Dante secondo il Professore Nicolò Mineo

Articolo di Pietro Salvatore Reina

«Tempo di Dante quest’anno!» Con questa esclamazione forte come una massima inizia l’incontro-intervista con il professore Nicolò Mineo. Professore ordinario di Letteratura italiana nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Catania dall’anno accademico 1980-81 all’a.a. 2007-2008. Dall’a. a. 1999/2000 all’a. a. 2004/2005, per due mandati, è stato Preside della Facoltà di Lettere.

Con il professore Mineo il dia-logo prende le mosse dai ricordi delle lezioni di Filologia e critica dantesca che ho frequentato da studente a metà anni Novanta. Iniziavano – lo ricordavamo entrambi – alle ore otto della mattina. Eravamo in dodici studenti al «lungo tavolo» della stanza del professore. Sul tavolo la Commedia ed il nostro viaggio poteva avere inizio alla ricerca di figure retoriche, sui passi del profetismo e dell’allegoria. Ancora oggi il professore Mineo ricorda come i «pochi giovanotti» presenti eravamo «seduti in fondo vicino al tavolo vicino la porta».

«Tempo di Dante quest’anno!» Certo il 2020 e il 2021 saranno ricordati nel mondo come tempo del covid-19. Mi auguro – aggiunge il professore – che non siano associati questo e Dante. Sarebbe l’ennesima sventura del nostro poeta. E non si può non ricordare che il 12 settembre 1921, in voluta coincidenza con le celebrazioni del sesto centenario della morte, si radunarono a Ravenna tremila squadristi per un’azione dimostrativa, procedendo a devastazioni e aggressioni. Dante è uno dei maggiori poeti che il mondo abbia avuto. La sua esperienza umana è stata – racconta il dantista Mineo – tra le più drammatiche e la sua poesia ne è una vertiginosa sublimazione. Alla drammatica esperienza dell’esilio negli anni della vita terrena Dante risponde con la ispirata certezza di un riscatto nell’eternità.

Anche questo articolo, come il precedente, https://www.ilsaltodellaquaglia.com/2021/02/02/come-dante-puo-aiutarci-a-vivere/, vuol essere un «viaggio» alla scoperta di «come» e «cosa» un autore come Dante Alighieri segna la vita e la missione educativa di chi per passione e vocazione lo in-segna da anni ma soprattutto lo indica come un metodo di conoscenza edificante e salvifico.

Il professore Nicolò Mineo dagli anni scolastici 1958-59 agli anni 1968-69 dapprima come docente di Lettere italiane e latine nei Licei classici e poi come Professore ordinario di Letteratura italiana ha indicato a migliaia di studenti in Dante il «padre della lingua italiana», un esempio e modello di eroismo e di cristiana testimonianza.

D.: La figura di Dante come uomo e letterato è davvero piena e completa: un politico, un poeta e scrittore, un esule con prole al seguito, un condannato a morte sempre alla ricerca della giustizia. Cosa quest’uomo oggi può davvero insegnare? Ovvero quale segno nella vita dei giovani e dei meno giovani può porre?

R.: Con l’ideazione della Commedia Dante – osserva con acume il critico letterario – trovò il modo più idoneo per ridarsi una funzione come intellettuale e per trasmettere un messaggio che fosse una denuncia e un’ammonizione e una promessa ai contemporanei nel pieno di una condizione storica che appunto giudicava di profondo decadimento e di crisi radicale. Egli guardava alla realtà soprattutto secondo una prospettiva religiosa, politica e morale e secondo questa perciò registrava la situazione di crisi e la giudicava. La situazione storica contemporanea era tale, secondo lui, da minacciare la salvezza ultima di ogni cristiano. Per il suo tipo di cultura e mentalità, era indotto a interpretare i cambiamenti economico-sociali e politici del suo tempo come fatti contrari all’ordine necessario delle cose, come effetto dello scatenamento della brama di ricchezza e di potere, come segno di una crisi epocale nella storia della cristianità. Anzi, in sintonia con le interpretazioni derivate dal pensiero di Gioacchino da Fiore, riconosceva in quei fatti i fenomeni tipici di una transizione storica di tipo escatologico-apocalittico, li interpretava cioè come eventi tipici dell’approssimarsi dei cambiamenti radicali previsti dalle profezie dell’Apocalisse.

Ma Dante attraverso la sua opera offre una perennità di lezione e di suggestione, di valori come la pacifica e amorosa convivenza umana, la felicità di un’esistenza non attanagliata dall’ansia del successo ad ogni costo ed equilibrata dalla ragione, la gioia del conoscere, la nobiltà di una vita liberata dalla cieca passionalità, la sicurezza di una giustizia immancabile, giusta anche nella clemenza, la certezza di un’armonia e una rispondenza tra azione e valori, fatti e ideali o umano e sovraumano. In tutto questo è l’attualità di Dante.

D.: Può raccontarci, professore, a quando risale il suo primo incontro con Dante? Quale rima, terzina o frase dantesca ha guidato e guida il suo quotidiano lavoro di docente e studioso?

R.: Da ragazzo – Dante mi accompagna dal Ginnasio – ero stato colpito dal verso di Purgatorio XII: «pensa che questo dì mai non raggiorna».

Il sommo poeta ha costruito la propria biografia come materiale di scrittura, come esempio straordinario d’azione, di vita, di profetismo, di pace, di eternità. Le parole del professore Mineo hanno ancora una volta a distanza d’anni segnato la mia coscienza e conoscenza di studioso e lettore del sommo poeta Dante. «Tempo di Dante quest’anno!» Grazie professore Mineo per la sua appassionata lezione lunga quanto una vita.

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