Il valore delle persone più deboli, nel nostro mondo occidentale, è sempre più sconosciuto. Si passa dalla grande enfasi, alla indignazione, alla condanna populista, ma poi per i fragili, per gli ultimi, per gli invisibili non c’è spazio in questa società. Inutile che si faccia tanto baccano quando accadono tragedie di povertà d’animo ed economiche se poi alla fine dei conti noi “contiamo” in base a quanto reddito abbiamo. Il mondo occidentale – ormai da tempo – ha perso il valore della persona e dell’essere umano e lo ha sostituito con il puro valore del denaro che la persona ha e/o produce. Ed allora viene naturale pensare a coloro che, per definizione, non producono: i bambini, gli anziani, i disabili fisici e/o psicologici. Questi sono gli invisibili del nostro mondo delle apparenze. Sono coloro i cui diritti non contano o contano molto meno o contato a tratti, ad intermittenza. Siamo di fronte ad una involuzione sociale ed un impoverimento culturale dovuto alla massificazione delle informazioni/definizioni che ci inondano.
Tutto ciò, ci fa sembrare più al centro del mondo, mentre, invece, siamo parcheggiati ai margini e si vive nella profonda inconsapevolezza ed ignoranza. Viene da pensare, allora, se in tutto il mondo sia così. Ma non è così. Vi è una netta differenza tra società a trazione economica ”post-capitalistica” e paesi poveri o poverissimi. In questi ultimi il senso della tutela e della protezione dei soggetti fragili è più forte, anche se non attuato per ragioni di assetti politici dispotici (in molti casi). Nel nostro mondo “civilizzato” i bambini sono oggetto di contese tra i genitori e sono merce di scambio quando, addirittura, non sono oggetto di ricatto e/o vittime sacrificali sull’altare della follia e/o dell’egoismo e/o del mercato. Gli anziani negli ospizi perché non hanno più nulla da dare e le persone con deficit aiutati dalle famiglie o lasciati, totalmente, allo sbando da uno Stato che non riesce a nessun costo a proteggerli. Un quadro preciso non si ha, ma anziani e persone con deficit o sono aiutati dai familiari o finiscono in quella “sacca di povertà” economica e culturale che non interessa a nessuno. Siamo pronti a sacrificare il nostro tempo per occuparci di loro? Anche qui, tutto è legato alla forza ed alla sensibilità del singolo. Le strutture pubbliche non sono preparate ad affrontare temi sociali per carenza, oltre che di mezzi, anche di preparazione culturale degli addetti.
Nessun paese civilizzato di “prima fascia” investe seriamente sulla valorizzazione dei soggetti fragili e, in molti di loro, nemmeno vengono protetti (figuriamoci in una situazione come quella attuale in cui il sistema occidentale è stato incrinato da una crisi pandemica che appare la tempesta perfetta per aumentare le diversità ed acuire la povertà di molti e innalzare la ricchezza di pochissimi). La burocrazia poi fa il resto e determina una “rincorsa” estrema per ottenere dei diritti naturali ed elementari. A fronte di tutto questo l’inversione di rotta è tutt’altro che semplice perché, come i cavalli con i paraocchi, la politica delle società civili si muove in modo unidirezionale rimuovendo (o meglio non vedendo) chi non rientra in quel cono di luce, ma che, in ogni caso, esiste. Una società, invece, veramente evoluta è inclusiva ed è costruttiva. Una società evoluta crea “ricchezza” dalle differenze, non differenzia per la ricchezza. Non è questione – come molti credono – di colore politico è questione di prospettiva e di coraggio che alla base ha, una radicata cultura di democrazia e di uguaglianza. Una società che non tuteli, effettivamente, i soggetti fragili ha già perso perché ha lasciato per strada il futuro, il passato e l’altra realtà del mondo.
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