Nel 1986 Aristide Massaccesi gira con il nome di Dario Donati Delizia con protagonista Tinì Cansino, l’altra stella insieme a Eva Grimaldi del programma tv di culto Drive In. Insieme a lei ci sono Luca Giordana, Giorgio Pietrangeli, Adriana Russo, Valerio Castellano, Maurizio Marchisio, Pippo Cairelli, Antonio Zequila, Stefania Miniucchi, Donatella Clarizio e Gina Poli. Soggetto di Riccardo Ghione, sceneggiatura dello stesso Ghione con la collaborazione di Elena Dreoni. Musiche di Guido Anelli e Stefano Mainetti. A parte Vado al massimo di Vasco Rossi, che uno dei protagonisti canticchia, durante il film ascoltiamo: Farfrom you e Delight cantate da Mike Turner (sono di Mainetti e Anelli) e My father (di Bonanni e Tovoli) eseguita dai Garçones Fatales. Scenografie e costumi di Valeria Valenza. Direttore della fotografia è Massaccesi che firma pure il montaggio. Direttore di produzione è la moglie Donatella Donati. Il film è girato a Terni ed è prodotto da Filmirage con la collaborazione di Rete Italia. Infatti doveva essere un erotico soft da far passare in televisione. Fu un fiasco completo e infatti si tratta di un pessimo film, uno dei peggiori in assoluto tra quelli girati da Massaccesi. Può piacere soltanto a un fan sfegatato di Tinì Cansino che come attrice dire che vale poco non rende l’idea. La trama si racconta in due parole tanto è banale e scontata. Delight (Delizia) è una fotomodella americana (Tinì Cansino) chiamata in Italia per ritirare un’eredità, che consiste in castello da vendere prima che lei rientri in America. Conosce i due cugini (uno yuppie e un paninaro) e ha una breve storia d’amore con il paninaro. Alla fine torna in America con il fidanzato. Tutto qui. Il film si ricorda per una serie di esibizioni sotto la doccia e per le frequenti scene di nudo con protagonista la Cansino. Il tasso erotico è modesto, anche se un po’ di voyeurismo alla Massaccesi qua e là affiora e rivaluta le poche sequenze interessanti. Ricordiamo anche il tentativo di Massaccesi per assimilare e rendere al cinema il linguaggio artefatto da Drive In a base di espressioni gergali come: paninazzo, yuppies, placcato, arterioclerico, taroccato, troppo giusto, cuccare, schiaffazzo, trapanazione lingueale, sgomma, poppante e molte altre. La Cansino parla il suo italo-americano da sciroccata che all’epoca le procurò molti ammiratori, mostra primi piani generosi di petto e posteriore, recita il proverbiale: “Vuoi fare cucci cucci con me?” e conclude in bruttezza una pellicola mito del trash.
In questo periodo Aristide Massaccesi, insieme alla moglie Donatella Donati, apre la casa di produzione Filmirage. Accanto a lui c’è la troupe di sempre, soprattutto Luigi Montefiori, compagno d’avventura e sceneggiatore di molti film.
La Filmirage ha il merito di aver lanciato registi come Michele Soavi, Claudio Fragasso e anche Luigi Montefiori (pure se il successo è stato scarso) e di aver prodotto film horror italiani di qualità in un periodo storico non favorevole. Fu un tentativo di creare una factory dell’horror e del fantastico italiano che durò poco, ma per quel poco dette alcuni frutti interessanti. Tra le produzioni Filmirage (a parte i lavori diretti da Massaccesi) ricordiamo: Deliria di Michele Soavi (1987), Interzone di Deran Serafian (1987), Uccelli assassini (The killing birds) di Claudio Lattanzi (1987), La casa 3 di Umberto Lenzi (1988), Lacasa 4 di Fabrizio Laurenti (1989), Hitcher 2 – Hitcher in thedark di Umberto Lenzi (1989), Contamination Point 7 noto anche come Creepers di Fabrizio Laurenti (1989), D.N.A. formula letale di Luigi Montefiori (1990), Deep Blood di Raf Donato (1989), La casa 5 di Claudio Fragasso (1990), Trolls 2 di Claudio Fragasso (1990), Trolls 3 di Fabrizio Laurenti (1990), La stanza delle parole di Franco Mole (1991),Le porte del silenzio di Lucio Fulci (1991), The dark tale di Roberto Leoni (1991) e Favola crudele di Roberto Leoni (1992). Abbiamo citato