Falcone e Vespaziani, il libro di Amalia Mancini. Un profondo sodalizio di anime nella lotta alla mafia

Articolo di Francesca Maccaglia

Si è svolta a Roma presso il Villino Lola De Hernandez la presentazione del libro della scrittrice e giornalista Amalia Mancini, “Falcone e Vespaziani. Un’alleanza per la verità. La straordinaria collaborazione tra il Magistrato e l’Avvocato”.  Relatore dell’evento, Roberto Sciarrone, giornalista, storico, responsabile ufficio stampa di UnitelmaSapienza; organizzazione dell’evento a cura di Emanuele Muto, Alessandra Ciambella, Karol Soprano e Stefano Paolini.

“Io sono di Messina, nel 1992 avevo 11 anni. Per me esiste la Sicilia pre Falcone e la Sicilia post Falcone e Borsellino” – così ha esordito Sciarrone. “Tutti noi siciliani diciamo la stessa cosa, perché chi è nato in Sicilia in quegli anni o ha vissuto quegli anni, sa benissimo cosa è la Sicilia pre e la Sicilia post Giovanni Falcone. Prima che terminassero la loro vita, la loro grande attività che conoscete tutti su questa terra, la Sicilia era un luogo ricco di contrasti molto evidenti, molto di più di quello che possiate immaginare. Si sentiva quella atmosfera molto complessa, difficile da digerire, e anche io, da bambino, notavo certi atteggiamenti, certi modi di fare nella società. Dopo la loro morte cambia un po’ tutto il quadro, perché probabilmente anche chi vive quella terra si rende conto di tutta una serie di cose e c’è una sorta di piccola rivoluzione soprattutto nelle giovani generazioni. Cambia il quadro, quindi quello che qualche anno prima Peppino Impastato aveva realizzato, e verrà pagato con la sua vita, era divenuto un processo molto più semplice, quello che era il sogno di una radio, Radio Aut, che partiva da Cinisi, che provava a sbaragliare tutto lo status quo della mafia di Palermo, in quel momento con la morte di Falcone e Borsellino viene velocizzato, diventa più semplice, viene interiorizzato dai giovani che lo portano avanti e si apre una breccia. Paradossalmente, con la morte di due grandi uomini come Falcone e Borsellino si apre questa breccia e da questa breccia escono idee, ci si apre e cambia un po’ la Sicilia. Negli ultimi trent’anni la Sicilia è cambiata molto. Mi piaceva però raccontarvi questa cesura perché l’ho vissuta con i miei occhi. Il libro di Amalia Mancini è il racconto di Giovanni Vespaziani che ha vissuto un pezzo della sua vita umana e professionale insieme a Giovanni Falcone; si legge in poco tempo, è scritto in maniera tale che il racconto ti appassiona”.

L’autrice, nipote dell’avvocato Vespaziani, ha commentato: “Il libro è la storia della collaborazione tra l’avvocato Vespaziani e il magistrato a tutti noto, Giovanni Falcone. Ma prima di essere una storia è un viaggio nei valori imprenscindibili del coraggio, della ricerca della verità, valori che Falcone e anche Borsellino ci hanno trasmesso e che il libro tenta di trasmettere, quindi è un viaggio nei valori del coraggio, del rispetto verso il prossimo, dell’impegno nel lavoro, della ricerca della verità, nella difesa della giustizia, la determinazione a perseguire i propri obiettivi, ovviamente se sono buoni, nell’incessante desiderio e impegno di migliorarsi e adoperarsi un minimo per migliorare. Giovanni Vespaziani oggi è un avvocato novantatreenne, compirà novantaquattro anni a maggio, nato in un piccolo borgo della Provincia di Rieti, a Castel di Tora, immerso nel meraviglioso lago del Turano, in una famiglia numerosa e povera di contadini, quintogenito di otto figli, però vuole studiare e ce la mette tutta. Quindi si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza, si laurea in Giurisprudenza con il massimo dei voti, si iscrive all’Albo degli Avvocati di Rieti, e consegue l’abilitazione per esame e non per anzianità. Nel 1978 con sua moglie avvocato, Elena Fiordeponti, apre uno studio legale associato che si occupa prevalentemente della confisca e del sequestro dei beni di indiziati o condannati per associazione mafiosa. Ma è anche tanto di più, è un sindaco illuminato del suo borgo natio di Castel di Tora e lo è per 26 anni; dal 2005 invece è Sindaco emerito, amico fraterno di don Pierino Gelmini, che ha aperto 250 comunità incontro in tutto il mondo, la sede madre ad Amelia. Proprio a Castel di Tora, Vespaziani aprì un’altra comunità incontro per ragazzi tossicodipendenti; è stato anche co-fondatore dell’Associazione I borghi più belli d’Italia, per un decennio è stato membro del Consiglio direttivo, ma soprattutto ha iscritto Castel di Tora all’Associazione I Borghi più belli d’Italia e ha invitato tutti i sindaci d’Italia ad iscrivere i propri borghi alla stessa Associazione”.

