Durante gli anni del periodo fiorentino Verga lavorava ai romanzi, ma anche alle opere teatrali. Gli aspetti delle opere teatrali del Verga, molto spesso, non vengono valutati abbastanza e non tutti conoscono ad esempio “Rose caduche”.
Rose caduche rimase inedita per moltissimo tempo e fu pubblicata solo nel 1928 nella rivista catanese le <<Maschere>>. La datazione del testo è ancora oggi controversa, Luigi Russo la colloca negli anni 1873-1875, ma altri critici come il Bigazzi, Ferrone, Barsotti la riportano proprio agli anni del soggiorno fiorentino e più propriamente al 1869. Ad una attenta analisi, anche attraverso il volume G. Verga Tutto il teatro con i libretti d’opera e le sceneggiature edito dalla Garzanti, si nota come l’opera rispecchia moltissimo i gusti della società borghese post-unitaria. Verga, emigrato dalla Sicilia e giunto a Firenze, cercava il successo del pubblico e soprattutto del pubblico fiorentino, abituato alle grandi rappresentazioni teatrali.
Pertanto sottopose il lavoro a Francesco Dall’Ongaro, che insegnava letteratura drammatica ed era divenuto ormai una figura di primo piano nella cultura cittadina. Il Verga teneva molto al suo giudizio e ne informava sempre la madre nelle sue lettere. In una, in particolare, inviata da Firenze e datata 2 luglio 1869 (che consente di capire che già nel 1869 l’opera era stata completata) leggiamo:
“E’ un lavoro bellissimo c’è novità di condotta, delicatezza di disegno e un dialogo poi stupendo davvero, quale voi l’avete e quale non ho trovato nei moderni poeti drammatici nostri. Il vostro dialogo (…) è proprio quello che ci vuole. Devesi qui rappresentare e del successo garantisco io”.
In realtà, la messinscena non andò in porto e le Rose rimasero sconosciute. Rose caduche non erano un prova fallita, certamente l’opera meritava di figurare in una produzione teatrale, benché quelle messe in scena fossero molto spesso ripetitive e povere di contenuto. Rose caduche presenta il repertorio della commedia sociale contemporanea, con i suoi personaggi fissi e il solito desiderio di migliorare la vita quotidiana della nuova Italia; ma in essa si scorge l’intenzione di allontanarsi dai soliti luoghi comuni e si palesarono i primi elementi di una poetica teatrale che si manifesterà in tutta la sua interezza solo dopo un quindicennio.
Rose caduche può essere messa a confronto con Eros, romanzo verghiano del periodo fiorentino. Il parallelo letterario nasce soprattutto per la tipologia dei personaggi, per gli ambienti descritti e per le affinità delle storie raccontate. Innanzitutto i protagonisti di queste due opere hanno lo stesso identico nome Alberto e Adele, i nomi di Alberto e Adele di Rose caduche verranno sostituiti solo ed esclusivamente nell’edizione BMM 1952 con Irma e Luciano.
Sia in Eros che in Rose caduche l’ambiente è quello mondano, fatto di amori eleganti, di lusso, di bei giardini e di splendori.
In entrambe le opere si consuma la passione amorosa, ma l’Alberto di Rose caduche è un poeta e si presenta più come un eroe romantico, pronto a difendere la donna che ama e l’onore di lei, sfidando a duello colui che osa offenderla.
Al contrario, l’Alberto di Eros ha gli elementi tipici dell’ eroe della Scapigliatura il quale risulta essere sempre indeciso, non sa mai cosa fare ed è incapace di legare il suo cuore ad un’unica donna.
Purtroppo entrambi i protagonisti vanno incontro ad una fine tragica, anche se con aspetti diversi. In Rose caduche è presente il tema dell’abbandono, dell’amore che finisce facendo svanire la speranza di poter ripristinare il rapporto dei due protagonisti. Tuttavia, quando questo Alberto lascia la sua Adele non lo fa per un’altra donna, la separazione avviene per le incomprensioni tra i due protagonisti e per il fatto che lui non riesce ad amarla come il primo giorno, benché nel suo cuore rimanga l’iniziale sentimento d’amore per lei.
In Eros Alberto si toglie la vita solo di fronte alla morte di Adele e solo in questo senso i due protagonisti subiscono una sorta di separazione, avvenuta attraverso la morte. Questo Alberto, dunque, si rende conto dell’importanza di Adele solo davanti alla morte della donna e decide di uscire di scena in modo tragico, per suggellare così il fallimento della propria vita. Solo alla fine l’Alberto di Eros riesce a riscattarsi dalla sua stoltezza, sacrificando la propria vita in memoria dell’unica donna che in fondo aveva mai amato.
Dal punto di vista linguistico Rose caduche presenta come Eros arcaismi lessicali con cui l’autore cerca di conferire una patina di letterarietà all’opera. Il lessico presenta toscanismi e i sicilianismi si riscontrano in espressioni che si rifanno alla terminologia dell’onore, ai richiami a “Dio” in alcune costruzioni sintattiche. È presente anche qualche siculo-toscanismo. Mentre in Rose caduche si può notare una cospicua quantità di termini provenienti dalla lingua sia francese che inglese, l’influsso inglese non si avverte in Eros.
Verga, dal punto di vista linguistico, è riuscito ad inserire anche forestierismi rendendo la sua opera poliedrica sotto molti punti di vista.
Dal punto di vista fonetico sono presenti alcuni elementi riconducibili al siciliano. Inoltre Rose caduche, oltre ad essere collegata al periodo fiorentino per l’argomento e per l’uso della lingua, mostra anche la presenza di un personaggio femminile che sarà delineato perfettamente con questo tipo di identità caratteriale in Lola, in Santuzza e nella Gnà Pina di Cavalleria Rusticana.