In questo libro dal titolo “Da un Poemetto alla Luna. I fiori di Gelsomino” l’autrice Adriana Deminicis prende l’avvio dalla considerazione dell’atteggiamento umano consistente nella diffidenza verso il suo simile, nella chiusura, che lo porta ad innalzare muri, a chiudere frontiere. L’autrice lamenta anche nei propri riguardi la incomprensione che trova nel condividere i suoi pensieri, e la conseguente emarginazione da parte degli altri. Ella disapprova pure l’educazione a norme rigide, con pregiudizi che rendono sordi agli aneliti di limpidezza, di magnanimità, di lungimiranza. Questa atmosfera pesante ha provocato in lei quasi una malattia sentendosi emarginata, malattia da cui si augura la guarigione.
Auspica dunque un cambiamento nella visione delle cose e nel comportamento degli uomini tra di loro, che è improntato appunto oggi ad individualismo, indifferenza, incomprensione.
Con sorpresa allora sono proprio le piante o la contemplazione del cielo a ispirare pensieri e sentimenti che aprono alla speranza: «…la Luna alla Sera risveglia in me antiche miscellanze, / anche il profumo dei fiori, / anche le meravigliose piante con il loro cuore / così delicato e attento mi vengono a parlare, / mi fanno sentire la loro calda presenza, / rassicurante, un cibo che nutre / e rende lieti di speranza…» (Frammenti di esistere).
Ed è da qui che la poetessa intravede un miglioramento: «…presto arriverà il cambiamento / … simbolo massimo / di Libertà e di Armonia / con l’Amore a guidar la rotta» (ivi). Allora è la Luna e il fiore del Gelsomino in particolare che suscitano in lei una sequela di pensieri e di ispirazioni. «… / Luna argentea così buona e amica /…/ il mio pensier si eleva immenso / raggiunge vette elevate dove la Luce Bianca / di guarigione non è mai stanca…» (La Luna e la Vita, Venere e l’Amore). Così comincia a «…nutrir un pensiero di cambiamento, / non più soggetto a limiti, / mi liberavo di una memoria fatta di impedimenti, / pregiudizi…le mie affermazioni / cominciavano ad andare verso luoghi fioriti…» (ivi).
Ecco i fiori. Ecco il gelsomino. Alla luna, da lei chiamata «la Regina della Luce», si affianca il gelsomino che «…alla Sera veniva a profumare / il Viale» e che «…simboleggiava un amore Eterno, / che si faceva sentire…/ per onorare tutti quegli sguardi / che da tempo avevano cercato un Amore vero» (Il Gelsomino alla Sera veniva a profumare il Viale).
Luna e Gelsomino allora li possiamo pensare come il simbolo, la Luna della Luce, ovvero della Verità, della Giustizia, invece il Gelsomino come il sentimento che può scorrere come fluido a unire gli uomini, e cioè l’Amore. Solo così la felicità potrà brillare negli occhi di tutti. Luna: «Saggezza Eterna, Intelligenza che viene ad illuminare» (Luna).
Inoltre Adriana Deminicis nella contemplazione della luna e nel godimento del profumo del gelsomino, sente una immedesimazione di sé con l’Universo. «…tutto di me era presente nell’Universo, / tutto dell’Universo mi accompagnava…» (Poesia d’Amore. La Luna Rossa). È il microcosmo che si fonde col macrocosmo. Del resto tutti gli elementi sono sia nell’uomo che nell’Universo. Sono costituiti della stessa sostanza. Il pensiero dell’autrice ora spazia nel tutto.
E il Tutto, che è l’Universo, è ricco di Amore: «… C’è tanto Amore nell’Universo, / … l’Amore ha radici profondissime, / ogni rosa che nasce ne rappresenta il Simbolo, / simbolo lieto di un Amore senza fine…» (Guardavo il Cielo).
È un’opera deliziosa questo “Poemetto alla Luna. II fiori di Gelsomino” di Adriana Deminicis, un’opera che quasi ci fa sentire la freschezza delle piante, il profumo dei fiori, ci mette in comunicazione con la natura e con l’Universo intero. Un’opera di ampio respiro che esprime l’anelito a distaccarsi dal mondo dove domina il male che altro non è se non la mancanza di amore. E l’amore lo possiamo attingere alla Luna, al Gelsomino. Presenze stupende che esprimono purezza anche con il loro biancore.
Dal mondo caotico e malvagio la poetessa trova uno spiraglio di speranza: un mondo di amore cui la natura ci introduce.
Si avverte anche in questo anelito alla vita senza più tristezza, senza più affanni, quasi il presagio della vita futura, dell’aldilà. Forse è insito nella natura umana il concetto del Paradiso, dove sarà asciugata ogni lacrima, dove non ci sarà più né pianto né dolore, ma solo luce, amore e felicità.
Maria Elena Mignosi Picone