Mary Harron è una regista britannica, autrice di American Psycho, che non realizza mai prodotti cinematografici didascalici e tranquillizzanti, quindi non c’era da attendersi che la sua biografia terminale di Salvator Dalí fosse agiografica o tradizionale. La regista si pone sotto l’angolo di osservazione di un giovane allievo del grande pittore e racconta gli ultimi anni di un genio insicuro, succube di una moglie ninfomane, innamorata persa di un giovane cantante. Il film narra la vita (con l’accorgimento di alcuni flashback) di un uomo pieno di insicurezze, ipocondriaco, dedito al vizio e che si circonda di acerbe bellezze femminili. Daliland è ambientato a New York per la parte della mostra nordamericana che fallisce per la disattenzione dei critici più importanti, quindi l’azione passa a Parigi e in Spagna, anche se gran parte delle scene cittadine sono girate a Liverpool. Daliland è il mondo perverso che circonda l’artista, una terra di nessuno dove per avvicinarsi devi far parte del circo e il protagonista ci riesce, fino in fondo, quando si reca da Dalì in ospedale, dopo l’incendio che lo vede ustionato nella sua residenza. Il film è girato benissimo, fotografato con cura da Marcel Zyskind, ben sceneggiato da John C. Walsh, con alcune sequenze in flashback che ricordano il Bergman de Il posto delle fragole, quando fuori campo vediamo i protagonisti della storia che osservano il passato. Il film presenta un Dalí crepuscolare e decadente calato in una realtà di fine anni Settanta, fino alla morte, con una ricostruzione di ambienti e di un mondo perverso davvero certosina. Ben Kingsley è perfetto come Salvator Dalí, truccato a dovere ricorda l’artista in modo eccellente, oltre a definire la sua personalità con una recitazione marcata, molto sopra le righe. Gala – la moglie tanto amata e musa assoluta fino agli ultimi giorni – è la cantante tedesca Barbara Sukowa, ottima attrice con registi importanti (Fassbinder, Von Trotta …) che anche in questo ruolo complesso se la cava a dovere. Nel film troviamo anche Amanda Lear, per alcuni anni musa del pittore (colpito dalla sua androginia), prima di diventare diva del pop, impersonata dalla modella bosniaca Andreja Pejic. Il filo conduttore della storia è rappresentato dal giovane James (San Sebastiano, per il pittore che chiamava così tutti i ragazzi che lo circondavano) – lo statunitense Christopher Thomas Briney – accolto alla corte di Dalì per uscirne solo quando cerca di proteggere il pittore da una moglie che lo tradisce e dissipa i suoi averi, regalando i suoi quadri a un amante ingordo. Presentato al Toronto Film Festival, in Italia si è visto solo nel 2023, in poche sale, soprattutto quelle del cinema d’autore e nel circuito FICE.
Regia: Mary Harron. Soggetto e Sceneggiatura: John C. Walsh. Fotografia: Marcel Zyskind. Montaggio: Alex Mackie. Musiche: Edmund Butt. Scenografia: Isona Rigau, Tanya Bowd. Costumi: Hanna Edwards. Case di Produzione: Magnolia Pictures, Pressman Film. Distribuzione (Italia): Plaion Pictures. Paese di Produzione: USA, 2022. Genere: Biografico, Drammatico. Interpreti: Ben Kingsley (Salvador Dalí), Barbara Sukowa (Gala), Ezra Miller (Dalí giovane), Chistopher Briney (James), Rupert GRaves (Cap. Moore), Andreja Pejic (Amanda Lear), Alexandre Beyer (Christoffe), Marc McKenna (Alice Cooper), Zachary Nachbar-Seckel (Jeff Fenholt), Avital Lvova (Gala giovane), Suki Waterhouse (Ginesta).