Crema, cioccolata e … paprika di Michele Massimo Tarantini è il peggior film in assoluto interpretato dalla coppia comica composta da Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, precede di tre anni il loro capolavoro pirandelliano: Kaos (1984) dei fratelli Taviani, episodio La giara. Protagonisti di questa tarda commedia sexy sono Barbara Bouchet e Massimo Montagnani, ma il problema è la presenza del figlio del boss mafioso Michele Greco, che porta guai giudiziari a Franco Franchi. Nel 1989 Franchi e Merola vengono accusati di connivenze mafiose da un pentito e vengono fuori frequentazioni sospette con la famiglia Greco.
Il procedimento penale viene archiviato, perché il fatto non sussiste, ma la vicenda distrugge moralmente e fisicamente Franchi, che si ammala in maniera grave e muore l’11 dicembre del 1992, dopo aver partecipato all’ultima puntata di Avanspettacolo, strappando a tutti un applauso commosso. Ciccio Ingrassia, privato del più caro amico, del collega che considerava un fratello, gli sopravvive per oltre vent’anni, ma lo vediamo solo in poche dimenticabili partecipazioni. Muore nel 2003, stanco e malato. Crema, cioccolato e pa…prika (1981) di Michele Massimo Tarantini fino a poco tempo fa era un film introvabile. Quando scrissi Soprassediamo! – Il cinema comico parodistico di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia (Il Foglio, 2014) si potevano apprezzare soltanto brevi sequenze, grazie a un lavoro girato da Ciprì e Maresco per ricostruire le vicende giudiziarie legate al maxiprocesso che portò alla condanna del boss mafioso Michele Greco.
Adesso il film è di nuovo reperibile, perché l’emittente Mediaset Cine 34 l’ha messo in programmazione il 23 ottobre 2020. Fra gli sceneggiatori spicca il nome di Giuseppe Greco, anche attore, figlio del mafioso Michele Greco. Pare che sia proprio la famiglia Greco a finanziare il film, per soddisfare le velleità artistiche del figlio del boss. Franco Franchi, inopinatamente accusato per associazione mafiosa e successivamente scagionato, pare abbia cominciato dopo questa collaborazione a frequentare come ospite feste private di alcuni boss mafiosi. Giorgio Bracardi, intervistato dai due registi siciliani, afferma: “Sono rimasto sorpreso quando mi avete chiamato a parlare di questo film. Pensavo fosse andato perduto, perché non è mai uscito nei circuiti e non l’ha visto nessuno, a parte qualche palermitano. Ho visto le sequenze finali e devo dire che è abbastanza orrendo. Io ne esco proprio non con le ossa rotte, strarotte!”.
Franco Franchi, truccato da finta infermiera, infatti, stende con una martellata in testa il povero Bracardi mentre tenta di fuggire dalle grinfie dei medici, dicendo con un sorriso ironico: “Anestesia totale”. Bracardi non fa mancare le espressioni gesticolanti che l’hanno reso famoso in televisione, oltre a vocine e gridolini tipici della trasmissione radiofonica Alto Gradimento. Un’altra sequenza vede impegnati Franchi e Ingrassia in una scenetta da comiche del muto, con il primo truccato da infermiera che si getta dalla finestra ma non si suicida e finisce per cadere sopra una tavola con le ruote. “Non lo fare. Pensa a me!”, grida Ciccio. “Appunto!”, risponde Franco prima di gettarsi nel vuoto.
Il film, secondo l’interpretazione ironica di Ciprì e Maresco, sarebbe “una commedia sentimentale interamente girata a Palermo”, ma in realtà è una pochade alla Feydeau, non molto riuscita, in ogni caso quello è il riferimento alto. Barbara Bouchet e Renzo Montagnani si ritagliano alcune sequenze sexy, protagonisti della parte più divertente e al tempo stesso ammiccante alla commedia erotica. Michele Massimo Tarantini è un esperto del genere ed è prodigo nella esibizione di epidermidi femminili, anche se la commedia sexy è ormai alla frutta. Bene anche Silvia Dionisio, innamorata di un giovane dottore, interpretato da un inespressivo Giuseppe Greco.
