Ancora convalescente per la ferita sull’Aspromonte, Garibaldi si era ritirato sulla sua piccola e inospitale isola di Caprera. A quei tempi Bakunin, di poco più giovane, era fuggito dal domicilio coatto in Siberia e, dopo un lungo e rocambolesco viaggio che lo aveva portato dal Giappone all’America del Nord, era finalmente giunto a Londra il 27 dicembre 1861.
Secondo l’amico e compatriota Alessandro Michail, Bakunin “discuteva, predicava, dava ordini, urlava, decideva, organizzava, esortava l’intero giorno, la notte intera, per le intere ventiquattro ore. Nei pochi momenti che gli rimanevano, si gettava sul tavolo, lo ripuliva del tabacco e della cenere, e scriveva cinque, dieci, quindici lettere. La sua attività, la sua pigrizia, il suo appetito, il suo disordine, come tutte le altre sue caratteristiche, compresa la gigantesca statura e il continuo trasudare, erano di proporzioni sovrumane. “
A Londra era stato aiutato e ospitato dalla numerosa comunità russa in esilio. Fra i tanti, incontra Giuseppe Mazzini e Aurelio Saffi, che gli avevano illustrato la situazione italiana e la necessità di liberare Roma e cacciare i Savoia. Ma, al momento, il suo desiderio più grande era di conoscere l’altro grande mito rivoluzionario italiano, l’uomo forse più conosciuto e popolare al mondo, quello il cui nome aveva sentito pronunciare molte volte perfino nella lontana Russia: il generale Garibaldov.
Negli anni 1860-63, quando il mondo rurale russo era in profonda agitazione, i contadini della Grande e della Piccola Russia attendevano l’arrivo di Garibaldov, e se si domandava loro chi fosse, rispondevano “È un grande capo, l’amico della povera gente, e verrà a liberarci”.
Bakunin scrisse a Garibaldi 31 gennaio 1862 un messaggio, affidato al fratello Aleksandr in partenza per l’Italia, che conteneva l’invito all’eroe dei Due Mondi a lottare per i popoli e per la libertà di tutti i popoli oppressi. Poi seguirono almeno altre lettere a maggio e un anno dopo, 10 gennaio giunse in Italia con credenziali di Mazzini e Saffi per conoscere Garibaldi. A Genova incontrò Agostino Bertani e, grazie a lui, giunse a Caprera. Ad attenderlo sulla banchina, su quel piccolo attracco, c’era il Generale in persona, con la classica camicia rossa. Lo accompagnava il suo inseparabile segretario particolare Giovanni Basso. Un caloroso e commosso abbraccio segnò il loro primo incontro quella mattina del 20 gennaio 1864.