Guerra Russia/Ucraina, ormai si combatte su tutto, anche sul borscht

Articolo di C. Alessandro Mauceri

Anche l’UNESCO cede alle pressioni mediatiche (e governative) e prende una posizione ben definita nel conflitto Russia/Ucraina.

Il Comitato dei valutatori ha, infatti, inserito un piatto tipico ucraino a base di barbabietole e panna acida, il borscht, nel patrimonio immateriale dell’UNESCO, scavalcando la lunga lista d’attesa. Blanda la motivazione: “Data la situazione contingente del conflitto, non si poteva attendere” ha dichiarato il Comitato straordinario.  Cultura della cucina borscht ucraina – patrimonio immateriale – Settore Cultura – UNESCO

Il borscht è una pietanza a base di brodo combinato con barbabietola, barbabietola da zucchero o succo di barbabietola fermentato. Solitamente viene cotto in una grande padella e servito con pane o panini all’aglio. Ne esistono molte versioni, non tutte sono legate all’Ucraina ma a un territorio molto più ampio. In alcune zone, è usato anche nelle pratiche rituali: nella regione della Podillia, il terzo giorno del matrimonio lo si prepara con il nome rituale “do nevistky – na borshch”, che significa “visitare la nuora per mangiare borscht”.

La polemica sull’origine reale di questo piatto va avanti da anni: nel 2019, lo chef ucraino Ievgen Klopotenko, irritato dal fatto che molti ristoranti in tutto il mondo parlavano del borscht come di una zuppa russa, lanciò una campagna per far sì che l’UNESCO riconoscesse i legami dell’Ucraina con il piatto. “Non mi piace molto chiamarla una guerra per il borscht, ma in realtà è quello che è”, dichiarò Klopotenko nel 2020. Klopotenko e altri iniziarono a raccogliere centinaia di pagine di prove per far valere la loro tesi. Una posizione alla quale la Russia rispose affermando che il “borscht è un alimento nazionale di molti paesi, tra cui Russia, Bielorussia, Ucraina, Polonia, Romania, Moldavia e Lituania”, come aveva  scritto su Twitter l’ambasciata russa negli Stati Uniti.

Finora le procedure di valutazione avevano seguito il normale iter. Ora, improvvisamente, il Comitato dell’UNESCO ha cambiato idea: la “vitalità dell’elemento, tuttavia, è minacciata da vari fattori dall’inizio del conflitto armato nel febbraio 2022, tra cui lo spostamento dei portatori dalle loro comunità di origine e dai contesti culturali necessari per la cottura e il consumo di borscht in Ucraina”. Inoltre, “la distruzione dell’ambiente circostante e dell’agricoltura tradizionale potrebbe impedire alle comunità di accedere ai prodotti locali, come le verdure, necessari per preparare il piatto”. Con queste motivazioni il Comitato ha deciso di anticipare i tempi e decidere di inserire il borscht nella lista dei beni patrimonio immateriale dell’umanità.

La cosa strana è che lo stesso Comitato non aveva dichiarato la stessa urgenza per altri paesi. Anche la Siria anni fa presentò un’istanza. E anche in questo paese la guerra sta distruggendo tutto (e da decenni). In questo caso, però, la candidatura dell’Al-Qudoud al-Halabiya, una forma di musica tradizionale di Aleppo con una melodia fissa (insieme con decine di altri eventi) dovette attendere a lungo prima di essere accolta e solo al termine del  normale excursus, lo scorso anno, nel 2021, la melodia è stata inserita nel patrimonio immateriale dell’UNESCO .

Ora invece il Comitato ha ritenuto necessario scavalcare tutte le altre candidature e inserire il borscht ucraino “nella lista dell’UNESCO del patrimonio culturale immateriale” visto che “necessita di urgente salvaguardia”, come si legge l’UNESCO in una dichiarazione dei giorni scorsi. Una necessità che sa più di scelta politica che di reale pericolo di perdere questa tradizione. In molti altri paesi, i piatti tipici possono assumere forme diverse a scenda delle varie regioni e tradizioni (si pensi ad un altro bene immateriale patrimonio immateriale dell’UNESCO: la Dieta Mediterranea che ha coinvolto non una sola regione o un solo paese, ma diversi paesi di diversi continenti). In Ucraina, si è deciso di comportarsi diversamente. Il Comitato è stato attento a descrivere il borscht ucraino come una versione “nazionale” di un piatto consumato in diversi paesi della regione. Una decisione questa che non poteva non ricevere pesanti critiche. Anche (come era facile prevedere) dal governo di Mosca: la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova ha accusato Kiev di cercare di appropriarsi della zuppa dandole una nazionalità. “Questa è xenofobia”, ha detto. In seguito ha aggiunto su Telegram: “Per dare al mondo un esempio culinario del ‘moderno nazionalismo di Kiev’, citerò un fatto: hummus e pilaf sono riconosciuti come piatti nazionali di diverse nazioni … Ma, a quanto ho capito, tutto è soggetto all’ucrainizzazione”.

Ucraina e Russia sono in guerra. E molti paesi stanno scegliendo in modo netto da che parte stare (pur continuando a parlare di pace). Ormai è chiaro chi sta da una parte e chi dall’altra di una guerra che non conosce confini. Non solo geografici ma anche culturali: non esiste settore, dallo sport allo spettacolo dalla letteratura all’arte, che non abbia finito per essere utilizzato come strumento per colpire questo o quel paese. E allora anche un piatto di borscht può essere una opportunità per far capire al mondo da che parte si sta. Peccato che questa volta a farlo sia stato un ente che per definizione dovrebbe essere imparziale….

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