Sono ormai nel pieno i lavori della COP26, a Glasgow, in Scozia. Dopo una partenza a rilento, dovuta forse alla stanchezza di molti leader provenienti dai lavori del G20 di Roma (Biden è stato fotografato addormentato durante i lavori), si viaggia ormai a pieno ritmo.
E cominciano a spuntare le proposte per salvare l’ambiente.
Il premier britannico, tra un riferimento alla piccola (anche se ormai più che maggiorenne) Greta Thunberg ha parlato di Bla Bla Bla e una citazione ai vecchi film di James Bond, ha parlato di una somma pari a 100 miliardi di dollari necessari per salvare il mondo (ma senza dire chi dovrebbe uscire realmente i soldi). Jeff Bezos fondatore di Amazon ha rilanciato e ha preannunciato che donerà 2 miliardi di dollari per risanare la natura e trasformare il settore del cibo.
Poi, tra un concentro di cornamuse e una lotteria ma della quale beneficeranno solo cittadini britannici [perché? Visto che la conferenza è globale?, n.d.r.], i leader presenti a Glasgow hanno lanciato un avviso che è finito sulle prime pagine dei giornali: oltre cento di loro avrebbero firmato un accordo per non tagliare più alberi a partire dal 2030. Una notizia bomba: specie considerando che tra i firmatari ci sono paesi come il Canada, gli USA, la Cina, la Finlandia o la Polonia. Paesi che, da sempre, hanno fatto di questo settore una fonte di reddito non indifferente.
Una vera sorpresa. Ma solo per chi, come molti giornalisti che hanno ripetuto pedissequamente le parole dei leader, non si è preso la briga di scavare fino in fondo.
Chi lo ha fatto, leggendo con attenzione le parole dell’accordo, non ha trovato niente di sorprendente. Nel documento (il primo di una serie già fin troppo lunga) si dice:
“We, the leaders of the countries identified below […] commit to working collectively to halt and reverse forest loss and land degradation by 2030 while delivering sustainable development and promoting an inclusive rural transformation. We will strengthen our shared efforts to: Conserve forests and other terrestrial ecosystems and accelerate their restoration…” Glasgow Leaders’ Declaration on Forests and Land Use – UN Climate Change Conference (COP26) at the SEC – Glasgow 2021 (ukcop26.org)
Tradotto verrebbe:
“Noi, i leader dei paesi identificati di seguito […] Ci impegniamo pertanto a lavorare collettivamente per arrestare e invertire la perdita di foreste e il degrado del suolo entro il 2030, promuovendo al contempo uno sviluppo sostenibile e promuovendo una trasformazione rurale inclusiva…”
Ora, una cosa è dire “ci impegniamo a non tagliare più alberi e foreste” a partire dal 2030. Un’altra è dire “ci impegniamo a LAVORARE COLLETTIVAMENTE per arrestare e …” a partire dal 2030.
Nel primo caso, è un impegno concreto. Un punto fermo. Un atto definitivo (sebbene ritardato nel tempo …. e nove anni non sono pochi). Un’altra cosa è impegnarsi a sederci tutti insieme attorno ad un tavolo per decidere come fare per….
Basta questo per capire il livello delle decisioni che saranno prese e diffuse ai media. E che saranno ben diverse dalla realtà.
Ma se questo non dovesse bastare, basta ascoltare le dichiarazioni di alcuni dei leader firmatari del documento. Come Julius Maada Bio, presidente della Sierra Leone. Intervistato dalla BBC, ha già evidenziato alcuni ostacoli alla realizzazione di questo progetto (che pure ha firmato). Maada Bio ha detto che è difficile sapere quanti alberi vengono tagliati. E anche da chi. COP26: President Julius Maada Bio on deforestation in Sierra Leone – BBC News Un modo come un altro, per far capire che sarà difficile rispettare gli impegni presi durante la COP26. Sempre che di impegni e non di promesse al vento si possa parlare.
