The show must go on, lo spettacolo deve continuare. Sembra essere questo il leit motiv che ha portato gli organizzatori del Festival di San Remo a programmare la settantunesima edizione della manifestazione canora. La decisione di confermare il festival ad un anno esatto dall’inizio dell’anno pandemico, si inserisce nell’estenuante dibattito che interessa le diverse opinioni riguardo cosa è giusto fare e cosa non è giusto fare in tempo di corona virus.
Penso che non esista una risposta univoca che possa accontentare tutte le parti in causa e le varie sensibilità di chi sta sopportando stoicamente i disagi dovute alle restrizioni. Basti pensare a tutte le attività commerciali e professionali che perdono ogni giorno opportunità di guadagno, di prospettiva economica e di sviluppo. In questo tentativo di dare una risposta al quesito penso possa servire scomodare il pensiero antitetico, ovvero la capacità di spostare il punto di vista e quindi l’approccio sul da farsi.
Ma proviamo a cristallizzare la situazione per avere dei punti di riferimento precisi da cui partire. Allo stato attuale, malgrado la notizia di un caso di positività tra gli artisti, la scalinata, tanto cara ai coreografi del festival, sarà aperta ai cantanti e agli ospiti dal due marzo al sei marzo prossimi. Per quanto mi riguarda in linea di massima è giusto cercare di fare ripartire l’economia, se consideriamo i cantanti, i giornalisti, gli addetti stampa, le maestranze e l’indotto a livello nazionale e locale, che beneficeranno del pronti partenza e via previsto. Ma cambiando il punto di vista la domanda è: perché organizzare il Festival della canzone italiana di San Remo, seppur con il sacrificio del pubblico in sala? Rimanendo nel campo dello spettacolo e delle rappresentazioni teatrali mi domando: perché non fare ripartire anche il teatro, le mostre, le presentazioni dei libri che a macchia di leopardo coinvolgerebbe tutto il territorio nazionale?
Come ho scritto nel mio ultimo articolo, la presenza del pubblico nelle manifestazioni culturali ed in particolare nel teatro, è di fondamentale importanza, ma a mio parere, con le dovute sovvenzioni delle televisioni pagate dagli inserzionisti e perché no del governo statale, si dovrebbe quanto prima dare voce e palcoscenico agli attori, agli artisti, ai creativi e trasmettere in tv, sui canali social e streaming, favorendo in tal modo le attività culturali in via generale. Penso che possa essere questo un sistema per bilanciare le cose, una sorta di par condicio, che farebbe meglio accettare all’opinione pubblica lo svolgimento del Festival di San Remo in quest’anno così particolare.
Un altro aspetto che potrebbe aiutare ad evitare le polemiche coinvolge i protagonisti del festival, conduttori, ospiti, dirigenti e la Rai i quali farebbero bene a devolvere una cospicua parte dei loro guadagni, impensabili ai più, per esempio alle strutture sanitarie in prima linea contro la lotta al coronavirus, alle strutture sanitarie che curano altre patologie e perché no alle attività artistiche che hanno meno visibilità e meno sovvenzioni. Una sorta di solidarietà virtuosa e trasversale, in questo momento di difficoltà economica che coinvolge tutti.
Qualche anno fa, parlando con un dirigente che opera nel settore tradizionalmente molto ricco del calcio, si dibatteva sul fatto che gli ingaggi dei calciatori e delle altre figure che ruotano nelle alte sfere nel mondo del pallone, sono esageratamente alti. La risposta che ci siamo dati è che le cifre astronomiche rimarranno tali finchè l’interesse del pubblico sarà così alto sia in termini di presenze negli stadi, per ora abolite, che di audience televisiva. Premesso che guarda caso le partite di calcio, seppur a porte chiuse non si sono mai interrotte, possiamo concludere che alla fine della fiera ciò che conta più di tutto e su tutto è il denaro. Stessa situazione nelle alte sfere della televisione, in stretta collaborazione con il festival di San Remo, laddove girano tanti soldi per via dei palinsesti asserviti al gradimento del pubblico, che purtroppo non sempre mostra di avere palato fine. A tal proposito basta citare le i programmi televisivi trash che continuano ad avere ascolti degni di nota non soltanto in prima serata.
Chiosa finale: Festival di San Remo si o Festival di San Remo no? Per quanto mi riguarda si con le dovute precauzioni e come detto con l’impegno di tutti di fare ripartire tutte le manifestazioni culturali in uno sforzo generale caratterizzato dalla solidarietà.