“Cuore nero” di Silvia Avallone, un romanzo che sembra convincere poco

Articolo di Gordiano Lupi

Va bene, lasciamo stare l’egocentrismo di chi mette la propria foto a tutta pagina in copertina, si sa che viviamo il tempo delle influencer e se hai un aspetto gradevole il prodotto lo vendi bene, parliamo invece del romanzo e di tutti i critici che ne hanno parlato come di un’opera matura e consapevole. Silvia Avallone e il suo incontro con il male, con la storia di Emilia che ha commesso un crimine atroce e se ne va in un paesino come Sassaia – dove non c’è internet né televisione – a espiare. Non si può dire che cosa la ragazza abbia commesso, perché l’autrice lo rivela quasi alla fine del romanzo, ma anticipo che è stata reclusa nel carcere femminile di Bologna e che cerca di dimenticare le sue colpe nel borgo montano abitato da pochissime persone, dove nessuno si ricorda di lei. Non solo, s’innamora di Bruno, un altro disgraziato come lei, che da bambino ha visto morire i genitori per lo schianto di una teleferica, salvandosi per un caso voluto dal destino insieme alla sorella. Incontro di due solitudini, dice il recensore prezzolato di cui non voglio ricordare neppure il nome, dramma interiore che l’autrice fa vivere con abilità nel suo romanzo più maturo. Ora, badate bene, di maturo in questo romanzo non c’è niente, soprattutto lo stile, involuto e dilettantesco, a base di salti temporali e di buschi cambiamenti di soggettiva come in certi film italiani contemporanei. Vengo dalla lettura di Murakami (L’assassinio del commendatore), terminato il primo volume ho sospeso il secondo per dedicarmi a questa soap-opera di provincia, il cui spessore culturale è una via di mezzo tra i vecchi romanzetti Harmony e una puntata de La vita in diretta. Un’amicizia credevo che fosse il punto più basso mai raggiunto dalla narrativa italiana contemporanea, Cuore nero è persino peggiore, perché pretenzioso, invece resta solo un approfondimento delle tematiche adolescenziali tanto care a Silvia Avallone, definibili come poetica della canna e dello scazzo. Si passa, senza soluzione di continuità, da un amore adulto vissuto tra i boschi di Sassaia ai ricordi di scuola e di amicizia, alle crisi di un’età difficile, al bullismo, alla ragazzina che si taglia e non mangia … A chi può interessare un simile romanzo? Quale sarà mai il pubblico di riferimento? Forse gli adolescenti che non leggono … quindi per chi scrive Silvia Avallone? Il suo pubblico non è certo intellettuale, non possono essere lettori di vera narrativa, abituati a scrittura di ben altro spessore. Ma i suoi libri vendono e lei è considerata letteratura. Se Cuore nero è letteratura stiamo davvero messi male, perché i personaggi non hanno spessore psicologico, i dialoghi sono risibili, le situazioni paradossali, in certi momenti che vorrebbero essere drammatici viene solo da ridere per quanto la scrittura è ridondante e retorica. Cose come anche io venivo da una famiglia abbiente e avevo avuto il motorino figo, una bella casa, l’iscrizione in palestra e ogni vizio soddisfatto da papino, oppure ci ficcavamo le dita in bocca, chi sapeva fischiare, e gli gridavamo A bono! Che pacco c’hai? Sei superdotato?. Questo romanzo è talmente sciatto e superficiale nella scrittura che basta aprirlo a caso per trovare perle come Pelo di carota, A te chi ti scopa, Asse da stiro, La povera orfana, La sottosviluppata, desunte dal gergo adolescenziale di due amiche molto diverse, ma che vanno in giro insieme, non sappiamo il motivo. Periodi spezzati, frasi brevissime, letteratura a un punto di non ritorno: Eppure si era sentita lo stesso sporca, sporcata. Come se con quel disegno a seno nudo pagato ventimila lire quei due avessero rubato loro qualcosa, qualcosa di intimo, di importante. Era stato un pomeriggio schifoso, nauseante. Che Emilia aveva rimosso per anni. Venti euro per 360 pagine di niente non è poco, quando le stesse banali considerazioni sull’amicizia e sull’amore si possono trovare in qualsiasi vecchia opera di Carolina Invernizio, autrice molto più letteraria di questo fenomeno da baraccone inventato dai manager Rizzoli. Badate bene, non provo alcun risentimento nei confronti dell’autrice (che fa il suo mestiere) e dell’editore (che vende l’aria a prezzi altissimi), il mio malumore si riversa sugli pseudo critici che per tenersi buono un editore importante incensano un romanzo mediocre. Mi viene a mente la scena di Caro Diario con Nanni Moretti al capezzale di un recensore intento a leggere ad alta voce tutte le cazzate che ha scritto, mentre il giornalista si rivolta sul letto tra atroci dolori e chiede perdono. Cuore nero si candida a diventare film prima possibile, vista la pochezza del cinema italiano, per l’occasione opzionerei come regista Mordini e farei scrivere la sceneggiatura a Silvia Avallone, soprattutto i dialoghi, almeno ridiamo. Non vi fate convincere a leggere questo romanzo, spendete meglio il vostro denaro, non fate come me che (per poter essere sincero quando scrivo) me lo sono comprato.

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