Pier Paolo Pasolini gira in Marocco la sua versione di Edipo Re di Sofocle, dopo aver scritto una favola poetica come Che cosa sono le nuvole? e poco prima di Teorema (simile nei toni e nelle atmosfere). Edipo Re è un’idea che Pasolini cova sin dai tempi di Accattone e infatti per realizzarlo chiama Franco Citti nel ruolo principale, con lo scopo di continuare l’analisi dei mali della società borghese contemporanea. Edipo Re è un film psicanalitico, Pasolini affronta il complesso di Edipo anche a livello personale, dopo aver fatto interpretare il ruolo di Maria nel Vangelo secondo Matteo proprio alla madre. Pasolini racconta il dramma di un uomo che conosce sin dall’inizio il proprio destino ma non accetta la consapevolezza del male, cerca di sfuggire a un atroce futuro, ma ne resta invischiato ineluttabilmente. Il regista si serve di Edipo, di un archetipo classico, per raccontare la condizione umana, l’inadeguatezza di chi sa di dover morire, ma non riesce ad accettarlo. Prologo ed epilogo sono ambientati in tempi moderni, il primo nel fascismo, il secondo negli anni Sessanta; la storia di Edipo è rivissuta da una coppia contemporanea, fino al dramma dell’esule cieco che ha giaciuto con la madre. Stupenda l’ambientazione marocchina che nasconde una Grecia di fantasia, tra deserto e villaggi di pastori, montagne, città costruite con la creta e distrutte da pestilenze. Un film scritto per immagini, dialoghi ridotti all’essenziale, uso delle didascalie come ai tempi del muto, fotografia intensa e – per la prima volta in un film di Pasolini – uso del colore che rende bene il cromatismo ocra del deserto. Edipo è condannato a vagare come un cieco attraverso i secoli, in un finale che supera i confini temporali per accompagnarci in età contemporanea, in una piazza di Bologna, in una periferia degradata, fino al prato dove la vita è cominciata e quindi può finire. Il prologo – ambientato negli anni Venti – si apre sulle note del Dissonanzen Quartet di Mozart, l’epilogo – silenzioso – presenta la visione di un’umanità contemporanea antropologicamente uniformata da consumismo e capitalismo. Edipo Re è un film violento, che anticipa la lucida follia di Salò, il protagonista vive un destino assurdo e rifiuta di prendere cognizione di un abisso nel quale non vorrebbe sprofondare. Il dramma di Edipo è anticipato dai silenzi profondi e da immagini forti, mentre i dialoghi della tragedia sono ridotti al minimo. Il silenzio primordiale è interrotto da una colonna sonora fuori dal tempo, un vero e proprio coro tragico: canti popolari rumeni, musica nordafricana, musica giapponese antica, canti rivoluzionari russi e il classico quartetto di Mozart K 465 (Dissonanzen Quartet). L’ambientazione e il tono dell’opera ricordano il Vangelo secondo Matteo, con i poveri del Terzo Mondo a prendere il posto dei lucani, così come la musica etnica accompagna i passi verso il dramma. Da notare che quando Edipo commette ferali omicidi la macchina da presa li riprende in controluce, sotto un sole accecante, per nascondere le gesta assassine. Un retaggio classico, ché nella tragedia greca l’attimo della morte non poteva essere rappresentato sulla scena e anche perché il colore rituale della morte era il bianco. Edipo Re è il primo film che presenta un Pasolini davvero cinematografico, meno legato alle reminescenze pittoriche, e più tecnico in senso stretto. Notiamo movimenti di macchina insoliti, sperimentali, il regista usa lo zoom, i grandangoli e i teleobiettivi. Non per niente Pasolini si libera di tutti i cliché narrativi tipici del bianco e nero per dedicarsi a un’innovativa sperimentazione. Molte comparse marocchine, ma anche attori professionisti di estrazione teatrale come Alida Valli (Merope), Carmelo Bene (Creonte), Julian Beck (Tiresia). Bravissimo Franco Citti nei panni del protagonista, ma non è da meno un lunare Ninetto Davoli, sia nella parte ambientata nel mondo greco che nell’epilogo anni Sessanta. Il film esce con un divieto ai minori del tutto incomprensibile, visto che Pasolini niente aggiunge alle atmosfere di una dolente tragedia greca scritta da Sofocle, limitandosi ad attualizzarla come se fosse una parabola.
Regia: Pier Paolo Pasolini. Soggetto: Edipo re di Sofocle. Sceneggiatura. Pier Paolo Pasolini. Montaggio: Nino Baragli. Fotografia: Giuseppe Ruzzolini (Technicolor). Costumi: Danilo Donati. Scenografia: Luigi Scaccianoce. Direttore di Produzione: Eliseo Boschi. Operatore Alla Macchina. Otello Spila. Assistente Operatore: Sergio Rubini. Fotografo: Bruno Bruni. Fonico: Carlo Tarchi. Produttore: Alfredo Bini. Case di Produzione: Arco Film srl (Roma),Somafis (Casablanca). Aiuto Regista: Jean Claude Biette. Arredatore: Andrea Fantacci. Architetto: Dante Ferretti. Teatri di Posa: Dino De Laurentiis Cinematografica spa. Pellicola: Kodak Eastmancolor. Mixage: Fausto Ancillai. Interpreti: Silvana Mangano (Giocasta), Franco Citti (Edipo), Ninetto Davoli (Angelo), Alida Valli (Merope), Carmelo Bene (Creonte), Julian Beck (Tiresia), Luciano Bartoli (Laio), Francesco Leonetti (Servo di Laio), Ahmed Belhachmi (Polibio), Ivan Scratuglia (Sacerdote), Giandomenico Davoli (Pastore di Polibio).