Quando si pensa a una principessa bella, elegante, raffinata, affascinante, bionda, con grandi occhi azzurri, vestita con abiti favolosi in chiffon, impreziositi da collane di perla e, sulla testa, un diadema di diamanti e zaffiri rarissimi; quando si pensa a una principessa che, oltre a essere meravigliosa, è anche brava, generosa, madre affettuosa e presente, vicino ai sofferenti e sofferente lei stessa perché personaggio scomodo; quando si pensa a una principessa che all’apice della sua storia muore in circostanze misteriose, la mente ci riporta a tanti secoli fa e ci fa pensare a quelle belle dame medievali o alle principesse delle favole, tuttavia questa storia parla solo di qualche decennio fa.
Diana Spencer nacque in Inghilterra nel 1961, venne al mondo in seno ad una delle più antiche e nobili famiglie britanniche, molto vicina alla Casa Reale; infatti la contessa Cynthia Hamilton – nonna paterna di Diana – fu la camerista della regina Elisabetta (madre dell’attuale regnante). Diana sarebbe diventata principessa del Galles unendosi in matrimonio – a luglio 1981 – con il successore al trono d’Inghilterra, Carlo Windsor, che negli anni immediatamente antecedenti alle nozze veniva pressato psicologicamente affinché, ormai vicino alla trentina, cercasse una donna di buona famiglia per sposarsi e dare alla Corona un erede. La prima volta che Diana vide Carlo aveva solo 16 anni; correva l’anno 1977 e in quel periodo il principe di Galles si frequentava con Sarah Spencer, sorella di Diana, ma dopo un po’ i due si lasciarono. Tre anni dopo, nel 1980, Diana lo rivide a una festa, i due cominciarono a parlare e da quella sera il principe la invitò a partecipare a varie occasioni in presenza di tutta la famiglia reale fino a quando, il 6 febbraio 1981, al castello di Windsor, Carlo le chiese di sposarlo. Diana accettò immediatamente e le fu donato un anello preziosissimo che, però, senza saperlo a priori pagherà moltissimo in termini di tranquillità, serenità, libertà e di vita; tuttavia la luce che Lady Diana avrebbe sprigionato nel giorno del suo matrimonio è tuttora veramente indimenticabile. Scese radiosa dalla carrozza reale davanti alla cattedrale di St Paul, a Londra, e percorse lentamente il corridoio accompagnata dal padre fino all’altare riuscendo, con il suo immenso abito da sposa color avorio di taffetà e seta, ad eclissare in un attimo tutti e tutto. Appariva talmente splendida che chiunque si ricorda di quello sguardo velato ed enigmatico mentre andava incontro al suo triste destino. A dispetto di quella giornata indimenticabile seguita da milioni di telespettatori in tutto il pianeta, a palazzo Diana iniziava a vivere un’esistenza fatta di sofferenze sentimentali e fisiche, ma comunque dal matrimonio nacquero due figli. Cominciarono per lei i doveri ufficiali e, in veste di principessa, insieme al consorte, visitò moltissime nazioni di tutto il mondo, ma tra una visita e l’altra non mancavano litigi furibondi tra i due, sta di fatto che la coppia reale fece un ultimo viaggio insieme nel 1992 in Corea del Sud. La principessa Diana si distingueva sempre di più, il popolo la acclamava, la adorava, la osannava: divenne promotrice della difesa dei diritti degli animali; divenne madrina di moltissimi enti di beneficenza che si occupavano dei senzatetto, dei tossicodipendenti, degli anziani, degli emarginati dalla società, delle persone con deficit psichici, dei minori, delle donne incinte; divenne sostenitrice della campagna internazionale per il bando delle mine antiuomo; si mise in prima linea nella lotta contro la lebbra e, ancor di più, contro il mostro chiamato AIDS che in quegli anni mieteva moltissime vittime. Andava negli ospedali e, senza timore, stringeva la mano di quegli ammalati che tutti evitavano, così facendo mostrava al mondo che quella maledetta malattia non si trasmetteva attraverso il semplice contatto e che dietro quegli occhi e quei corpi ormai consumati c’erano delle persone, c’erano dei sentimenti, c’era dell’umanità da tutelare sempre e comunque, a qualsiasi costo. In quegli anni, tra pettegolezzi e infedeltà, il suo matrimonio verteva alla fine: “Eravamo in tre in questo matrimonio, quindi era un po’ affollato”, disse in un’intervista, e tutti sapevano che il terzo incomodo si chiamava Camilla; così nel 1992 Carlo e Diana si separarono e qualche anno dopo, nel 1996, firmarono il divorzio.