Di grande interesse il racconto della telefonata ricevuta dall’avvocato Vespaziani in una calda giornata estiva del 1988, una telefonata che mai avrebbe potuto immaginare di ricevere, da parte del già noto magistrato Giovanni Falcone, impegnato nella lotta di Palermo contro la mafia, contro Cosa Nostra, il quale gli chiede di accettare l’incarico di difendere un pentito di mafia nei vari interrogatori che si svolgevano nei diversi tribunali d’Italia, da Milano a Palermo, ma perlopiù presso il Carcere di Santa Scolastica di Rieti, dove il pentito fu rinchiuso dopo un arresto. Sarà soltanto alla fine della telefonata che gli rivela il nome, si tratta di Antonino Calderone. Questi interrogatori si svolgevano alla presenza dei giudici Giovanni Falcone e talvolta anche di Paolo Borsellino. Calderone, sa, conosce tantissimi dettagli, lui entra in scena nella seconda fase del dibattimento giudiziario, ben noto di Tommaso Buscetta, perché egli è stato il primo a parlare, ma assai più ricche e dettagliate sono le informazioni che fornisce Antonino Calderone, che accusa tutti i boss di Cosa Nostra, lo stesso Tommaso Buscetta, quindi fornisce informazioni fondamentali, saranno poi le deposizioni di Calderone a segnare la condanna a morte di Falcone e dello stesso Borsellino, deposizioni che sono racchiuse in 867 pagine.

“Egli parla molto, accusa tutti i boss di Cosa Nostra di cui ne fa arrestare circa trecento – ha sottolineato la Mancini – inizia a dare la definizione dell’uomo d’onore, a dire chi è l’uomo d’onore. L’uomo d’onore non ha nulla a che vedere con il mafioso, un uomo d’onore fa parte dell’élite della criminalità, ossia Cosa Nostra, un’élite molto importante, perché, come diceva Calderone, siamo dei criminali, ma siamo i peggiori criminali, siamo i peggiori di tutti, non abbiamo nulla a che vedere con il delinquente comune, un rozzo, che è qualcuno senza arte né parte. Poi fornisce delle dichiarazioni di una atrocità inaudita sulla fine macabra delle proprie vittime. Un destino macabro che va proprio oltre la propria fine. Racconta il modo in cui le vittime di Cosa Nostra venivano uccise, descrive nei dettagli il modo in cui venivano annegate, strangolate, gettate in un pozzo, sciolte nell’acido, e, una volta uccise, impastate nel cemento per finire poi nei piloni delle strade e delle autostrade; svela i loschi legami tra le istituzioni dello Stato e Cosa Nostra e fa i nomi, e dice Cosa Nostra è un ragno che tesse le proprie ragnatele soprattutto negli ambienti più prestigiosi della società, la politica in primis, perché ha bisogno di attingere, ha bisogno di ricevere favori e di restituire favori, e quindi fa i nomi, dice che ci sono tutti, ci sono i carabinieri, ci sono i poliziotti, ci sono i politici, nomi di spicco, ci sono anche giudici e ci sono magistrati. Quindi capite bene l’importanza di Calderone che apre un mondo, dice la verità tutta la verità possibile su Cosa Nostra e sugli uomini d’onore”.

Nel corso della presentazione sono state trasmesse in sala le immagini del film straordinario “I Cento Passi” di Peppino Impastato, con la musica dei Modena City Ramblers e, a seguire, altri sottofondi musicali. L’autrice si è quindi soffermata su due passaggi del suo libro, utili ad approfondire il rapporto tra l’avvocato Vespaziani e il magistrato Falcone, quel rapporto che si era instaurato oltre la collaborazione, un rapporto di stima e di affinità elettiva. C’è anche una corrispondenza epistolare, ci sono delle lettere che Falcone scrive a Vespaziani e Vespaziani a Falcone.

A conclusione della presentazione si è svolto un breve, ma interessante talk con i partecipanti in sala.

“A Natale – ha precisato ancora l’autrice – la famiglia di Falcone riceverà questo libro e mi auguro di avere l’opportunità di interagire con loro nel 2025. E’ un libro che racconta in modo facile un’esperienza davvero complessa e difficile. La copertina sembra un fumetto, il libro ha i caratteri grandi, è di facile lettura. Ho scritto questo libro nella speranza che possa essere letto dai ragazzi delle scuole medie. Proprio le scuole medie, infatti, ogni anno, commemorano la memoria di Falcone e Borsellino”.

Le mafie e l’illegalità sono diffuse in tutto il mondo e, ormai da tanto tempo, in forme diverse, e per questo sono difficili da combattere, ma non sono incontrastabili. Molte persone hanno sacrificato la loro vita per combattere e per vincere questo “cancro” che calpesta i diritti dei cittadini, che nella vita di ogni giorno spaventa e uccide persone innocenti. Dobbiamo tenere ben presenti gli esempi offerti da Giovanni Falcone, da Paolo Borsellino, così come da padre Pino Puglisi, sacerdote dedito in special modo alla pastorale giovanile, primo martire della Chiesa cattolica ad essere stato ucciso dalla mafia; grandi uomini che si sono sacrificati per il bene della collettività e cercare di applicare i loro insegnamenti nella vita quotidiana.  E’ molto importante ricordare le persone, uomini e donne, vittime della mafia. Per questo motivo sono state istituite due Giornate: il 23 maggio, la Giornata della Legalità, in ricordo delle vittime della mafia e, il 21 marzo, la Giornata della Memoria e dell’Impegno, in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, promossa dall’Associazione Libera. L’evento si svolge ogni anno in una città diversa e in questa occasione, si leggono i nomi e i cognomi delle vittime innocenti delle mafie, per continuare a farli vivere e non dimenticarli mai.

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