soltanto le pellicole più importanti, ma le produzioni della Filmirage tra il 1987 e il 1991 rappresentano il meglio di ciò che è stato immesso sul mercato del cinema horror italiano. Dopo la chiusura della Fimirage le produzioni horror sono cominciate a scarseggiare. Resta da dire che per alcuni critici The killing birds (Uccelli assassini) (noto anche come Raptors) è da attribuire a Massaccesi che di sicuro ha realizzato il finale, la fotografia (come Fred Slonisko jr) e ha guidato il lavoro del giovane Claudio Lattanzi (si firmava Claude G. Milliken). Lui stesso in un’intervista a Nocturno conferma di aver realizzato gran parte del film. La pellicola vede tra i protagonisti Lara Wendel ed è uno zombie-movie che contamina il sottogenere delle case assassine. Gli interpreti principali sono Lara Wendel e Robert Vaughn. Il film è scritto e sceneggiato da Daniele Stroppa su soggetto di Claudio Lattanzi e Sheila Goldberg. Musiche di Carlo Maria Cordio, montaggio di Rosanna Landi, aiuto regista Antonio Bonifacio. Altri interpreti: Timothy W. Watt, Leslie Cummins, James Villemaire, Sal Maggiore jr, James Sutterfield e Lin Gathright. Vediamo la trama. In una casa della Louisiana un marine reduce dal Vietnam trova la moglie a letto con un altro. Fa una strage: uccide l’amante della moglie, la moglie stessa, i suoceri e salva soltanto il figlio. Da notare che le macabre uccisioni avvengono tra gabbie di uccelli e l’elemento fantastico è dato da un volatile che acceca orribilmente il marine. In seguito arrivano alla casa alcuni ragazzi studenti di ornitologia, sulle tracce del picchio dal becco d’avorio. Fanno visita a un signore cieco che è un esperto ornitologo e subito dopo il giovane Steve (Robert Vaughn) che comincia a vedere di tutto: un letto e un lavandino coperti di sangue, un cieco che vaga per la casa, le gabbie con gli uccelli di nuovo vivi, una donna con un bambino che pare una zombi, un’amica crocifissa… I giovani vengono decimati e solo Steve e una ragazza rimangono vivi (una viene uccisa sulla veranda degli uccelli e un altro muore bruciato vivo). Sopra un computer portatile appare la scritta: “Bentornato a casa Steve”. Gli uccelli compiono il loro dovere di morte. Il cieco in realtà è il padre di Steve, il marine che ha compiuto il massacro, e si sacrifica per salvare i due ragazzi. Viene ucciso in un finale da incubo da una torma di uccelli. È facile vedere nel film un’evidente ispirazione a Gli uccelli (1963), il capolavoro di Alfred Hitchcock, ma ci sono citazioni anche di Antropophagus dello stesso Massaccesi, quando un ragazzo viene afferrato e trascinato via in mezzo al sangue. Molte cose buone caratterizzano la pellicola, tra queste l’inizio choc tra eccessi splatter ed effetti speciali ben realizzati, ma pure una parte onirica tra morti sgozzati e porte che si aprono, zombie che vagano per una casa inquietante e uccelli che volano. Il maggior difetto è l’eccessiva lentezza di alcune parti caratterizzate da una colonna sonora romantica davvero inadeguata. Pure i personaggi non sono tratteggiati con grande spessore e spesso si rischia di cadere nel fumettistico. La pellicola si salva per la continua presenza di tensione e per il riuscito schema da slasher movie soprannaturale. Film girato negli USA, in Louisiana. Killing Birdsa nostro avviso è film di Massaccesi, perché si nota la sua mano di esperto contaminatore di generi e di regista di horror macabro e grandguignolesco.
D.N.A. formula letale di Luigi Montefiori è importante perché segna la fine del sodalizio artistico Eastman-D’Amato con un film dove entrambi vorrebbero imporre le loro idee. La storia è quella di un novello Mr. Hyde che si inietta un siero che lo trasforma in un essere orribile che uccide e spaventa la gente. Uno dei pochi esperimenti di regia realizzato dallo sceneggiatore e attore Luigi Montefiori. Il film si ispira a La mosca di David Cronenberg (1986) e non è certo una cosa memorabile.