A luglio del 1997 Lady D. frequentava Dodi Al-Fayed, imprenditore egiziano, che sarà suo compagno anche nella morte. Sì perché quello che si apprestavano a vivere era il loro ultimo mese di vita, che trascorsero su uno yacht di 60 metri appena comprato dal padre di lui perché lei e i suoi bambini – William e Henry – potessero passare quell’estate divertendosi. La sera del 30 agosto, dopo aver cenato all’Hotel Ritz di Parigi, i due salirono su una Mercedes-Benz S280 di colore scuro destinata a schiantarsi contro il tredicesimo pilone della galleria de l’Alma. Una volta sul posto, i soccorritori cominciarono una corsa per salvare la vita della principessa che venne trasportata all’ospedale Pitié Salpêtrière dove morì alle ore 2:00 di 31 agosto 1997. Finisce così tragicamente la storia di una donna carismatica, così straordinariamente attenta al bisogno del prossimo che è riuscita ad entrare nei cuori della gente di tutto il mondo proprio come lei desiderava: “Mi piacerebbe essere regina nei cuori delle persone”. Tutti piansero Diana. Tutti. Il mondo cadde in una tristezza infinita. Al suo funerale, che si tenne a Londra il 6 settembre successivo, ci furono 3 milioni di persone e 3 miliardi di telespettatori. Al passaggio del feretro – diretto verso l’abbazia di Westminster e seguito da Carlo, i figli, il principe Filippo, il fratello di Diana e 500 dignitari – la regina Elisabetta II chinò il capo in segno di rispetto. Durante la cerimonia funebre, in sua memoria, Elton John cantò una rivisitazione di Candle in the Wind, scritta dallo stesso e dedicata nel 1973 a Marilyn Monroe in occasione del memoriale della sua morte. Diana venne tumulata in un mausoleo a lei dedicato sulla piccolissima isola Round Oval che si trova in mezzo al laghetto della proprietà di famiglia, a Althorp, in Northamptonshire: “Diana era l’essenza stessa della compassione, del dovere, dello stile, della bellezza. In tutto il mondo era considerata simbolo di umanità… portabandiera dei diritti degli oppressi. Una ragazza… che trascendeva la nazionalità; una donna dalla nobiltà innata… che ha dimostrato… di non aver bisogno di un titolo reale per continuare a generare il suo particolare tipo di magia” è una parte del discorso che il fratello di Diana pronunciò ai suoi funerali.
A venticinque anni da quella notte ci sono ancora molte cose che non tornano e gli studiosi sono sempre più convinti che non fu un caso la morte di Diana. Tuttavia si può certamente dire che quel terribile incidente ha proiettato verso l’eternità questa principessa sfortunata. Ad oggi Diana è ancora una delle donne più stimate al mondo, anticonformista, amante della moda, compassionevole, amorevole, gentile, paziente, ma anche affamata di amore, delusa, sola, triste. Una donna che ha saputo gestire magistralmente il suo ruolo sulla scena mondiale incontrando numerose personalità di spicco: papi, cardinali, presidenti, re, regine e persino santi come Madre Teresa di Calcutta. Una donna che ha saputo, senza nessuno sforzo, tendere la mano al prossimo, al diseredato, all’ammalato, al sofferente; che ha saputo amare le persone e che si è dimostrata disponibile ad ascoltare i sogni della gente perché come lei disse: “Tutti sentono il bisogno di essere stimati. Tutti sono in grado di poter dare qualcosa”. Quindi sembra scritta proprio per lei quella frase che dice che non è quello che sta sulla testa che fa di una persona un re o una regina, ma quello che è dentro la testa e Diana indosserà per sempre il diadema adatto a una indimenticabile principessa del popolo che ha saputo vestire la regalità che è dentro all’essere umano, nello spirito, nell’anima.