Esiste un legame tra inquinamento ambientale, sostanze tossiche presenti nell’acqua e allattamento materno? Facciamo il punto

Articolo di C. Alessandro Mauceri

Il legame che esiste tra cattiva alimentazione, inquinamento ambientale e presenza di sostanze tossiche nell’acqua è noto. Specie nei bambini.

A confermare che c’è un rapporto di causa ed effetto tra ciò che mangiamo e la nostra salute lo studio “Settimana dell’allattamento” presentato dall’UNICEF in occasione della Settimana mondiale dell’allattamento. La ricerca ha dimostrato che l’allattamento materno può salvare ogni anno 820.000 vite.

L’allattamento materno esclusivo è il nutrimento essenziale per il benessere di ogni neonato è fuori discussione ma, non sempre nel mondo, si dà la possibilità alle neo mamme di poter allattare il proprio bambino. L’articolo 24 della Convenzione dei Diritti del Fanciullo parla esplicitamente del diritto alla salute. A ricordarlo anche il Presidente dell’UNICEF Italia, Francesco Samengo, che ha presentato un programma denominato “Insieme per l’allattamento”, realizzato in collaborazione con 30 ospedali e 7 comunità (ASL) su tutto il territorio italiano.

Dai dati scaturiti durante la World Breastfeeding Week, la Settimana mondiale dell’allattamento, è emerso che l’allattamento al seno è indispensabile non solo per il sostentamento del neonato ma anche per il benessere dell’intero pianeta.

Diversi studi dimostrano che gli esseri umani consumano un numero enorme di minuscole particelle di plastica. Ora, un recente studio, ha dimostrato che i bambini allattati artificialmente possono ingerire più di un milione di pezzi di microplastica ogni giorno. Ad affermarlo un gruppo di ricercatori di AMBER, il SFI Research Center for Advanced Materials and Bioengineering Research, TrinityHaus e le scuole di ingegneria e chimica del Trinity College di Dublino, in Irlanda, che hanno esaminato il tasso di rilascio di microplastica in 10 tipi di biberon in polipropilene, la plastica più comunemente usata per i contenitori per alimenti.

Durante l’analisi, condotta seguendo le indicazioni ufficiali fornite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sulla sterilizzazione e sulle condizioni di preparazione delle formule, il team ha scoperto che le bottiglie rilasciavano tra 1,3 e 16,2 milioni di microparticelle di plastica per litro. “Quando abbiamo visto questi risultati in laboratorio abbiamo immediatamente riconosciuto il potenziale impatto che potrebbero avere” ha dichiarato John Boland, di AMBER, CRANN e Trinity’s School of Chemistry.

A confermarlo il professor Liwen Xiao, della TrinityHaus, che ha dichiarato: “Il nostro studio indica che l’uso quotidiano di prodotti in plastica è un’importante fonte di rilascio di microplastiche, il che significa che le vie di esposizione sono molto più vicine a noi di quanto si pensasse in precedenza”. Anche l’OMS, l’Organizzazione mondiale della sanità ha confermato che la pratica dell’allattamento al seno esclusivo nei primi sei mesi potrebbe salvare molte vite umane, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Invece, tante donne sono condizionate all’utilizzo precoce del latte artificiale.

In tutto il mondo, le aziende produttrici di sostituti artificiali del latte materno esercitano forti pressioni sui genitori, a volte in violazione del Codice internazionale per la commercializzazione del latte artificiale (adottato dall’Oms nel 1981 per regolamentare la promozione da parte delle aziende produttrici di alimenti per l’infanzia, latte per neonati e alimenti simili). Il problema dell’allattamento dei neonati non riguarda solo i paesi più poveri.

Un recente studio ha dimostrato che, negli Stati Uniti d’America, i bambini che vivono in case che dipendono da pozzi privati ​​per l’acqua potabile hanno il 25% di probabilità in più di avere alti livelli di piombo nel sangue rispetto agli altri. Un problema che non è una novità: nel 2014, a Flint, in Michigan, nelle forniture di acqua potabile delle città vennero rilevate elevate quantità di piombo, un metallo pesante che non ha odore ed è invisibile ad occhio nudo, è un sospetto cancerogeno e altamente tossico per il cervello e il sistema nervoso, così come per la maggior parte degli altri organi.

Da allora, i livelli di questo metallo nelle acque che viaggiano attraverso le condotte idriche pubbliche è regolamentato e controllato. Diversa è la situazione dei pozzi privati che forniscono acqua potabile a 42,5 milioni di americani. Qui contaminanti pericolosi possono finire nella catena alimentare. E i primi ad essere colpiti sono proprio i bambini. Uno studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences ha rilevato l’esposizione al piombo nei bambini delle famiglie che si servono di pozzi privati: in Nord Carolina, ad esempio, la presenza di elevati livelli di piombo era mediamente del 20% più alte rispetto ai bambini con servizio idrico comunitario.

“I rischi sono particolarmente alti per i bambini nelle famiglie a basso reddito e nei quartieri afroamericani che rimangono esclusi dall’accesso al vicino servizio idrico municipale – un retaggio di pratiche di zonizzazione discriminatorie”, ha dichiarato Jackie MacDonald Gibson, della Indian University School of Public Health. Secondo il CDC non esiste un livello di piombo sicuro e l’esposizione infantile è stata collegata a un ridotto QI, ADHD, insuccesso scolastico e criminalità.

La prima forma di prevenzione delle malattie è evitare l’allattamento artificiale (tranne ovviamente nei casi in cui non vi sono altre alternative). Non è un caso se UNICEF e OMS hanno chiesto ai governi un impegno concreto e azioni mirate come investire nell’assistenza qualificata all’allattamento per ogni donna, formare il personale qualificato, ma prima di tutto proteggere gli operatori sanitari da “influenze esterne” come quelle delle industrie di alimenti per l’infanzia. Quelle che fanno di tutto per raggiungere nuovi clienti. A volte mentre sono ancora nel grembo materno.

Foto: La mère” (The Mother), by Elizabeth Nourse (1888)

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