Perché ancora oggi sono davvero poche le donne che vengono fatte «entrare» nel racconto e nei manuali di Storia, di Letteratura, di Filosofia, di Scienze, di Storia dell’Arte, ecc? Spesso il racconto scolastico e saggistico lascia nell’ombra le donne che «hanno fatto storia», che hanno composto, scritto, prodotto musica, che hanno compiuto esperimenti scientifici.
Nella società medievale la cultura è orale. I signori feudali, inizialmente, non possedevano nemmeno la scrittura. L’analfabetismo era molto alto. L’analfabetismo femminile era molto più alto di quello maschile e ci sono voluti secoli perché lo scarto si potesse assottigliare. Lo stesso Carlo Magno sapeva appena apporre la sua firma. Il racconto di storia al «maschile» lascia nell’ombra figure di regine ed imperatrici, precedenti a Carlo Magno, come Teodolinda, la regina dei Longobardi o Teodora, l’imperatrice di Bisanzio che influì fortemente sull’operato del celeberrimo marito Giustiniano. Solo a partire dal XI secolo, si afferma sempre più una cultura feudale laica dapprima essenzialmente orale e solo più avanti tra la fine del XI secolo e l’inizio del XII secolo si traduce in forme scritte.
Il primo testo letterario in francese antico, di ispirazione religiosa, parla e racconta di una donna. La Séquence de sainte Eulalie (Sequenza di santa Eulalia, che risale all’881). Un testo agiografico, destinato all’istruzione e all’edificazione dei fedeli.
Nella cultura cristiana medievale, durante il secolo XII, si distingue non solo il grande Pietro Abelardo (1079-1142) ma anche Eloisa, una sua allieva di grande intelligenza e bellezza che diventa segretamente sua moglie. Il loro Epistolario è una delle opere più importanti per la storia della filosofia occidentale.
La cultura che si fa scrittura nelle letterature romanze d’oltralpe registra, nel contesto bretone, i lais (componimenti narrativi brevi intessuti di sottili elementi lirici) tra cui sono di eccezionale bellezza quelli scritti da Marie de France tra il 1160-1170. Una letterata e protettrice di artisti e scrittori come Andrea Cappellano e Chrétien de Troyes.
La prima autrice che incontriamo nella nostra storia letteratura italiana – che parecchi manuali «dimenticano» – quando si elabora una lirica d’arte di area toscana è la cosiddetta Compiuta Donzella. Tre sonetti si attribuiscono a una Compiuta Donzella. Che potrebbe essere soprannome a indicare una ««perfetta donzella» o nome proprio, perché Compiuta era nome femminile abbastanza diffuso. Inoltre, a una Compiuta Donzella sono diretti due sonetti di un maestro Torregiano da Firenze e una lettera (la V) di Guittone del Viva d’Arezzo.
Nella nostra Letteratura delle Origini, che in un certo senso e per varie ragioni si può chiamare, «religiosa» figurano due grandi donne: Chiara d’Assisi, la prima religiosa della storia a scrivere una Regola confermata da papa Innocenzo IV nel 1253 e santa Caterina da Siena. Le sue Lettere e il Dialogo della divina provvidenza sono una fervida manifestazione del carattere appassionato e forte, vivamente mistico di Caterina. Un misticismo operoso, che trasforma la vita e il mondo circostante.
Nella grande e importantissima stagione rinascimentale la nostra letteratura accanto a figure fondamentali quali ad es. Pietro Bembo ed altri ha autrici originali e vivacemente espressive come Gaspara Stampa di cui resta un Canzoniere (stampato a cura della sorella Cassandra a Venezia nel 1554). Una grande personalità che «ha fatto storia» ma che spesso è lasciata nell’ombra. Un’altra autrice degna di nota è Barbara Torelli o Torello (1475-1533). Il suo sonetto Spenta è d’Amor la face, il dardo è rotto è secondo Giosue Carducci «fra le pochissime belle poesie che abbiano mai scritto le donne italiane».
A fine Cinquecento, nel 1593, nasce Artemisia Gentileschi. Ancora una grandissima artista del colore e dei pennelli che «ha fatto storia» ma che spesso è lasciata fuori dalla storia. Una bambina che già nella bottega del papa, Orazio Gentileschi, dava prova di possedere uno spiccato e grande talento artistico di gran lunga superiore a quello dei suoi fratelli maschi che cercavano di seguire le orme del genitore. Artemisia Gentileschi alla corte dei Medici esprime liberamente la sua arte. Artemisia Gentileschi, l’unica donna ad essere ammessa alla prestigiosa Accademia del disegno fondata nel 1563 dal granduca Cosimo I.
Della stagione romantica in Italia come non si può accennare e ricordare Giulia Beccaria, la mamma di Alessandro Manzoni, è figlia di Cesare Beccaria. Ed ancora, tra Ottocento e Novecento, le grandi ed imponenti figure di animatrici culturali e scrittrici come Matilde Serao e Grazia Deledda (Nobel per la Letteratura nel 1926).
Nello scorso secolo le figure femminili sono tantissime. Un rapido elenco. Nei primi anni del «secolo breve» incontriamo la saggista e narratrice Anna Banti, impegnata in varie forme varie di narrativa. Il suo maggiore romanzo è Artemisia (1947), la storia della grandissima pittrice prima abbozzata. Un’altra acuta ed erudita penna è quella di Maria Bellonci. Autrice di celebri volumi come Lucrezia Borgia (1939), Tu vipera gentile (1971). Una grande animatrice di cultura, che dà vita, insieme col marito Goffredo Bellonci, al prestigioso Premio Strega. Un’altra grande donna dotata di una rara ed interessante scrittura lirica è la narratrice Anna Maria Ortese. Ed ancora Natalia Ginzburg, nata a Palermo nel 1916, da una colta famiglia israelitica di Torino. Nella sua vasta produzione ricordiamo Lessico familiare, Le piccole virtù, Caro Michele. Nel 1983 pubblica La famiglia Manzoni, una ricostruzione storica sulla base dell’Epistolario manzoniano dell’omonima famiglia. La scrittrice e pittrice Lalla Romano, la grande studiosa della nostra lingua e letteratura italiana Maria Corti, Gina Lagorio, Miriam Mafai, Isabella Bossi Fedrigotti, Francesca Sanvitale, Oriana Fallaci, Dacia Maraini, Rosetta Loi.
Nella poesia del Novecento spiccano grandi personalità come Antonia Pozzi, Margherita Guidacci, Maria Luisa Spaziani, Amelia Rosselli. Tutte queste donne, ma ce ne sono tante altre, che «hanno fatto storia» ma non sempre “entrano” nei racconti di storia al maschile. Storie lasciate nell’ombra ma che invece appartengono alla «memoria» del nostro grandissimo Paese.
In foto: Margherita Guidacci