Il 24 Febbraio 2022 è la data che segna la ripresa delle ostilità tra Russia e Ucraina, ennesimo capitolo di una crisi diplomatica e militare iniziata nel 2014 a seguito della svolta europeista del governo ucraino. Tra le motivazione che hanno spinto il presidente russo Vladimir Putin ad avviare questo conflitto vi è anche quella che la Russia ritiene che l’Ucraina faccia parte della propria sfera di influenza, considerando il fatto che gran parte degli Ucraini sia madrelingua russa, nati quando quest’ultima era sotto la dipendenza dell’Unione Sovietica, prima di giungere all’indipendenza nel 1991.
Vladimir Putin, ad inizio conflitto, ha parlato di un’operazione militare speciale con l’obiettivo di smilitarizzare l’Ucraina e proteggere il Donbass. Quello russo-ucraino è un conflitto disputato anche da un punto di vista mediatico. Infatti in un’epoca estremamente digitalizzata, ed estremamente tecnologica, i media ricoprono un ruolo centrale. In ogni conflitto, le parti coinvolte cercano di manipolare l’opinione pubblica, portandola dalla loro parte ed è quello che ha fatto anche la Russia. In questa guerra vi sono due fasi in cui è evidente un cambio di strategia da parte delle emittenti russe. Tanto è vero che prima del discorso del presidente russo Putin al paese, l’attenzione che le televisioni russe rivolgono alla questione ucraina è quasi pari a zero, successivamente, quando i media del resto del mondo iniziano a condannare i bombardamenti della Russia in Ucraina, i media russi parlano di un’operazione militare per fermare gli attacchi ucraini nei confronti della popolazione russa. Alcune emittenti di stato russe parlano anche di un tentativo di smilitarizzazione dell’Ucraina per difendere le repubbliche popolari del Donbass. L’obiettivo del Cremlino è uno e soltanto e cioè quello di mettere a tacere chiunque vada contro quest’ultimo.
Putin decide di attuare in tal senso delle misure volte a controllare l’informazione e indirizzarla a proprio favore: manipola le fonti ufficiali vietando di usare la parola “guerra”, invasione” e “vittime civili”, crea una blacklist dove inserisce tutte quelle testate a lui scomode e quelle indipendenti vengono messe a tacere. Come in ogni conflitto che si rispetti, un ruolo importante è ricoperto dalla propaganda e Putin si è mosso anche sotto questo punto di vista. Ha infatti diffuso nelle scuole un video propagandistico dove spiega ai bambini cosa sta succedendo. Il presidente russo ha inoltre varato una legge che prevede l’incarcerazione fino a 15 anni per chiunque parli di guerra o invasione. Questa azione porta ad un ritiro di molti corrispondenti esteri dal fronte da parte di molte emittenti televisive anche italiane. Sicuramente questo rappresenta un vantaggio per Putin, perché la copertura mediatica del conflitto risulterà essere più povera. Il disprezzo delle autorità russe verso la libertà di stampa è ben espresso dall’esclusione della giornalista Elena Chernenko dal pool di giornalisti che seguono le conferenze del governo, solo per aver scritto una lettera di disapprovazione nei confronti della guerra in atto. Tuttavia la digitalizzazione della società moderna permette di filmare le atrocità della guerra anche dai mezzi digitali personali e al tempo stesso permette di far conoscere al mondo intero quanto sta avvenendo, nonostante i tentativi di censura russi.
Quello in Ucraina non è il primo caso in cui una guerra manipola i media, sotto questo punto di vista possiamo trovare delle analogie con la guerra dei Balcani (31 Marzo 1991-12 Novembre 2001). Anche in questo caso si verifica un processo che porta ad un controllo totale dei mass media da parte dei leaders politici e si articola in quattro fasi. La prima di queste viene chiamata “guerra contro i mass media”, fase in cui i leaders di Belgrado e Zagabria ostacolano la libertà di informazione che si stava diffondendo in Jugoslavia dopo la morte di Tito, la fase successiva è la “guerra per il controllo dei media”, in cui gli organi di governo sfruttano gli organi di stampa per fomentare odio, la terza fase è quella definita “sindrome dei Balcani”, fino a giungere alla quarta ed ultima fase, “guerra dei media” fase in cui la professionalità dei giornalisti viene meno. Come per la guerra del Kosovo, anche quella in Ucraina risulta essere una “guerra delle emozioni”, la sofferenza dei civili rimane l’unica certezza.