Dopo la bocciatura da parte della Magistratura britannica e veto posto sul progetto del governo di esportare I migranti rifugiati in Ruanda, le autorità hanno subito cercato una alternativa. A maggio il governo britannico ha annunciato che potrebbe utilizzare i cosiddetti “flotel” entro la fine dell’estate come alloggi per i richiedenti asilo.
Il sistema d’accoglienza inglese è in crisi. Nel 2022 sono arrivate 45.728 persone nel Regno Unito, il 60% in più rispetto al 2021 (28.526 persone arrivate). Numeri, secondo molti, gestibili. Ma non per il governo che delle politiche di d’accoglienza ha fatto il proprio cavallo di battaglia. Una scusa per cercare di ridurre le spese elevate per l’accoglienza che gravano sui bilanci mai così in rosso come nell’ultimo periodo (effetto Brexit?) . L’Home Office, il corrispettivo del ministero dell’Interno italiano, ha ammesso di spendere circa cinque milioni di euro al giorno per ospitare richiedenti asilo e rifugiati in strutture alberghiere. Per questo, ha deciso di trovare soluzioni più economiche.
Fallita almeno per ora la strada dell’esportazione di massa in Africa, il governo ha cominciato a pensare a strutture alternative. Dapprima si era pensato di utilizzare ex basi militari. Poi si è pensato ai floatels. Il Dipartimento per l’uguaglianza ha confermato l’intenzione di pubblicare un bando di gara per utilizzare un alloggio galleggiante per i richiedenti protezione internazionale.
Flotels come quello che si trova nel porto di Falmouth, una deliziosa cittadina di mare situata in Cornovaglia, nel sud dell’Inghilterra. Qui, decenni, è attraccata un’enorme chiatta. Secondo le stime del governo di sua maestà dovrebbe essere in grado di ospitare più di 500 richiedenti asilo. Secondo la classificazione inglese queste navi si chiamano accommodation vessel, imbarcazione per l’alloggio, oppure floating hotel, albergo galleggiante. Da qui nasce il nomignolo più diffuso: floatel.
Non è ancora chiaro quanto il governo potrebbe risparmiare utilizzando questi immensi barconi. Di sicuro in molti hanno pensato che potrebbe trattarsi di un sistema per controllare meglio migranti e rifugiati. In base alle informazioni emerse, ai richiedenti asilo rinchiusi sulla chiatta non sarebbe consentito entrare e uscire a loro piacimento. La chiatta dovrebbe restare ancorata al porto, ma in una zona protetta e controllata. Interpellato in televisione sulla questione, il Ministro dei trasporti Richard Holden ha continuato a insistere che la chiatta non è una prigione. Quando però gli è stato chiesto che differenza ci sia tra una prigione e la chiatta se i richiedenti asilo non possono uscire, non è stato capace di dare una risposta valida.
Come nel caso dell’esportazione dei rifugiati in Africa (l’idea era già venuta alla Danimarca), anche in questo caso non si tratta di una soluzione innovativa. Nel 2008, anche l’Olanda aveva pensato di utilizzare queste enormi chiatte galleggianti come alloggio per richiedenti asilo. Ma dopo la morte di un migrante algerino sulla nave ancorata a Rotterdam, il sistema d’asilo olandese ricevette pesanti accuse. Alcuni richiedenti asilo presenti sulla nave dichiararono che il richiedente, in gravi condizioni fisiche, non aveva ricevuto cure adeguate e lamentarono condizioni di vita impossibili. L’Olanda rinunciò. La chiatta subì successivamente dei lavori di ristrutturazione e venne utilizzata per qualche tempo come alloggio per ospitare lavoratori impiegati su piattaforme petrolifere nei mari della Scozia.
Ad aprile 2023, è stata noleggiata dal governo britannico con un contratto della durata di 18 mesi. Obiettivo: stiparci più di 500 richiedenti asilo, in attesa l’esito della loro domanda. Inutile dire che anche la nuova decisione del governo britannico ha ricevuto pesanti critiche. Migrant Help, organizzazione che ha un contratto con il governo per dare assistenza a chi fa domanda di asilo in Inghilterra, ha invitato il governo ad adottare politiche di accoglienza diverse.
Il ministro per l’uguaglianza e l’integrazione Roderic O’Gorman ha dichiarato che 259 richiedenti protezione internazionale sono attualmente senza alloggio. Parlando ai giornalisti, il ministro ha affermato che il Dipartimento per l’infanzia, l’uguaglianza, la disabilità, l’integrazione e la gioventù sta esaminando gli hotel galleggianti, o “flotel”, per “offrire una sistemazione sicura per i richiedenti protezione internazionale”. “I richiedenti protezione internazionale per strada sono estremamente difficili da proteggere”. Strano modo di proteggerli rinchiuderli in una chiatta ancorata in porta ma dalla quale non possono scendere.
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