Ho pensato e ripensato a quanto la bellezza dell’arte pittorica nei secoli passati, passando dal 400 sino al 900 era Signora assoluta quasi, della vita delle persone di ogni stato sociale.
Si viveva totalmente immersi nelle forme e colori sempre mutevoli, si era come stregati, tutti dovevano obbedire al canto seducente di quella maliarda sirena per goderne come in un amplesso amoroso, un ‘idilliaco sortilegio, quasi una norma vigente un possesso, che va oltre la mera materia, imbevuti di una totalizzante bellezza come lo si era della fede della religione, pur nelle sue fasi di alternanza, un adesione pervasiva.
Com’è pervasiva per diabolica insensatezza la totale adesione alla bruttezza, pur dignitosa nel suo stato naturale, ma innaturale se risponde a quel becero artificio di cui si fregia la contemporaneità – “d’altra parte l’assoluta mancanza di gusto per le arti e per tutto ciò che contribuisce all’eleganza della vita materiale, anche alla casa di chi non manca di nulla imprime un aspetto di miseria”, diceva nella “Vita di Gesù” Ernest Renan datata 1863, quella miseria con copyright “Ikea” , quella banana appesa con lo scotch firmata “Cattelan”, quel concettuale che è solo concettuale; solo alcuni dei più acclamati e iconici manufatti del sistema delle brutte arti che svuotano le pancie degli interni domestici, sino ad urlarne la fame nella loro comune, impersonale condizione.
Bandita la bellezza e il fatto bene, prevalgono lavori orrendi banalmente economicissimi e costosissimi in litigio e confusione tra loro, nella totale agonia della Bellezza che è nostra patria o matria come auspicava la scomparsa “Michela Murgia”, quell ‘arte che amplifica, allarga gli spazi, restituendogli dignità, carattere, bellezza, vita, nella quale immergersi totalmente e trovare speranza, gaudio per le nostre vite.
“Non più chi soffre ma chi più gode conosce”, diceva il grande vate d’Italia Gabriele D’Annunzio. Rovesciando il principio del pentimento della sofferenza, lui parla invece di godimento, non solo quello della carne ma quello della Bellezza dell’arte.
Sopra “Se questo è un uomo” opera di Cosimo Abbatepaolo.