Esistono attori in grado di entrare nell’immaginario collettivo a tal punto da diventare eterni. A volte ricordati per un solo titolo altre volte per tutta la loro carriera questi artisti rinnovano il loro carisma di generazione in generazione. Gene Wilder è stato uno dei più grandi esempi di come la comicità sia insita nelle persone normali. Dai suoi esordi a fine anni sessanta Wilder ha messo la faccia e la sua penna in titoli che hanno portato il comico a una nuova forma di genere. Attore dotato di grande mimica era solito utilizzare la sua battibilità per far sorridere il pubblico. Espressione della timidezza creativa, il protagonista di Frankenstein Jr era anzitutto un perdente che vinceva. Lo schermo ha visto tantissimi esempi di comici normali la cui goffaggine era in realtà saggezza: Bob Hope, Peter Sellers e lo stesso Wilder erano soggetti in grado di sorprendere il pubblico. L’imprevedibilità e i tempi sono ingredienti su cui si fonda il concetto stesso di comicità e Wilder sapeva trasformare se stesso mantenendo un’ingenuità malinconica in cui l’identificazione scattava da sé.
Conosciuto per Willy Wonka e la sua collaborazione con Mel Brooks, Gene è stato anche ottimo sceneggiatore in grado di ribaltare copioni tirandone fuori veri successi. Formatosi sui palcoscenici di New York, l’attore ha lavorato con registi del calibro di Woody Allen e Sidney Poitier prima di passare dietro la macchina da presa. Film come La signora in rosso, La fabbrica di cioccolato o Frankenstein Jr passano ancora oggi sulle televisioni di tutto il mondo tenendo in vita il talento di un attore poliedrico. L’attore americano era soprattutto recitazione che faceva della comicità il suo punto di forza ma riguardando alcuni titoli ci si accorge della gamma di toni che sapeva proporre. Il sodalizio con Richard Pryor ha creato alcuni film, dove il comico si fonde con la tradizione e la risata assume un valore molto più profondo, una coppia di “buffoni” sublimi in grado di rappresentare perdenti di successo.
Il fratello più furbo di Sherlock Holmes Gene Wilder 1975
Per un caso poco interessante l’Holmes originale cede la scena a suo fratello minore. L’investigatore pasticcione dovrà recuperare documenti importantissimi che potrebbero costare una guerra all’Inghilterra. Reduce dal successo di Frankenstein Jr Gene Wilder rimette insieme parte del cast (Marty Feldman e Madeline Kahn) portando la parodia nei territori di Conan Doyle. Punto di forza della pellicola sono la comicità surreale e gli spunti divertenti in cui il trio di attori da prova di straordinaria affinità.
Wilder, qui anche regista, si misura su un terreno a lui congeniale rompendo la narrazione con esilaranti trovate che diventano siparietti a se stanti . Un lavoro interessante che dimostra quanto le capacità del protagonista andavano oltre la recitazione trasformandolo in una maschera della sperimentazione. La pellicola ha un ritmo incalzante, sapientemente dosato dal regista, in grado di soddisfare anche lo spettatore più esigente.
Nessuno ci può fermare Sindey Poitier 1980
Due artisti di mezza tacca partono per la California in cerca di successo ma vengono scambiati per rapinatori. Condannati a una detenzione pesantissima i due cercheranno di sopravvivere al carcere con creatività. Scritto con grandissima arguzia è il film più azzeccato della coppia Pryor/ Wilder per il susseguirsi di situazioni esilaranti che accompagnano le vicende dei malcapitati. I comici, qui in grande spolvero, riescono a trasformare il genere carcerario in una divertente critica alla società Usa degna del primo Allen. La sceneggiatura è fatta di satira e recitata perfettamente da Wilder e Pryor che sconfinano nelle zone di Buster Keaton o di Oliver Hardy. I due protagonisti arriveranno a progettare un’evasione in puro stile Eastwood ma correlata da un incredibile senso del ridicolo. Un film diretto in maniera egregia da Poitier che si dimostra abile nello sperimentare nuove forme di ironia.
Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso, ma non avete mai osato chiedere Woody Allen 1972
Film a episodi dove Allen ironizza sui desideri sessuali. Introdotti da altrettante domande, gli episodi cercano di affrontare il tema erotismo con ironia e schiettezza arrivando a sconfinare nella fantascienza. Sullo schermo si assiste alla vita di uno spermatozoo o a una mammella gigante impazzita. L’episodio con protagonista Gene Wilder è considerato uno dei più riusciti. L’attore veste i panni di uno stimato medico che s’innamora di una pecora arrivando a ipotizzare una vita con lei. La comicità di Allen è perfetta per Wilder che da vita a un personaggio molto impegnato nel gestire la serietà di un sentimento impossibile. Espressioni e movenze di Gene sono la base del segmento sul quale il regista lavora applicando la sua comicità e lasciando libertà a Wilder di rendere suo il personaggio. Un film ancora oggi molto divertente e appartenente al primo periodo del regista di Zelig, dove la sperimentazione comica era un elemento essenziale del suo lavoro.
Il più grande amatore del mondo Gene Wilder 1977
Timido individuo anonimo partecipa a un concorso per diventare il secondo Rodolfo Valentino. L’esperienza del cinema regalerà all’uomo sicurezza e l’amore di sua moglie. Uno dei film più sottovalutati di Wilder è una perla del cinema (quasi) muto adattata agli anni settanta. Nata come parodia dei lavori ante sonoro è piena di citazioni al cinema dei Buster Keaton e conta su un Gene Wilder in grado di recitare senza usare la voce per tre quarti della proiezione. Un film sicuramente difficile che sconfina nell’atto d’amore a un cinema del passato su cui il regista si è formato. Molto interessanti le gag che si susseguono ricordando una maniera di recitare fatta solo di espressioni e movenze. Un film da approfondire per capire al meglio le peculiarità di un attore che ha saputo reinventare la comicità anche e soprattutto amandone le basi slapstick.
Frankenstein Jr Mel Brooks 1974
Rivisitazione in chiave comica del classico di Mary Shelley. Il nipote del famoso dottore va in Transilvania e decide di ripercorrere le orme del nonno. La creatura che rianima si rivela un essere gentile e sensibile. Sicuramente il capolavoro della coppia Wilder/ Brooks è una rivisitazione della novella gotica da cui regista e autore prendono spunto per proporre una comicità irriverente e a tratti geniale. Gene Wilder ha scritto gran parte della sceneggiatura giocata sul nonsense e su dialoghi spassosi. Un film perfetto, che trova i suoi punti di forza nelle interpretazioni di ogni personaggio. Marty Feeldman nel ruolo di Igor è maestro nel duettare con Wilder , notevolissimi i comprimari costruiti come delle macchiette che fanno il verso al cinema horror degli anni cinquanta. Ottima la fotografia volutamente imperfetta. Un bianco e nero eccellente accompagna le ricostruzioni del castello e del villaggio esaltandone i contorni . Regia sapiente, quella di Brooks, che parte dell’espressionismo tedesco qui usato in chiave comica.