In un futuro post apocalittico un uomo arriva a una stazione nel deserto per raggiungere un campo di lavoro. Ad aspettarlo c’è l’ autista tutto fare che ha il compito di portarlo a destinazione. Durante il viaggio attraverso il deserto, i due parlano di solitudine e delle conseguenze di alcuni sconvolgimenti geopolitici. Le risorse del pianeta scarseggiano e i movimenti migratori sono diventati un problema quasi irrisolvibile. Vicino a un accampamento di fortuna uno dei due individui trova una pepita d’oro di dimensioni gigantesche che i due decidono di prendere. Dopo aver provato più volte a estrarla dal terreno senza successo la coppia sceglie di dividersi. Mentre l’autista, essendo a conoscenza del territorio, torna in città in cerca di un elevatore lo straniero rimane a guardia del tesoro. Una volta solo l’uomo dovrà scontrarsi con le insidie del luogo in attesa di un ritorno che tarda ad arrivare.
Gold è un thriller psicologico che riflette sulle conseguenze dell’individualismo in una situazione estrema. Di narrazione classica il film si presenta come la vicenda di un disincanto che i due protagonisti vivono fino a che un elemento esterno, l’oro, non si presenta sulla strada. Dotato di una buona regia e di un’ottima fotografia Gold rappresenta i pericoli di abbracciare l’individualismo come ragione assoluta. Dialoghi ridotti al minimo, anche troppo, che diventano silenzio nella seconda parte facendo parlare i sentimenti che lo straniero prova durante la perenne attesa.
La storia è di difficile rappresentazione ma il regista riesce a tenere in piedi lo spettacolo attraverso espedienti che garantiscono una riuscita decente. Zac Efron, nel ruolo de protagonista, è bravo nel far passare la lenta discesa verso la follia che potrebbe essere evitata senza un’avidità palese in grado di superare anche la voglia di restare in vita. Pur non essendo di lunga durata il film, latita su una sceneggiatura troppo povera che rischia di ridurre l’attenzione dello spettatore, ma la decenza è comunque garantita.