ai combustibili fossili e a “Non scegliere l’estinzione“.
Foto: amnesty.it