Un gruppo di conoscenti si ritrova a passare del tempo insieme in una vecchia casa . Il luogo è una parte della Sardegna ma potrebbe essere ovunque e il pretesto è un viaggio nella memoria aspettando l’inevitabile finale. I giganti, ultimo film di Bonifacio Angius è una riflessione sullo scorrere del tempo e sulle frustrazioni che invecchiare porta in dote. Tra le immancabili esagerazioni scopriamo anime distrutte dall’esistenza che cercano, senza trovarlo, un motivo per continuare a respirare.
Essere adulti si paga a prezzo di inflazione e l’unico modo per trovare sollievo, alcool e droghe a parte, è confrontarsi. Perplessità e dubbi scorrono sullo schermo per ricordare quanto la distanza tra il cinema e la realtà può essere realmente labile. Una vicenda che ricorda Cechov e Ferreri ma anche l’ultima serata passata in compagnia di un amico, perché i giganti lo sono.
Un cinema di parole, quello di Angius, che non risparmia nulla al pubblico mettendo in scena l’onestà intellettuale e il coraggio di sentirsi vinti respirando ancora. Non è facile trovare una via d’uscita se si conosce perfettamente il gusto di un tradimento. Tra mobili assemblati a caso e mura vissute le storie del gruppo passano tra l’osannato passato e delle giustificazioni posticce per l’odiato presente.
Le convinzioni non si sradicano più dopo qualche anno di vita e il futuro dei protagonisti sembra essere un elemento impensabile. Una narrazione che non risparmia ironia e dolcezza perché, scelte sbagliate a parte, questi uomini sanno ancora ridere.
Quello dei Giganti è un mondo da cui attingere esperienza, stando attenti a non farsi fagocitare nella desolazione di un nichilismo corretto e pericoloso. La regia di Angius, qui anche attore, è garbata e accompagna senza interferire una recitazione che pare tratta dalla vita. Sullo schermo potrebbe esserci chiunque abbia voglia di riflettere sul proprio mondo che è stato, è e potrebbe ancora essere.