Dalle marce di Greta ai disastri ambientali di un pianeta da salvare

Articolo di C. Alessandro Mauceri

Mentre i giovani ambientalisti guidati dalla piccola (anche se ormai maggiorenne) Greta invadono gli schermi delle televisioni, dall’altro lato del pianeta si stanno verificando disastri ambientali terrificanti. Al largo delle coste della California, devastata da incendi indomabili, la rottura di un oleodotto sottomarino sta causando danni inimmaginabili. Il petrolio sversato ha coperto un’area di costa lunga circa dieci chilometri tra il molo di Huntington Beach e Newport Beach. Le autorità hanno esortato la popolazione a “stare lontano dalla spiaggia ed evitare qualsiasi contatto con aree contaminate a causa della tossicità”. Ma i danni per l’ambiente sono incalcolabili: le spiagge si sono riempite dei cadaveri di uccelli e pesci morti. Gli uccelli, inzuppati di olio, hanno lottato per prendere il volo mentre le lontre marine si agitavano nell’acqua. Giorno dopo giorno, a loro si sono aggiunti i delfini morti e altre forme di vita marina si sono riversati sulle spiagge seguendo la marea nera. Una marea che a causa della densità dell’acqua ha reso le onde silenziose mentre si schianta-vano a riva. Kim Carr, sindaco di Huntington Beach, ha detto che si tratta di “un potenziale disastro ecologico”.

In realtà quello dei giorni scorsi è solo un disastro annunciato: l’industria petrolifera e del gas della California è stata fondamentale per oltre un secolo. Nel XX secolo, con la scoperta di nuovi campi di trivellazione intorno a Los Angeles e nella San Joaquin Valleye (e con l’aumento della domanda di benzina per alimentare automobili e camion), il mercato è esploso. Nel 1914, la California copriva il 38% dell’offerta nazionale. Una produzione che è cresciuta senza seota fino ai giorni nostri. A questa si è aggiunta la produzione offshore di petrolio e gas al largo delle coste californiane. Recentemente una moratoria permanente su nuovi leasing offshore di petrolio e gas sia in California che nelle acque federali ha frenato un po’ questa crescita. Restrizioni imposte dopo la fuoriuscita di petrolio di Santa Barbara del 1969.

Ora un nuovo sversamento dall’oleodotto al largo della costa della California meridionale ha vomitato più di 100.000 galloni di petrolio nell’Oceano Pacifico. Nelle ultime ore, la quantità di petrolio sembra essersi ridotta, ma nonostante il lavoro dei subacquei che hanno ispezionato l’oleodotto di 17 miglia, non è stata ancora trovato il punto e la causa esatta della perdita. “Stiamo ancora valutando di cercare la fonte e capire”, ha detto Eric Laughlin, portavoce del California Department of Fish and Wildlife, in una conferenza stampa. “Non sembra che ci siano ulteriori perdite di carburante, ma stiamo ancora lavorando per identificarlo”.

“Quattordici barche hanno condotto operazioni di recupero del petrolio domenica pomeriggio”, ha detto la Guardia Costiera. “Quattro aerei sono stati inviati per le valutazioni di sorvolo. La risposta a Terra è stata condotta da 105 membri del personale dell’agenzia governativa”. Il danno potrebbe estendersi alla zona di riserva: “Il petrolio si è infiltrato in tutta la zona umida (Talbert). Ci sono impatti significativi sulla fauna selvatica lì” dove diverse associazioni avevano lottato per decenni per salvaguardare un bellissimo habitat naturale. Ora, in un solo giorno, è completamente distrutto. “Anche quando una lucentezza oleosa potrebbe non essere visibile, i contaminanti dell’olio dispersi e disciolti possono esistere nell’acqua”, ha detto il Dr. Clayton Chau, funzionario sanitario della contea.

L’oleodotto che ha causato il disastro sarebbe di proprietà della compagnia petrolifera e del gas Amplify Energy che ha sede a Houston. La società ha informato la Guardia Costiera sabato mattina quando i dipendenti stavano conducendo un’ispezione di linea e hanno notato una lucentezza nell’acqua, ha detto il suo presidente e CEO Martyn Willsher in una conferenza stampa domenica pomeriggio. “I nostri dipendenti vivono e lavorano in queste comunità, e siamo tutti profondamente colpiti e preoccupati per l’impatto non solo sull’ambiente, ma anche sui pesci e sulla fauna selva-tica”, ha affermato. “Faremo tutto ciò che è in nostro potere per garantire che questo venga recuperato il più rapidamente possibile, e non lo faremo fino a quando questo non sarà concluso”.

Resta da capire quando i governi decideranno di fare qualcosa di concreto (oltre a dialogare sorri-denti con le ragazzine ambientaliste) per porre fine a tutto questo.

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