L’espressione la «letteratura come vita» (si legga e confronta il saggio pubblicato nel 1938 dal professore e critico letterario Carlo Bo) definisce la produzione letteraria come la strada più completa per la conoscenza di noi stessi e per dare vita alla nostra coscienza. Il «percorso dell’esistenza umana» è segnato da domande: «chi sono?» «da dove vengo e dove vado?» Interrogativi questi che segnano il mito, la poesia da Omero, la stessa «Storia» narrata da Erodoto e la sublime tragedia greca (Eschilo, Sofocle, Euripide). Tutti gli uomini, per natura, aspiriamo alla «conoscenza» come sostiene Aristotele (Poetica, IV 1448b 4-20) come canta Dante (considerate la vostra semenza:/ fatti non foste a viver come bruti ,/ ma per seguir virtute e canoscenza) come ri-afferma Leonardo da Vinci. Le domande e gli interrogativi dell’esistenza umana sono anche scolpite/i nel frontone del tempio di Apollo a Delfi (γνῶϑι σεαυτόν / nosce te ipsum) e segnano lo spazio della tela di Paul Gaugin «Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?» (1897).
La poesia (dal greco ποίησις, poiesis, «creazione») è una via del conoscere. I miti, l’Odissea, l’Iliade, la Bibbia, la Divina Commedia sono state, sono la fonte, l’«alfabeto», la tavolozza da dove i pittori hanno intinto i loro pennelli per dare vita alle loro creazioni, alle loro «poesie»,
In quest’anno dantesco nel quale celebriamo i settecento anni dalla morte di Dante (13/14 settembre 1321) e dopo due interviste (https://www.ilsaltodellaquaglia.com/2021/02/02/come-dante-puo-aiutarci-a-vivere/ e https://www.ilsaltodellaquaglia.com/2021/02/16/dante-secondo-il-professore-nicolo-mineo/) dal chiaro sapore «letterario» vogliamo anche sottolineare la luce, i colori della straordinaria capacità creativa del Sommo Poeta dando la parola ad un caro amico ed ad un talentuoso pittore contemporaneo e promotore di arti visive: Massimiliano Ferragina (https://ferraginart.onweb.it/).
L’incommensurabile valore della Commedia di Dante ri-luce anche nella storia dell’arte: dalle prime illustrazioni che accompagnano i primi manoscritti a Botticelli, Ingres, Delacroix, Dorè, Dalì ecc.
L’espressione artistica di Massimiliano Ferragina è un «dono» irrobustito dal «volume» del suo percorso accademico (Baccalaureato in Filosofia e Teologia, Licenza in Teologia Pastorale alla Pontificia Università Lateranense) e da tre formative esperienze d’artista a Parigi (2005), Dublino (2011) e Copenaghen (2012). Esordisce in Italia nel gennaio 2012, con la partecipazione in catalogo del premio Open Art, presso le sale del Bramante a piazza del Popolo (RM). Massimiliano Ferragina è, anche, l’ideatore della pittura emozionale biblica. Le sue creazioni artistiche hanno per protagonista il «mondo interiore».
D.: Professore Massimiliano Ferragina, può raccontarci a quando risale il suo primo incontro con Dante? Come e cosa ricorda?
R.: È una domanda bellissima alla quale rispondere. Il mio incontro con Dante è avvenuto come la maggior parte dei giovani studenti italiani a scuola. Ricordo precisamente, terzo anno delle scuole superiori, professoressa straordinaria, amava Dante e ha fatto innamorare tutti noi. Si appassionava così tanto che ci faceva viaggiare con l’immaginazione, ricordo le illustrazioni sul testo che usavamo per studiare la Divina Commedia, mi sembravano vere, quasi si muovessero i gironi, camminassero i personaggi, sentivo le urla dei dannati, i dialoghi danteschi, i passi, le cadute, insomma è stato un incontro che non si dimentica facilmente. Devo tutto l’amore per Dante a questa professoressa dal nome particolare, Sigismonda, lei stessa era un personaggio narrativo. La ringrazio di cuore. Dopo la maturità, prima di iniziare gli studi filosofici sono andato in pellegrinaggio a Ravenna sulla tomba del sommo poeta.
D.: Quale rima, terzina o frase dantesca ha guidato e guida il tuo quotidiano lavoro di docente e studioso teso all’insegnamento e a dare vita a creazioni artistiche?
R.: Questa invece è una domanda difficile, c’è da perdersi tra i versi, rime, terzine, scegliere una di queste significa rinunciare a tutte le altre, come si fa? Ogni parola, verbo, nome, immagine nasconde una miriade di rimandi, di insegnamenti, significati… mi trovo in difficoltà, se proprio devo, credo che il passo che più mi rappresenta, mi guida, mi accompagna sia contenuto nel XX capitolo della Vita Nova, un sonetto meraviglioso per il potere di sintesi, di dire tutto con poco – «Amore e ‘l cor gentil sono una cosa» l’Amore e il cuore nobile sono una cosa sola, l’uno non può stare senza l’altro. Non voglio certamente fare una parafrasi ma queste parole le sento mie, soprattutto in un tempo come il nostro, dove la bruttezza è considerata bellezza, la volgarità è dilagante, la violenza imperante è quasi virtuosa, segno di affermazione. In questo decadimento Dante con queste poche parole è profeta di vita, parla di amore, di amanti, di donne che amano, di uomini nobili, di relazioni che elevano e possono ambire al cielo. Confido una cosa. Inizio sempre il mio anno scolastico, quando mi presento agli studenti, con questa frase, l’effetto su di loro è assicurato perché ancora nei giovani c’è speranza di futuro, basta indicargli la direzione, Dante aiuta.
D.: La figura di Dante come uomo e letterato è davvero piena e completa: un politico, un poeta e scrittore, un esule con prole al seguito, un condannato a morte sempre alla ricerca della giustizia. Cosa quest’uomo oggi può davvero insegnare? Ovvero quale «segno» nella vita dei giovani e dei meno giovani può porre?
R.: In un certo senso ho già risposto nella domanda precedente. Dante è un personaggio «figo» direbbero i miei studenti. Ha lottato a suon di bellezza, cultura, poesia, ecco le sue armi, ha lottato per difendere e diffondere ciò in cui credeva. Dante è dentro ogni giovane che è capace di sognare. Dante è attuale, col suo sapere ha dato sapore alla sua generazione e a quelle future. Il «segno» che lo studio, la conoscenza dei suoi scritti, l’amicizia con la sua figura, può lasciare nella vita di tutti noi è che solo lavorando su noi stessi, cercando sempre il Bene, il Bello, il Vero diventiamo veramente umani. Dante ci insegna che la piramide dei valori non può essere ribaltata e che inseguire la Virtù non è fuori moda, anzi!