Gli esordi sono il biglietto da visita di alcuni dei più grandi registi cinematografici. Un artista non sempre arriva al massimo immediatamente ma rimane interessante scoprire quanto alcuni temi siano presenti già nei primi lavori. In Italia il cinema ha avuto periodi importanti, abbandonati e spesso ripresentati. Dal neorealismo al poliziottesco il Belpaese è riuscito a intrattenere tutte le platee del mondo con una grande innovazione e la profonda attenzione ai dettagli. Quattro esordi e un ritorno tra il 1950 e il 1964 sono esplicativi della creatività italiana. Alla fine del neorealismo Antonioni esordisce con un ritratto vivo del cambiamento sociale, nel 1964 Giuseppe De Santis torna a usare la verità per raccontare una pagina di storia. Un elenco che comprende lavori inaspettati e diversi, tutti uniti dalla predilezione per un cinema onesto intellettualmente.
Italiani brava gente Giuseppe De Santis 1964
Nel 1943 sul fronte orientale alcuni soldati italiani combattono una guerra a sostegno dell’esercito tedesco. Le vicende che li accompagnano diventano pretesti per raccontare il conflitto partendo dal lato più necessario in una guerra, quello umano. Italiani Brava Gente è un film coinvolgente che riesce a far parlare uomini normali e le loro contraddizioni mostrando l’accaduto dall’occhio di chi è stato costretto a esserci. Giuseppe De Santis rispolvera lo stile neorealista (esterni, primi piani e uso dei dialetti) per raccontare un episodio della campagna di Russia. Il ritmo non manca e la sceneggiatura è tanto imprecisa quanto lo sarebbero le parole d’individui sotto pressione.
Chi lavora è perduto Tinto Brass 1963
Bonifacio è un giovane diplomato nell’Italia del boom economico. L’uomo non riesce a trovare una ragione per adeguarsi alla sua educazione che lo vorrebbe in cerca d’impiego e omologato a una società che poco comprende. D’indole sognatrice e anarchica passeggia per Venezia andando con la mente al passato mentre cerca di capire che cosa fare di se stesso. Esordio alla regia per Tinto Brass il film è un atto di riflessione sul passato e sulla natura delle cose. Al protagonista compaiono gli amici di un tempo e le scelte che l’hanno portato a quel preciso pomeriggio di dubbio. Un film per chi vive di passato e non ha un buon rapporto con il presente.
La lunga notte del 43 Florestano Vancini 1960
In una Ferrara cupa e nebbiosa s’intrecciano le vicende personali di un ex fascista infermo e della moglie insoddisfatta. L’arrivo del primo amore di lei complicherà le cose, sullo sfondo si consumano gli ultimi crimini di un’ideologia al capolinea. Un esordio importante, quello di Vancini, che racconta la smobilitazione delle camice nere in una Romagna dilaniata . Il film ha nella fotografia di Carlo Di Palma il suo punto di forza, cui si uniscono le interpretazioni di Gino Cervi ed Enrico Maria Salerno. Tratto da un libro di Giorgio Bassani La lunga notte è per gli amanti del melodramma storico, crudo e sincero.
L’assassino Elio Petri 1961
Un antiquario è arrestato senza alcun motivo apparente. Giunto al comando di polizia comincia a ricordare le sue ultime ventiquattr’ore. L’interrogatorio serrato fa crescere i sensi di colpa per la morte della sua amante di cui si scopre accusato. Il film è un giallo introspettivo perfettamente condotto. Con lo scorrere del tempo il protagonista (Marcello Mastroianni) scava nella sua mente alla ricerca della verità per scoprirsi meno pulito di quello che credeva. Un esordio molto interessante quello di Petri, grazie ad una sceneggiatura solida e a un taglio tra il poliziesco e il giallo. Da segnalare l’interpretazione di Salvo Randone che diventerà un attore di riferimento per il regista.
Cronaca di un amore Michelangelo Antonioni 1950
Donna sposata a un ricco industriale ritrova il grande amore della sua vita. Le aspettative di un tempo ritornano e i due decidono di liberarsi del marito di lei. Dopo una serie di preparativi il coniuge muore per i fatti propri e l’amante ci ripensa. Esordio del maestro Michelangelo Antonioni che rappresenta una nuova rinascita per il cinema italiano. Al termine del neorealismo il regista ferrarese decide di dare la parola ai sentimenti e alle difficoltà comunicative di una generazione uscita ormai dalla guerra. Un film che vive di piano sequenze e silenzi intervallati da una sceneggiatura in grado di soddisfare chi vive nel dubbio.