Giubileo 2025 e Intelligenza Artificiale: c’è il rischio di un’anima tramutata in byte?

Articolo di Salvo Di Noto

La Chiesa universale si prepara al Giubileo del 2025, un momento di riflessione, perdono e incontro spirituale. Ma quale sarà il ruolo della fede in un mondo che sembra sempre più governato dagli algoritmi? Come dialogare con un’umanità che sta demandando il pensiero a macchine capaci di apprendere, decidere e perfino emulare l’empatia?

Da uomini a dati: il rischio della disumanizzazione
L’intelligenza artificiale è oggi lo strumento più potente che l’uomo abbia mai creato, eppure non possiamo ignorare la sua duplice natura: genio al servizio del progresso o mostro che divora la complessità dell’esistenza riducendola a 0 e 1. Ogni giorno affidiamo scelte cruciali a software invisibili: dai sistemi giudiziari agli algoritmi di sorveglianza, dai profili medici ai social network.

Ma il problema non è tanto la macchina. Siamo noi, l’uomo del XXI secolo, che rischiamo di scambiare la comodità con la nostra stessa umanità. È inquietante pensare che la persona si stia riducendo a un’entità statistica, misurabile, vendibile. È ancora più inquietante pensare che, mentre si celebra il Giubileo, c’è chi sta preparando chatbot e confessioni gestite da un’intelligenza artificiale, relazioni sostituite da risposte automatiche. Sostituite, non affiancate.

Cosa rimane dell’uomo davanti alla ricerca del tutto?
La tecnologia ci ha reso più efficienti, ma non più saggi; più connessi, ma non più vicini. Nel cuore del Giubileo c’è il richiamo a riconciliarci con Dio e con gli altri. Ma possiamo davvero riconciliare un’umanità che fatica a guardarsi negli occhi, sempre più schiava di schermi che ci distolgono dall’essenziale?

L’intelligenza artificiale non è solo un tema etico: è una sfida, anche teologica. Se l’uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio, che immagine stiamo sostituendo a questa somiglianza? L’algoritmo non perdona, non ama, non si sacrifica. Può simulare l’empatia, ma non ne conosce il costo. Il Mistero dell’Incarnazione – Dio che si fa carne – non può essere tradotto in – Dio che si fa byte. –

Un Giubileo di resistenza umana
Il Giubileo del 2025 deve essere un’occasione per gridare al mondo che l’uomo è più della somma delle sue informazioni. Che la tecnologia deve servire l’uomo senza sostituirlo.

In questo spirito si colloca il gesto profondamente simbolico di Meter, che ha creato una Porta Santa digitale. È un’iniziativa che dimostra come la tecnologia, quando affiancata dall’umano, può diventare un ponte invece che un muro. Una porta che non sostituisce il cammino fisico o l’esperienza spirituale, ma la integra, rendendo accessibile il messaggio del Giubileo anche a chi non può fisicamente attraversare quei luoghi sacri.

È un segno di speranza che ci ricorda che il progresso non deve necessariamente alienarci, ma può diventare uno strumento per avvicinarci, se accompagnato da una visione umana. Un gesto che riporta al centro l’essenziale: la tecnologia al servizio della persona, non come sostituto della relazione con gli altri.

La Chiesa ha un’occasione straordinaria per aprire questo dibattito, non con la paura del nuovo ma con il coraggio del discernimento. Non si tratta di demonizzare l’intelligenza artificiale, ma di umanizzarla. Di ricordare al mondo che non c’è algoritmo capace di comprendere un’anima ferita, né una macchina in grado di trasmettere la grazia.

La domanda cruciale
Allora, nel 2025, quando milioni di fedeli e non si ritroveranno in Piazza San Pietro, ci si dovrebbe chiedere: a cosa serve varcare la Porta Santa se poi ci chiudiamo al vero incontro?

La risposta, piuttosto che cercarla su ChatGPT, dovrebbe venire da noi. Da quei cuori vivi, così vivi e veri da essere anche imperfetti e autentici.

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