“Freud – L’ultima analisi”, un film girato partendo da un paradosso storico

Articolo di Gordiano Lupi

Un film girato partendo da un paradosso storico, stile Le interviste impossibili, facendo assurgere a realtà che Sigmund Freud e C.S. Lewis si siano incontrati nel 1939, alla vigilia dei bombardamenti su Londra, per un colloquio chiarificatore, una sorta di contrasto intellettuale tra un pensatore ateo e un intellettuale cattolico. Tutto comincia dal saggio The Question of Good di Armand Nicholi, motivo ispiratore del dramma di Mark St. Germain, titolo identico alla pellicola: Freud’s Last Session. Il film gode di un solido impianto teatrale, basato sulla recitazione intensa di Anthony Hopkins (Freud) e Matthew Good (Lewis), senza dimenticare Liv Lisa Fries nei panni della figlia del grande psicanalista, morbosamente attaccata al padre e innamorata di una donna, ma incapace di far accettare la compagna al genitore. Non solo teatro, comunque, perché i numerosi flashback sul passato dei due grandi uomini di cultura – soprattutto infanzia, adolescenza e guerra – sono cinema puro, caratterizzato da una fotografia plumbea (Smithard) e da un montaggio sincopato. Le sequenze belliche riproducono l’angoscia della Prima Guerra Mondiale combattuta in trincea, in mezzo al fango e in compagnia dei topi, con il terrore di poter morire da un istante all’altro. Il film gode di una realistica ambientazione londinese, spesso ricostruita in teatri di posa, con il regista che rende palpabile la paura della popolazione dopo l’invasione tedesca della Polonia e fa vivere in sala il terrore di un possibile bombardamento su Londra. Il dialogo tra Freud e Lewis si svolge nella casa dello psicanalista, sofferente per un cancro orale, poche settimane prima che decida di farsi praticare l’eutanasia dal proprio medico per porre fine alle atroci sofferenze. Ottimo l’alternarsi di teatro e parti oniriche, accompagnate da flashback intensi ed evocativi che citano Bergman e Il posto delle fragole. I grandi temi teologici accompagnano la paura della morte e il dolore di dover lasciare affetti, onori ed emozioni terrene, oltre al pensiero di un’amata figlia che deve raccogliere l’eredità paterna. Un film girato tra Londra e Dublino come se fosse un’opera teatrale, che mostra le debolezze umane di due grandi pensatori, oltre alle differenze che caratterizzano un uomo razionale e un teologo. Nel film viene citato anche Tolkien, responsabile della conversione al cattolicesimo da parte di Lewis. Un buon lavoro che serve a conoscere la filosofia di Freud e le teorie di Lewis in fatto di fede e cristianesimo, ma che riesce a indagare in profondità l’animo umano, conducendo verso un finale metaforico che fa vedere in sogno la luce divina. Da vedere.

Regia: Matt Brown. Soggetto: dall’opera teatrale Freud’s Last Session di Mark St Germain. Sceneggiatura: Mark St. Germain. Fotografia: Bem Smithard. Scenografia: John Neligan, Claudia Parker. Costumi: Eimer Ni Mhaoldomhnaigh. Effetti Speciali: Paul Byrne. Musiche: Coby Brown. Produttori: Vladyslav Riashyn, Meg Thomson, Natalya Tsvetkova, Marlon Vogelgesang, J.D. Zack, Maya Amsellem, Matt Brown, Niamh Fagan, Nadezhda Gorshkova, Peter Hampden, Sharon Harel, Norman Merry, Simon Moseley, Jeff Rice, Morwin Schmookler, Yuan Yang Shen, Enzo Zelocchi. Paese di Produzione: Regno Unito, Irlanda, USA – 2023. Durata: 108’. Lingua Originale: Inglese. Distribuzione (Italia): Adler Entertainment. Interpreti: Anthony Hopkins (Sigmund Freud da vecchio), Matthew Goode (C. S. Lewis da adulto), Liv Lisa Fries (Anna Freud), Jodi Balfour (Dorothy Burlingham, Padraic Delaney ( Warren Lewis), Stephen Campbell Moore (J.R.R. Tolkien), Rhys Mannion (C.S. Lewis da giovane), George Andrew-Clarke (Paddy Moore), Orla Brady (Janie Moore), Gary Buckley (Albert Lewis), Tarek Bishara (Jacob Freud), Jeremy Northam (Ernest Jones).

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