Sgombriamo il campo dagli equivoci: Lucia Abbate è una collega che stimo. Messinese, già professore associato di Linguistica presso l’Università di Messina, ha scritto articoli e libri, di carattere scientifico che divulgativo sulle dinamiche della comunicazione linguistica, sulla variazione di linguaggio, sulla storia di nomi di luogo e cognomi.
Ma non poteva farmi regalo più bello. Rientrando a casa nella cassetta della posta trovo un plico. E’ un libro. Strappo subito la busta e vedo la copertina. C’è la foto di un giovane Franco Battiato. Mi emoziono. Tantissimo. Poi leggo il titolo: “Franco Battiato, verso la metà del ritorno”. Nonostante i tanti impegni trovo il tempo per divorarlo. Non avevamo mai parlato della grandezza di questo grande Maestro conterraneo. Io non sapevo quanto lei lo avesse studiato, lei non sapeva che lo avevo conosciuto e che avevo condiviso con lui progetti straordinari.
E così mi metto a leggere il volume. Certo che alla fine mi sarei sentito più ricco e con tanta energia che soltanto Franco Battiato è capace di darti (scrivo al presente perché non riesco a rassegnarmi al fatto che non ci sia più). Il racconto di Lucia è davvero entusiasmante: “Nei primi anni Ottanta, quando Franco Battiato raggiunge il successo, io e mio fratello, giovanissimi ci inebriavamo della sua musica stravagante e di quelle parole aliene cantate con voce straordinaria: non ci importava affatto di decifrarne il significato, quanto di goderci suoni e ritornelli, che imparavamo velocemente, senza fare lo sforzo di studiarli”.
E subito rivela che: ”lo scopo principale di questo libro non è quello di selezionare i testi per sbrogliarne i contenuti, anche se mi è piaciuto cercare il significato profondo dei brani, quanto quello di considerare il cantautore sotto un aspetto diverso, come potrei dire, non di un’identità sola, ma in coppia, un duetto speciale: Franco Battiato e la Sicilia, due facce di una stessa medaglia, che non si possono dividere, ma osservare ammirandole da una parte e dall’altra”.
Ed è verissimo che in tutto quello che faceva Franco si sente l’eco della Sicilia, della sua, della nostra Sicilia. Scrive ancora la professoressa Abbate: “nei canti interamente dialettali, in quelli in italiano brizzolati di dialetto, fra i miscugli di lingue orientali e occidentali, nelle melodie sofisticate e in quelle popolari”.
Di Franco Battiato non dimenticherò mai un abbraccio sul palco del Teatro Nazionale di Bagdad in Iraq. Era il 4 dicembre del 1992. Avevo appena finito di intervistarlo per il tg di Video Music. Da giorni ero nella capitale irachena per girare un reportage che sarebbe stato trasmesso la notte di Natale come traino per il concerto del Maestro siciliano per rivendicare i diritti del popolo iracheno e fermare l’embargo. La sua sensibilità era incredibile. La sua capacità di esprimere solidarietà difficilmente raccontabile.
Mi disse una frase che mi rimarrà per sempre scolpita nel cuore: “Due siciliani a Bagdad, ci pensi? Non è fantastico?”
Non fu l’unica occasione in cui collaborai con Franco Battiato, ricordo la lunga preparazione per un evento televisivo straordinario. La Messa scritta dal Maestro che riuscimmo a trasmettere in diretta dalla Basilica di San Francesco in Assisi. Un’altra esclusiva di Videomusic di cui allora ero il Capo Ufficio Stampa.
L’ultima volta che lo ascoltai in concerto a Vittoria (in provincia di Ragusa), in una calda serata di fine luglio di qualche anno fa, non pensai nemmeno per un attimo di cercare di salutare Franco Battiato, né di parlare con lui. Di ricordare quei momenti rimasti impressi nel mio cuore.
Franco Battiato non si può non amare per quello che è stato e per quello che sarà per l’eternità. Per quello che rappresenta, per quello che è. Nella sua musica c’era, e ci sarà per sempre, fede, amore, passione, Sicilia, mondo.
Ed è questo il Franco Battiato rappresentato meravigliosamente nel libro di Lucia Abbate: “Per parlare della musica e della sua figura, senza staccarmi troppo dalla realtà, ho guardato programmi televisivi in cui era presente il cantautore, ho letto libri, ascoltato le canzoni e ho cercato nei giornali e su YouTube quasi tutte le interviste. Dalla voce, dai gesti, da ciò che dice traspare la sua gentilezza, il garbo, l’intelligenza ma soprattutto la sua anima”.
Già l’anima di Franco sembrava immensa. Un’anima siciliana piena di sicilianità. Perché come sostiene Lucia Abbate: “Battiato è un cantautore italiano, regionalmente siciliano, di provincia catanese, ionio-ripostese se si può dire, oppure, come sarebbe piaciuto a lui con un po’ di fantasia, arabo siciliano, che include il mondo da Oriente a Occidente”.
Sfogliando le pagine del libro di Lucia l’ho rivisto seduto su un tappeto nel Teatro di Bagdad mentre cantava in un arabo perfetto, sorprendendo anche gli arabi. Lui siciliano con la S maiuscola. Lui Essere Speciale che ora ci guarda dal cielo e sorride pensando che ancora ci occupiamo di lui e continueremo a farlo. Grazie Lucia per le tue pagine, per il tuo prezioso lavoro, che tutti dovrebbero leggere per scoprire come si può essere diversamente siciliani. Si, perché non siamo tutti mafiosi, come qualcuno vuol far credere. Qui girano anche delle anime.