Un’altra pellicola dove Massaccesi non si limita al ruolo di produttore ma dà una mano girandone una parte è Contamination point, secondo horror di Fabrizio Laurenti. Il film è inedito in Italia. Per non parlare di Deep Blood (Sangue negli abissi), un film del 1989 sugli squali assassini inedito in Italia (passato da qualche tv locale), girato da Massaccesi pure se viene attribuito a RafDonato. Lo ha confessato lo stesso regista durante un’intervista rilasciata a Nocturno e nel corso della pellicola documentario Joe D’Amato TotallyUncut di Roger Fratter. RafDonato era un collaboratore di Massaccesi ai tempi di Giubbe Rosse, uno che era stato assunto per fare l’interprete visto che sapeva bene l’inglese. Firmò Deep Blood perché Massaccesi aveva già fatto troppi film in quel periodo…
Tra le produzioni un posto particolare lo merita il ciclo di Caseapocrife negli anni in cui La Casa (Evil Dead) di Sam Raimi (1983) spopolava. Si tratta di film italiani camuffati con pseudonimi americani per attori e cast tecnico. La Casa 3 di Umberto Lenzi (Umphrey Humbert) è il migliore, pur realizzato con penuria di mezzi, colpisce lo spettatore grazie alle scene sinistre in cui appare il pupazzo insieme alla bambina e in sottofondo si ode una nenia infantile. Dopo il buon successo di questo film Massaccesi produce La casa 4 di Fabrizio Laurenti (Martin Newlin), lavoro meno riuscito ma pur sempre dignitoso. Da segnalare, come in Killing Birds, la presenza di Linda Blair, ex bambina indemoniata de L’Esorcista di William Friedkin (1973). Ci sono nella pellicola diverse scene scioccanti, su tutte ricordiamo la bocca di una donna cucita con grossi aghi e poi la sua orribile morte con la testa nella cappa di un camino. Infine La Casa 5 di Claudio Fragasso (Clyde Anderson), di sicuro il peggiore della serie anche per via una sceneggiatura confusa e poco originale. Lo splatter non manca, però.
Una delle produzioni più importanti resta Le porte del silenzio di Lucio Fulci, l’ultimo film del poeta del macabro. Si tratta di un lavoro anomalo nella sua produzione, anche perché non c’è una goccia di sangue. Il regista pare voler dimostrare che riesce a spaventare e a stupire soltanto creando un clima angoscioso. La pellicola crea un singolare sodalizio tra D’Amato e Fulci, due dei più grandi autori del cinema di genere italiano. La storia è girata in Louisiana e tra i protagonisti c’è anche John Savage.
Tralasciamo Deliria di Michele Soavi, su soggetto e sceneggiatura di Luigi Montefiori, oggetto di analisi accurata in un precedente lavoro su Michele Soavi (inedito, ma confluito nella mia Storia del Cinema Horror Italiano, volume 4).
Troll 2 di Claudio Fragasso e Troll 3 di Fabrizo Laurenti raccontano le vicissitudini di una famiglia americana tormentata da orrendi nanerottoli antropofagi. Non ebbero grande successo. Favola nera di Roberto Leoni (sceneggiatore alla prima prova da regista) è l’ultima produzione di Massaccesi ed esce soltanto nel mercato home video. Si tratta di un buon thriller presentato con le vesti di una fiaba.
Terminiamo l’analisi dell’erotico soft di Aristide Massaccesi con uno dei suoi più grandi successi: Elevendays, elevennights (Undici giorni, undici notti), datato 1987.
Il film, girato da Massaccesi come Joe D’Amato e fotografato come Federiko Slonisko, vede questo cast tecnico: Rossella Drudi (si firma Sarah Asproon) e Claudio Fragasso (Clyde Anderson) per soggetto e sceneggiatura, Piero Montanari per le musiche, Rosanna Landi (Kathleen Stratton) per il montaggio. Aiuto regista: Antonio Bonifacio. La produzione è Filmirage e la distribuzione Real Film. Interpreti: Jessica Moore (la Luciana Ottaviani vista all’opera ne La monaca nel peccato), Joshua Mc Donald, Mary Sellers, Tom Mojack, Laura Gemser (immancabile) e Antonio Bonifacio.
Nel 1986 esce Nove settimane mezzo di Adrian Lyne, interpretato dalla mitica coppia Mickey Rourke e Kim Basinger, ed era stato un successo mondiale di pubblico (meno entusiasta la critica). Massaccesi non può rinunciare all’idea di girare un remake a basso costo della pellicola. Ne viene fuori questo Elevendays, eleven nights, un film modesto che funziona in tutto il mondo e incassa miliardi. D’Amato, molto contento del gran successo commerciale, dichiara a Nocturno nel 1997: “In Inghilterra è stato un successo, tanto che comprarono pure TopModel e lo intitolarono Elevendays 2, poi hanno fatto Afternoon (per noi Pomeriggio caldo) e lo hanno intitolato Elevendays 3, infine il vero seguito lo hanno chiamato Elevendays 4. Insomma un gran casino!”.
