Facebook: davvero siamo convinti sia un gioco?

Articolo di Antonino Schiera

Chi è registrato da molto tempo nel canale social Facebook, oggi uno dei più attivi e longevi, probabilmente non ricorda qual’è stato il motivo, quale molla lo ha spinto a smanettare nel computer per creare il profilo personale. Sarà stata la moda del momento? Ma sì in fondo quasi tutti i conoscenti si sono registrati. Oppure perché in questo modo si poteva creare una cerchia di amicizie e magari ritrovare amici del passato. Un altro motivo poteva essere quello di sapere di più della donna del cuore e poterle parlare. Oppure per pubblicizzare la propria azienda, i propri prodotti. O più semplicemente per passare il tempo.

Quando il suo inventore Mark Zuckerberg lanciò il social più gettonato del momento in pochi avrebbero scommesso che gli utenti avrebbero speso del tempo per inserire post, fotografie personali, contenuti. Il tempo e i fatti hanno dimostrato esattamente il contrario. Ma torniamo alla realtà: oggi su Facebook le persone si scambiano l’amicizia, possono anche trovare l’anima gemella, lanciare un messaggio di aiuto, perché no cercare lavoro o vendere un prodotto. Vanno di moda le pagine personali con i mi piace e i gruppi che impazzano e si moltiplicano sul social. Esiste anche la possibilità di pagare la pubblicità per farsi conoscere e per fare conoscere la nostra attività, quest’ultima attività è alla base degli introiti e della grande ricchezza di Facebook.

Ma come si possono creare situazioni, si possono anche distruggere situazioni. Si può essere licenziati dall’azienda per la quale lavoriamo per un commento non in linea con la mission e la vision del nostro datore di lavoro, che magari ci aveva assunto anche dopo avere analizzato il nostro profilo. Si può perdere un’amicizia per una polemica nei post pubblici, per un concetto espresso male nella chat privata, per un mi piace omesso più o meno volontariamente. Si può interrompere una storia sentimentale per la presenza sul social che scatena gelosia e liti. Si possono spendere soldi inutili, senza un reale ritorno perché la campagna promozionale o di vendita è stata impostata male. Si possono scatenare liti virtuali che secondo le cronache recenti, si sono poi concretizzate in presenza.

Un capitolo a parte va dedicato agli hackers, agli haters, ai trolls e agli internet lovers. Queste categorie nascono con la diffusione dei siti internet connessi tra loro a livello mondiale e operano anche all’interno dei social. Gli hackers sono esperti del linguaggio informatico che sfruttano le loro conoscenze per impossessarsi dei profili altrui con lo scopo di arrecare danno e di ottenere illegalmente vantaggi economici, anche attraverso la diffusione di virus informatici. Gli haters, quelli che odiano su internet, sono persone che dietro un profilo virtuale o reale, utilizzano le varie piattaforme internet per esprimere il loro odio verso altre persone, verso un’idea, verso alcune categorie di soggetti, verso un oggetto. I trolls sono persone che si relazionano con altri utenti internet per mezzo di messaggi, commenti, fotografie, post che hanno la caratteristica di essere offensivi, provocatori, delegittimanti, calunniosi per creare un danno diretto e indiretto alla persona bersaglio (target internet user). Si crea, così, disturbo alla persona che vogliono delegittimare e ridicolizzare agli occhi dei suoi amici virtuali e ai suoi follower. Infine ci sono gli internet lovers, quelli che amano internet, divisi a loro volta in due categorie. La prima, quella più pericolosa, utilizza i social per sfruttare il bisogno di ascolto, tenerezza, comprensione, amore, affetto della vittima prescelta per truffare, plagiare, manipolare, rubare attraverso l’uso di tecniche collaudate creando danni sentimentali e materiali non indifferenti. La seconda categoria di internet lovers cerca realmente e sinceramente nei social amore, tenerezza, ascolto, affetto comprensione e nobili sentimenti.

Vi pare un gioco questo? A me no! Molte persone non danno la giusta importanza alle impostazioni sulla privacy nei social, si perché come spesso lamentano gli utenti anche con post pubblici, esiste una categoria di persone che naviga tra i profili degli amici e anche di quelli impostati senza restrizione della privacy, senza mai apporre un commento o un mi piace. Come li posso definire: navigatori in incognito? Carpitori di informazioni seriali in incognito? Penso che piuttosto sia meglio impegnare il proprio tempo a creare contenuti originali, che possano farci conoscere e migliorare la qualità dei post.

Un errore da evitare è quello di dimenticare di cambiare di tanto in tanto la password del proprio profilo. Addirittura c’è chi con poca prudenza la comunica fidandosi troppo facilmente, oppure utilizza una password uguale per tutte le piattaforme, magari facile da scoprire, perché troppo semplice e con riferimenti alla propria persona facilmente riconducibili.

Per concludere chiudo con un consiglio: bloccare immediatamente gli utenti che riteniamo possano essere tra quelli con cattive intenzioni e segnalare commenti frutto dell’odio virtuale descritto prima e soprattutto, quando un indirizzo web non ci convince non clicchiamoci su aprendolo, anche se l’amico è fidato il suo profilo potrebbe essere sotto attacco di virus.

Related Articles