Anche gli altri documenti presentati dopo i lavori dei primi due giorni della COP26 non sono stati diversi. Si è passati da discutere di problemi locali a proclami generici di alcune multinazionali presenti “Noi, dieci aziende globali con un fatturato annuo combinato di quasi 500 miliardi di dollari e un’importante quota di mercato globale in materie prime chiave come soia, olio di palma, cacao e bestiame, abbiamo un impegno condiviso per arrestare la perdita di foreste associata alla produzione e al commercio di materie prime agricole. Riconosciamo che sono stati compiuti progressi significativi, ma questi progressi devono essere accelerati e ampliati per sostenere gli sforzi globali per raggiungere zero emissioni nette a livello globale entro il 2050, arrestare la perdita di biodiversità e fornire mezzi di sussistenza sostenibili. Quindi intendiamo basarci sui nostri sforzi condivisi, lavorando con governi, agricoltori e altre parti interessate chiave nelle nostre catene di approvvigionamento, per accelerare l’azione a livello settoriale e identificare opportunità di collaborazione pubblico-privato per catalizzare ulteriori progressi nell’eliminazione della deforestazione guidata dalle materie prime”. Dichiarazione di intenti societari delle società di materie prime agricole – Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP26) presso la SEC – Glasgow 2021 (ukcop26.org)
Bene. O forse no: “Entro la COP 27 definiremo una tabella di marcia condivisa per una migliore azione della catena di approvvigionamento coerente con un percorso di 1,5 gradi Celsius, che supporti il raggiungimento dei nostri obiettivi e aumenti la collaborazione e l’implementazione in settori tra cui: ambienti politici abilitanti, trasparenza sulle emissioni di scope 3 e catene di approvvigionamento indirette e miglioramento dei mezzi di sussistenza per gli agricoltori”. Cosa e come non è scritto da nessuna parte.
Al termine dei primi di giorni di lavori, la presidenza della COP26 ha presentato un report sull’andamento dei lavori. Una nota piena anche questa di belle parole. Frasi come “I leader hanno chiarito che il cambiamento climatico è un problema globale”. O “Il compito del decennio sarà quello di fornire i finanziamenti, le risorse e gli strumenti per realizzare rapidamente l’azione per il clima su larga scala”. O ancora “I leader hanno delineato ciò che deve essere raggiunto a Glasgow; inviando un segnale ai negoziatori affinché lavorino insieme per accelerare l’azione per il clima in questo decennio cruciale, sottolineando la necessità di guidare i progressi su tutte le questioni e concludere il regolamento per sostenere il raggiungimento degli obiettivi dell’accordo di Parigi”.
Gli accordi di Parigi? Ma questi sono stati firmati tanti anni fa. E non son mai stati rispettati. Per questo, adesso, c’è bisogno di nuovi obiettivi e di nuove strategie, più severe, per salvare il pianeta. Invece, i “leader hanno parlato dell’importanza vitale di tracciare un percorso per mantenere la prospettiva di limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5°C a portata di mano”. Ancora una volta si gioca con le parole. Non raggiungere questo obiettivo. Solo “mantenere la prospettiva di……
E ancora. “Il vertice ha dimostrato che l’accordo di Parigi sta funzionando e ha compiuto progressi in settori chiave”. Ma come: tutti gli studi dimostrano che la situazione sta peggiorando drasticamente. A cominciare proprio dalle emissioni di CO2 che, in barba alle promesse fatte a Parigi, continuano ad aumentare.
Quintali di pagine sul web pieni di parole che non significano nulla: “Un numero significativo di leader ha parlato di porre fine all’energia del carbone”. La verità è che molti paesi continuano a utilizzare il carbone come fonte per produrre energia elettrica e alcuni dei maggiori utilizzatori hanno dichiarato che non intendono farne a meno prima del 2050 (in alcuni casi, addirittura il 2060). Quanto al metano, il rapporto si vanta del “lancio del Global Methane Pledge” che “ha visto oltre 100 paesi impegnarsi collettivamente a ridurre le emissioni globali di metano del 30% entro il 2030”. Che fine ha fatto la promessa di azzerare le emissioni dannose per l’ambiente? Il metano inquina decine di volte più della CO2: è uno dei tre responsabili dell’aumento delle temperature medie del pianeta. E loro parlano di ridurre del 30%? Non subito tra una decina d’anni? Per non parlare del fatto che, tra gli “oltre 100 paesi” che hanno sottoscritto il Global Methane Pledge non ci sono paesi come Cina e India.
Dire “I leader hanno inviato un chiaro segnale che la COP26 deve mantenere 1,5°C a portata di mano” non vuol dire abbattere le emissioni fino a garantire che l’aumento non superi quella soglia.
“Il primo ministro del Regno Unito, Boris Johnson, e il presidente della COP, Alok Sharma, hanno invitato i leader a consentire ai negoziatori di fornire un risultato che risponda alla migliore scienza disponibile e alle richieste delle persone di tutto il mondo, per accelerare urgentemente l’azione per il clima e garantire…” . Ancora belle parole, prive, però, di ogni legame con quella che è la realtà di oggi. Una realtà fatta di 400 jet atterrati a Glasgow, solo oggi, per portare personalità che hanno rinunciato a collegarsi in videoconferenza è hanno fatto di tutto per essere presenti alla COP26.
Foto: chinadaily.com