Franco Franchi e Ciccio Ingrassia naufragano nel grigiore generale di un film costruito per far recitare Giuseppe Greco – del tutto incapace – ma la loro presenza rivitalizza molte sequenze ambientate in ospedale. La pellicola non supera i confini di Palermo, negli anni Ottanta viene diffusa da qualche televisione locale, le sole copie disponibili sono in mano a quei pochi fortunati che decidono di registrarlo per tramandarlo ai posteri. Adesso gode di una nuova versione televisiva, quindi lo possiamo apprezzare in tutta la sua pochezza. Franchi e Ingrassia tornano a lavorare in coppia dopo molti anni di separazione, anche se fanno insieme alcune trasmissioni televisive, ma non è questa la pellicola del possibile rilancio.
Tutt’altro, è il film, che – per colpa dei guai giudiziari del boss mafioso -, comporta un coinvolgimento di Franco Franchi nell’inchiesta penale. Il comico è assolto con formula piena, ma finisce la brutta avventura distrutto nel fisico e nel morale, segnato per il resto della vita da un’esperienza sconvolgente. Il ventisettenne Giuseppe Greco debutta come attore e sceneggiatore, è addirittura protagonista, in un ruolo che non riesce a reggere. Greco è un giovane medico innamorato di Silvia Dionisio, che per amore manda all’aria gli imbrogli dello zio primario (Montagnani) e del suo degno compare, l’onorevole Mazzetta (Bracardi). Giuseppe Greco inizia e termina con questo film la sua (fortunatamente) breve carriera di attore.
Ridicola la scena in cui porta a pranzo la Dionisio che ordina cibi costosissimi e lui si contenta dei grissini perché non ha abbastanza denaro. Interpretata da un vero attore comico potrebbe anche funzionare, pur essendo una situazione sfruttata ad infinitum, non certo con la presenza del giovane figlio del boss. Giuseppe Greco non fa carriera come attore, ma il film gli cambia la vita, perché cominciano una serie di guai giudiziari che lo portano come imputato al maxiprocesso contro la mafia, accusato di riciclaggio, perché vengono trovate alcune magliette con la scritta Crema, cioccolato e pa…prika nel covo di un mafioso.
Il sospetto è che i soldi investiti da suo padre nel film siano stati utilizzati per riciclarli in un circuito legale. Un altro elemento di accusa è una Mercedes di proprietà del mafioso Nino Salvo che Giuseppe Greco ammette di aver utilizzato per alcune scene del film. “Ho conosciuto Nino Salvo per chiedere in prestito la sua auto, che a Roma noleggiavano per un milione al giorno. Volevamo risparmiare qualcosa sulle spese di produzione”, confessa Greco al maxiprocesso, il 7 maggio 1986. La Mercedes incriminata si nota in alcune sequenze della pellicola, in primo piano quando il giovane dottore si presenta a Silvia Dionisio per fare colpo a bordo del fiammante macchinone.
I giudici approfondiscono il rapporto esistente tra Giuseppe Greco e il mafioso Nino Salvo, insieme al cugino Ignazio vero padrone della Sicilia. In ogni caso Giuseppe Greco è coinvolto come imputato nel maxiprocesso solo per colpa del cognome, ma alla fine viene assolto, risultando del tutto estraneo alle vicende di cosa nostra. In data 8 novembre 1987, invece, Don Michele – detto Il Papa – è condannato a diversi ergastoli, dopo diciotto mesi di processo. “Michele Greco è stato rovinato dal suo amore per il cinema. Se non avesse prodotto questo film e non si fosse impelagato anche in una campagna pubblicitaria, avremmo trovato meno agganci e forse non sarebbe stato nemmeno arrestato”, confida il magistrato Giuseppe Di Lello.
Marco Giusti definisce il film stracult, parafrasando il titolo del suo libro-trasmissione, ma è uno stracult al negativo perché la pellicola è un vero e proprio disastro. Giuseppe Greco tornerà al cinema dieci anni dopo come regista di un genere che Giusti definisce giovanil-gangsteristico, ma la sua presenza nel panorama italiano è più che dimenticabile. Usa lo pseudonimo di Giorgio Castellani, adottando il cognome della madre per ragioni cinematografiche, in assonanza con Renato Castellani.
La sua filmografia si limita a Crema, cioccolata e pa… prika (1981, attore), Vite perdute (1992) e I Grimaldi (1997), come regista. Caustico Paolo Mereghetti, che concede una stella: “La clinica del professor Osvaldo (Montagnani), popolata di pazienti sospetti come Matteo e Ossobuco (Franchi e Ingrassia), è in realtà una copertura per attività illecite. Un valido esempio della peggior comicità casereccia”. Pino Farinotti conferma il giudizio negativo: “Il film, inquadrato nella peggiore tradizione della commedia porcellona, si trascina stancamente tra tante situazioni scontate”.