Massaccesi è al di sotto dei suoi standard abituali e gira a New Orleans una pellicola che in molte scene ricalca pedissequamente le sequenze del famoso film di Lyne. La novità sta nel fatto che la figura dissoluta e priva di scrupoli è quella femminile, interpretata da Jessica Moore. Si susseguono situazioni che vedono l’uomo sottomesso a una figura dominante di donna perversa. L’erotismo è forte, ai limiti del porno e diverse sequenze sono memorabili. Tra tutte ricordiamo la scena del miele con la Ottaviani che lo spalma dappertutto e si mette a leccarlo scendendo sempre più in basso. Ma anche numerosi amplessi descritti con ricchezza di particolari, voyeurismo spinto, masturbazioni, rapporti in piedi quasi selvaggi. Luciana Ottaviani (Jessica Moore) interpreta la romanziera erotica Sarah Asproon(non a caso lo pseudonimo della sceneggiatrice) che ha come agente niente meno che Laura Gemser. Lo spunto della storia è un libro che Sarah Asproon deve ultimare: I miei cento uomini. Vuole il caso che alla scrittrice manchi proprio il centesimo per ultimare il romanzo verità. Conosce Michael e stabilisce con lui un patto erotico della durata di undici giorni e undici notti. Il finale ricorda ancora il film di Adrian Lyne, ma al contrario. L’uomo abbandona la donna perché non riesce più ad assecondarla nei suoi eccessi sessuali. Sarah però si era innamorata davvero.
In attesa della parte seconda di Eleven days, eleven night Massaccesi gira Top model (1988) con identico cast tecnico e artistico. Cambia soltanto qualche attore, ma ci sono ancora la Ottaviani e la Gemser. Ecco perché in Inghilterra lo presentarono come la seconda parte di Eleven days. Il film si connota per un erotismo molto più trattenuto che diventa una costante nei film di Massaccesi. Abbiamo la solita scrittrice Sarah Asproon che per scrivere un libro verità sulla prostituzione si improvvisa agente di squillo di lusso. Da notare la parte dove Sarah incontra Cliff (James Sutterfield), un ragazzo omosessuale in crisi che lei si occupa di ricondurre sulla retta via. Qualche anno dopo il giovane Pasqualino Fanetti girerà Top model 2, un sequel ancora più scadente dell’originale.
Dirty love (1989), noto anche come Un corpo da sfruttare, è un altro erotico soft di pura imitazione e questa volta il soggetto americano originale è Flashdance sempre di Adrian Lyne (1983). La regia viene firmata come Joe D’Amato, il soggetto e la sceneggiatura come Daniel Davis e la fotografia come Federiko Slonisko. Fa tutto lui in pratica. Montaggio di Kathleen Stratton (Rosanna Landi) e musiche di Pahamian. Produzione Filmirage. Interpreti: Valentine Demy (l’italianissima Marisa Parra), Cully Holland, Lisa Lowensten, ChuckPeyton, Jannet Lori, Reggie Crump e Rick Anthony Munroe. Il film è girato negli Stati Uniti, a parte qualche interno realizzato a Roma nei teatri di posa.
Dirty love è molto simile a Flashdance, anche se qui la ragazza che decide di diventare ballerina non è povera ma è figlia di una famiglia di ricconi che non approva la scelta. A nostro giudizio era un film pessimo pure l’originale, in sostanza un lungo video musicale che di cinematografico aveva ben poco. Questo è decisamente inferiore e si avvale oltre tutto di una sceneggiatura talmente confusa e raffazzonata che è difficile raccontarne lo sviluppo logico. Proviamoci lo stesso.
