La misera esistenza di Jan e Frak viene stravolta nel momento in cui i due ragazzi decidono di traslocare e tentare la fortuna nella fredda Praga. A seguirli è Lenka, la compagna di Frak di cui Jan è segretamente innamorato. In realtà, quello in cui finiranno per rifugiarsi è l’irrimediabile fallimento di chi, con disincanto, si guarda allo specchio e, dopo tutte le prove che la vita gli dà, dice ancora: “fino a qui tutto bene”.
Tre amici consumano le loro vite d’espedienti ai margini della periferia ceca, sognando una grande svolta artistica che non sembra proprio volere arrivare. La luminosa città di Praga li accoglie offrendo speranze, opportunità e una brutale realtà a cui non potranno sottrarsi. Asciutto e autentico, Fino a qui tutto beneè la voce dei sogni disattesi e delle illusioni irrisolte, e di quanto sia traumatico lo scontro con la realtà.
Flavio Carlini è nato a Roma il 14 luglio 1984. Scrittore, reporter e video-maker, laureato in Filosofia presso l’Università degli Studidi Roma Tor Vergata con una tesi sui crimini di guerra del Novecento. Ha collaborato con diverse riviste e web-magazines in qualità di redattore. Nel 2008 ha pubblicato il romanzo Le cronache del Quartiereper la casa editrice Aletti di Roma e nel 2009 il romanzo Downtownper la Casini Editore di Roma. Ha curato diverse sceneggiature per corti, mediometraggi e documentari. Per Edizioni Haiku ha pubblicato: La corte dei miracoli(2010) e Lode a Mishima e a Majakovskij (2011). Nel 2019 pubblica per Edizioni Efesto il romanzo Venti giornate al rogo, del quale Fino a qui tutto bene (2021) è un prequel.
Dice che immettere un po’ di gentilezza nel mondo significa rendere il mondo un poco più gentile, lo chiama karma. Mi metto a pensare a cosa immetto io, nel mondo. Elena intuisce i miei pensieri, è brava lei. Si volta e indica le piante che decorano i dettagli del parco attorno al palazzo Žofín, al centro dell’isola. Dice che sono come l’ortensia.L’ortensia si aggrappa ai tronchi degli alberi e fiorisce, offrendo una bellezza unica, inimitabile, condita da un dolce profumo. Dice che sono come l’ortensia, che senza un albero a sostenermi mi accascio su me stesso e muoio, lentamente, disperatamente.Mi abbraccia e mi bacia ancora, non vuole buttarmi giù con le sue parole, io le dico che sto bene. Guardo l’ortensia e penso che è proprio un bel fiore.È un poco preoccupata, si lamenta di se stessa, che parla troppo, che pensa troppo. Dice che il suo giorno preferito è il primo dell’anno, perché non pensa mai a nulla. Ci si aspetta sempre tanto dal primo dell’anno: cambiamenti improvvisi e radicali, svolte improvvise e vite nuove e lucenti. Non lei, non si aspettava mai nulla. Non credeva che il mondo diventasse di colpo migliore solamente perché per una notte il cielo si colorava di bellissime luci esplosive. E le andava bene così. Per questo non pensava mai troppo in quel giorno. L’unica cosa che faceva era stilare una lista di buoni propositi, per poi scendere alla Moldava e lasciarla nel fiume. Dice che se le parole se le porta via la Moldava, magari qualcosa si riesce a fare.Poi dice che potrei fare lo stesso con le mie poesie e i racconti, affidarli al fiume, magari finirei per trovare quello che cerco. Rido, chiedo se è una velata critica a quello che scrivo. Ridiamo.Poi arriva la chiamata. Frantisek. E chi sennò?Dice che si è licenziato, di stare tranquillo che il capo non mi caccerà, ma lui se ne va. Si metterà a suonare per strada, nei locali, dove capita. Si metterà a suonare le sue canzoni e ricaverà quel che ricaverà, pian piano si farà un nome e scriveranno il suo nome su Wikipedia come cantautore.Chiudo la chiamata, Frak si appoggia alle sue illusioni, forse anche lui è come l’ortensia. Elena mi accarezza la schiena. Mi appoggio a lei. Elena è perfetta, ma non riesco a capire che non è un albero.