Terry parte dalla campagna e arriva a Richmond per frequentare una scuola di danza. All’albergo fa amicizia con Timmy, un neretto che balla spesso con lei e che alla fine le regala la sua bicicletta. Terry decide di andare a vivere con Susan, un’amica che finisce nel mondo della droga e della prostituzione. Ha una storia d’amore con Robert, che prima la salva da una violenza carnale e poi la sfrutta per ricattare alcuni personaggi influenti. Terry aiuta l’amica a uscire dal tunnel della droga e si fa dare i soldi da Robert per curarla, poi quando scopre che il suo compagno è un poco di buono ricorre al padre che le dà il denaro ma le chiede di tornare a casa. In mezzo a tutti questi avvenimenti ci sono le solite scene lente e ripetitive delle prove di ballo e degli allenamenti. C’è pure un’insegnante lesbica che prova ad andare a letto con Terry, ma lei la respinge e per questo la donna le rende la vita difficile. Alla fine Terry sostiene un provino decisivo per la sua carriera e lo supera, però torna lo stesso a casa perché l’ha promesso al padre. La pellicola termina con Terry e l’amico nero che ballano per strada.
In questo lavoro di Massaccesi merita una menzione soltanto la bellezza di Marisa Parra che nei titoli appare come Valentine Demy. La recitazione della Parra non sarebbe male nelle sequenze erotiche, ma non va assolutamente quando dovrebbe far credere di saper ballare. La macchina da presa di Massaccesi fa mille acrobazie per non inquadrarla e spesso il regista la sostituisce con delle controfigure. Ma certe volte è impossibile e non è facile pensare a Terry come ballerina provetta e vederle muovere passi da ragazzina imbranata che va in discoteca. Marisa Parra spesso non va neppure a tempo.
La colonna sonora è costruita a imitazione di Flashdance ed è abbastanza azzeccata, come sono buone alcune sequenze erotiche appena accennate. Laura Gemser si cimenta nel ruolo di massaggiatrice in una delle poche scene ad alta tensione erotica (un profondo massaggio ai glutei di Valentine Demy). C’è pure una bella sequenza nella quale Terry si sfila le mutandine e le consegna a Robert, sfidandolo ad accarezzarla sotto il tavolo mentre gli amici guardano. Va ricordato un rapporto in ascensore sullo stile di Adrian Lyne di Nove settimane e mezzo. In pratica Dirty love è un Flashdance erotico con poche varianti.
Pochi mesi dopo Massaccesi sente pure il bisogno di un Dirtylove 2che affida a Bruno Mattei (Michael Gardoso), anche se pure lui dietro le quinte fa qualcosa. Gli attori principali sono Josie Bisset, Peter Mark e Gabriella Foro.
Pomeriggio caldo, noto anche con il titolo inglese Afternoon, è un altro erotico soft del 1989. Soggetto e sceneggiatura di David Resseguier, fotografia di Federiko Slonisko, regia di Joe D’Amato sono la stessa persona. Montaggio di Kathleen Stratton (Rosanna Landi). Scenografie di Max Stevens. Le musiche sono di Piero Montanari. Produzione Filmirage. Interpreti: Valentine Demy (Marisa Parra – Connie), Allen Cort(Courtney), Carey Salley (Nora), Robert La Brosse (Budro).
Courtney e Connie sono una coppia molto affiatata e lavorano insieme come giornalisti. Il direttore della rivista vuole da loro un’inchiesta in una zona di campagna dove vive una scrittrice (Nora) che dovrà guidarli alla scoperta dei misteri di una setta di adoratori del vudù. Arrivata sul posto Connie subisce una trasformazione e viene irretita dal bel Budro, che prima la violenta e poi instaura con lei una torbida relazione. Courtney è umiliato e irriso, si consola con l’affetto di Nora che diviene la sua amante. Un giorno però Courtney trova la scrittrice morta: qualcuno della setta vudù l’ha uccisa, perché ha rivelato che Connie è in pericolo di vita. A questo punto ha inizio la parte più bella del film che termina in un crescendo di tensione. Budro conduce Connie a una seduta della setta, che si tiene in un palazzo abbandonato, e la vuole sacrificare dopo averla cosparsa di sangue di gallo. Courtney irrompe appena in tempo e la salva, ma subito viene disarmato e inizia un inseguimento per le stanze della casa diroccata. Budro aggredisce Courtney e lo farebbe fuori se alle spalle non arrivasse Connie che, finalmente liberata da ogni malefica soggezione, lo uccide con due colpi di fucile. Bella l’inquadratura finale che mostra la Parra coperta di sangue.
Il film è un thriller erotico ambientato negli Stati Uniti, girato insieme a Dirty love perché la location è la stessa. La pellicola ha il difetto di essere sempre indecisa sulla strada da prendere. Troppo poco erotica per essere interessante, troppo confusa e lenta per essere un buon thriller. Persino la parte legata ai riti vudù risulta artefatta e macchinosa e i balli sono poco haitiani per essere veri. C’è pure Laura Gemser in una breve comparsa da ballerina vudù, che si muove a ritmo di tamburi e percussioni mentre viene sgozzato un gallo. L’unica cosa bella del film è Marisa Parra che questa volta non deve ballare e quindi è perfetta nelle sequenze erotiche perverse. Da ricordare una scena voyeuristica alla Massaccesi, protagonista Courtney che spia dalla porta socchiusa un rapporto erotico sul tavolo di cucina tra Connie e Budro. Segnaliamo pure un rapporto sessuale appoggiati al muro che al solito ricorda molto da vicino Nove settimane e mezzo. Infine la parte finale con il rito vudù e il tentativo di sacrificio contamina eros e horror in maniera perfetta e forse è la sola cosa davvero interessante del film.
Poco importante risulta Blue Angel Café(1989), altro erotico musicale stile Flashdance poco visto e poco distribuito. La trama si racconta in due parole. Una ballerina di un locale (il Blue Angel Café) che si innamora del sindaco della città e le studia tutte pur di finire a letto con lui.
Ogni volta un gioco e La signora di Wall Street sono altri due erotici del 1990 che citiamo per dovere di cronaca. Abbiamo già detto che in Inghilterra Pomeriggio caldo è diventato Eleven days eleven night 3. Nel 1990 giunge la vera seconda parte di Eleven days, eleven night, che però deve rinunciare a Jessica Moore – Luciana Ottaviani, stufa del solito ruolo di scrittrice erotica a caccia di uomini e di situazioni nuove. Il film incassa ancora molto, a dispetto di chi sostiene che è una delle cose peggiori di D’Amato. La parte di Sarah la recita Kristine Rose. Altri attori sono: Ruth Collins, Frederick Lewis, Maurice Dupré, Kristin Cuadraro, Alex Dexter, Fred Woodruff, James Jackson, Garyn Charlet, Russell Pottharst, Michele Mc Guire, Laura Gemser e Debbie Morrant. Il soggetto e la sceneggiatura sono di Sarah Asproon (Massaccesi), la fotografia di Federiko Slonisko (Massaccesi), le musiche di Piero Montanari, il montaggio di Kathleen Stratton (Rosanna Landi). Produzione Filmirage – Variety Film. Girato negli Stati Uniti, come tutti i film di questo periodo, e come gli altri caratterizzato da un erotismo molto trattenuto, soft, patinato. Perfezione stilistica agli eccessi, ma non troviamo più quella trasgressione che ci attendiamo da un regista come Massaccesi.
Kristine Rose non fa rimpiangere Jessica Moore e recita con impegno la parte della scrittrice alle prese con una nuova avventura erotica. In questo film è l’esecutrice testamentaria di un miliardario che la designa a scegliere i suoi eredi più degni. Ne vengono fuori storie incredibili di impotenza, violenze familiari, debiti di gioco e odio represso. In realtà nessuno dei familiari sarebbe degno di ricevere l’eredità, ma Sarah finisce ugualmente a letto con tutti. Segnaliamo una bella scena erotica in cucina e molto voyeurismo come costante nelle pellicole di Massaccesi. Uno dei protagonisti pare impotente e si eccita soltanto guardando le altrui attività sessuali tramite una televisione a circuito chiuso. Alla fine Sarah guarisce il ragazzo dall’impotenza fingendosi la sua prima donna che lui aveva visto violentare dal padre. L’eredità non dovrebbe toccare a nessuno, perché non c’è persona immune da difetti in famiglia, ma Sarah propone uno scambio. Gli eredi gestiranno il capitale se lei potrà scrivere un libro raccontando tutte le loro storie di depravazione. Alla fine si comprende che il miliardario non è mai morto ma ha cambiato identità per farsi beffe dei parenti che disprezza.
Il personaggio di Sarah Aspron ricorda la Emanuelle di Laura Gemser, una donna spregiudicata, che non si fa problemi di morale o di sentimenti per ottenere quel che vuole.
I film di questo ciclo non hanno l’entusiasmo naif di quelli di Emanuelle e sono troppo perfetti per sprigionare lo stesso fascino. Sono molto lenti e soprattutto, per dirla con Antonio Tentori, l’erotismo si trattiene proprio quando si dovrebbe scatenare. La produzione erotico soft di questo periodo (1985 – 1990) raggiunge solo in pochi casi livelli di sufficienza e a nostro giudizio rappresenta il periodo artisticamente peggiore della carriera di Joe D’Amato.